Informazione Corretta di solito non si occupa di Ebraismo; tuttavia ultimamente l'antisemitismo nascosto dalla definizione politica di antisionismo si sta diffondendo in Europa soprattutto a sinistra e tra i no global. Ci interessa dunque affrontare questo tema, tenendo conto che l'Ebraismo e Israele sono due argomenti distinti ma che si intrecciano e si influiscono a vicenda.
Cominciamo con il primo articolo, pubblicato su Sette del Corriere della Sera, a firma di Ernesto Galli Della Loggia, dal titolo "Antisemitismo no global", cui segue la risposta di Amos Luzzatto, presidente dell'Unione delle comunità ebraiche italiane, pubblicata sul Foglio:Che cosa sarebbe accaduto se, poniamo, parlando del più e del meno il governatore del Lazio Storace o anche il ben più mite ministro Bottiglione (non voglio neppure immaginare se ad aprire bocca fosse stato un qualsiasi parlamentare leghista) avessero usato l’espressione «razza ebraica»? ancora: a quali reazioni avremmo assistito se, per fare un caso, il ministro degli Interni Pisanu avesse deciso di tenere nascosto e di rendere inaccessibile al pubblico un rapporto del Sisde sull’antisemitismo in Italia, nel quale rapporto si fosse messo in luce, per esempio, il diffