L'America crea democrazia e questo fa bene al Medio Oriente
L'Europa invece sta a guardare
Testata: Corriere della Sera
Data: 15/12/2003
Pagina: 1
Autore: E. Galli Della Loggia - M. Allam
Titolo: La lezione americana all'Europa - Miliziani senza burattinaio
Sul Corriere di oggi, nell'ampia pagina dedicata alla cattura del dittatore iracheno, due interessanti articoli. Nel primo Ernesto Galli della Loggia sottolinea la grande vis politica americana, capace di riuscire gradatamente in un progetto di portata mondiale, là dove l'Europa non presenta attualmente alcuna alternativa politica.

"La lezione americana all'europa" di Ernesto Galli della Loggia, pg. 1

La cattura di Saddam Hussein da parte degli Stati Uniti — anche se la guerra terroristica contro di essi, ne sono sicuro, continuerà — segna con ogni probabilità una data memorabile nella vicenda mondiale, una data dalle conseguenze potenzialmente immense. Per la prima volta dopo il 1945 — e di nuovo grazie al ruolo e alle capacità americane — è possibile che si ripeta quanto accadde in quel tempo, allorché il nazismo tedesco e il militarismo nipponico furono portati alla sbarra di un tribunale e, per suo tramite, sottoposti al giudizio dell’opinione pubblica del mondo.
Oggi, per la prima volta dopo il 1945, l’intero gruppo dirigente — non già un singolo sia pure importante esponente, come nel caso del serbo Milosevic — l’intero gruppo dirigente, dicevo, di un regime dittatoriale responsabile dello scempio e della morte di centinaia di migliaia di esseri umani può essere chiamato a rendere conto dei propri misfatti nelle forme, come è assolutamente necessario, di un regolare processo.
Non solo, ma ciò avviene — ed è questo ciò che conferisce all’evento un rilievo enorme — nel cuore del mondo islamico. Uomini e donne di quel mondo, immersi da sempre in un’atmosfera sociale di capillare autoritarismo, avvezzi alla insindacabilità e agli arcana del potere, sempre costretti a piegare prima o poi la testa ai suoi voleri, vedranno per la prima volta un tale potere smascherato e giudicato: vedranno passare davanti ai propri occhi il repertorio dei suoi crimini e lo spettacolo degli ex governanti ormai ridotti all’impotenza.
Per la prima volta, e per giunta su un piano simbolico violentissimo, l’Islam sarà chiamato a guardare in faccia alcune delle sue storiche contraddizioni e la sua semisecolare miseria politica. Chi può dire quale effetto tutto ciò sortirà su quel mondo, sulla sua opinione pubblica e, non da ultimo, sui regimi dispotici che ancora per intero lo governano? Di ogni effetto positivo il merito andrà comunque agli Stati Uniti, alla loro tenacia, alla loro determinazione. La cattura di Saddam non significa, lo ribadisco, la fine delle operazioni in Iraq, ma costituisce di certo un grande passo avanti perché ciò possa accadere entro un tempo ragionevole. La cattura di Saddam vivo vale inoltre a smentire nella maniera più convincente una delle tante favole dietrologiche con le quali ama sempre gingillarsi quella parte dell’opinione pubblica europea che si ritiene particolarmente smagata e informata delle cose del mondo: la favola di chissà quali segreti e accordi tra gli Usa e Saddam per garantire comunque l’impunità di quest’ultimo, sulla scia di altre vociferate collusioni all’insegna del binomio armi- petrolio risalenti indietro negli anni. Anche con queste favole l’Europa rivela la sua inconsistenza, resa quantomai evidente dalla singolare coincidenza nella giornata di ieri di quel che è accaduto in Iraq con il fallimento del vertice dell’Unione. Perché tra le lezioni della cattura di Saddam c’è pure questa: di fronte alla chiarezza di obiettivi degli Stati Uniti ( obiettivi discutibili, certo, ma reali e plausibili), di fronte alla loro capacità di perseguirli muovendosi sulla scena del mondo, di fronte al loro impegno, che in fin dei conti è anche morale, di rispondere al terrorismo colpo su colpo, di fronte a tutto ciò cosa ha saputo pensare, cosa ha saputo proporre, cosa ha saputo fare l’Europa? Nulla, nulla di serio e di vero. L’asse franco- tedesco, che si arroga la rappresentanza del Continente, senza neppure essere in grado, peraltro, di esercitarvi una reale egemonia, è stato capace solo di alzare la bandiera della dissociazione dagli Usa e del finto eticismo irenico a copertura del proprio sostanziale vuoto morale e politico. Seguìto, almeno così dicono i sondaggi, dalla maggioranza degli europei, i quali forse amano tanto la pace solo perché convinti in cuor loro di non sapere e di non poter fare ormai niente altro.
Magdi Allam ci spiega come la cattura del "grande burattinaio", se non altro morale, della guerriglia irachena possa portare ad una più rapida sconfitta di quest'ultima.

"Miliziani senza burattinaio. Ma possono colpire ancora" di Magdi Allam. pag.11

L’artefice del Regno del terrore e il burattinaio del terrorismo mediorientale è stato messo fuori gioco.
Forse dal tradimento di una moglie, probabilmente dal capolavoro dell’intelligence americana, certamente dalla condanna del popolo iracheno. L’arresto di Saddam Hussein rappresenta un colpo letale al terrorismo interno e internazionale che hanno trasformato l’Iraq in una sorta di « fronte di prima linea » nella Guerra santa globale all’America e all’Occidente. Nel breve termine i colpi di coda in Iraq sono scontati. La recrudescenza degli attentati altrove nel mondo sono prevedibili. Ma è verosimile che nel medio e lungo termine la situazione migliorerà. L’uscita di scena di Saddam rappresenta una indubbia sconfitta del terrorismo.
Sin dalla metà dello scorso febbraio Osama Bin Laden, il miliardario saudita che ha privatizzato e globalizzato il terrorismo di matrice islamica, aveva illustrato in un discorso le ragioni di opportunità che lo avevano indotto a stringere una alleanza tutt’altra che sacra con il « miscredente » Saddam per fronteggiare insieme la « nuova crociata contro l’islam » . Mancava ancora un mese all’inizio della guerra. Ma già allora centinaia di mujahiddin,
combattenti islamici, affluivano in Iraq coinvogliati da Bin Laden con in tasca il solo biglietto di andata. Fanatici che aspirano al « martirio » . Sono loro, unitamente ai militanti baasisti intransigenti e irrecuperabili, che formano l’esercito dei burattini del terrore che massacrano poliziotti iracheni, soldati americani, carabinieri italiani, funzionari della Croce Rossa e dell’Onu. Trasformando l’Iraq nell’epicentro del terremoto del terrore che miete vittime ai quattro angoli della terra. E che ha fatto emergere il terrorismo come la massima priorità della politica internazionale.
Non è affatto un caso che Saddam, al momento dell’arresto, sia stato trovato in possesso di 750 mila dollari. In un Paese dove il 60 per cento della popolazione vive al di sotto della soglia di povertà, ovvero con meno di due dollari al giorno, quei soldi sono in grado di alimentare una efficiente macchina del terrore. Saddam aveva stabilito un premio di 500 dollari per ogni americano ucciso. Non importa come. Anche a costo della propria vita. Durante la guerra il tariffario era molto più alto. Il suo tesoro, stimato in due miliardi di dollari e rubato dalle casse della Banca centrale, andava via via riducendosi. Ma 500 dollari restano comunque una fortuna che fa gola a molti. Compresa la gente povera e disperata che ritiene di non aver più nulla da perdere. Saddam ha una tradizione di burattinaio del terrore. Da quando, dopo l’ 11 settembre, Bush l’ha chiaramente indicato come il capofila dell’Asse del Male, Saddam si era prodigato nell’alimentare il terrorismo suicida palestinese offrendo un premio di 25 mila dollari alle famiglie dei « martiri » , i kamikaze che si fanno esplodere tra i civili israeliani. L’obiettivo era doppiamente malvagio. Massacrare il maggior numero possibile di ebrei per costringere la comunità internazionale a concentrarsi sulla crisi mediorientale, e rinviare il più a lungo possibile il progetto di Bush di scalzare dal potere il regime tirannico baasista.
La mentalità del boss del terrore Saddam l’ha esibita anche all’atto della cattura. Lui che si identificava con gli interessi supremi della Nazione irachena, che aveva promesso di combattere e cadere da martire pur di non arrendersi al nemico, si è consegnato vivo senza opporre alcuna resistenza. Non ha usato i due kalashnikov trovati in suo possesso né per difendersi né per suicidarsi. Ha mostrato una calma sorprendente e ha difeso il suo regime. Saddam è il tipo di uomo che un detto arabo qualifica come « quello che ha paura ma non si vergogna » . Ha paura del più forte ma non si vergogna di infierire contro il più debole. E’ sempre stata la sua prassi esistenziale. Sfociata nel genocidio di un milione di iracheni ma allo stesso tempo in una sconcertante abilità a sopravvivere politicamente anche grazie al sostegno dell’Occidente.
Con Saddam il terrore all’interno dell’Iraq e il terrorismo all’esterno sono state due facce della stessa medaglia. Promossi dai
Mukhabarat, i servizi segreti, il vero pilastro del regime. Se i soldi sono la linfa vitale del terrore, le informazioni dell’intelligence irachena hanno garantito il successo dei più sanguinosi attentati terroristici. Ecco perché il venir meno dell’uomo che gestiva i soldi e ciò che resta dei
Mukhabarat, finirà prima o dopo per eliminare le condizioni che hanno finora reso possibile l’offensiva terroristica.
Ciò non significa che il terrorismo si arresterà subito. Soprattutto quello perpetrato dagli aspiranti « martiri » che nutrono il più totale disprezzo per la vita propria e degli altri. Questo terrorismo è indubbiamente il più difficile da combattere. Perché ci si trova di fronte a esseri che hanno estirpato dal proprio Dna l’istinto primordiale alla sopravvivenza, che agiscono secondo criteri disumani. Questi
mujahiddin mantengono intatta la loro capacità di nuocere, anche se è venuta meno la struttura di supporto di Saddam. Ma anche questo terrorismo può essere isolato e contenuto. Prosciugando il terreno di coltura che genera i fanatici kamikaze. Eliminando in modo selettivo i burattinai del terrore.
Favorendo l’affermazione del più vasto fronte popolare ostile al terrorismo. Ebbene proprio ciò si sta verificando in Iraq. Ecco perché l’arresto di Saddam è una svolta storica che fa ben sperare per l’Iraq, per la lotta al terrorismo e per il futuro del Medio Oriente.
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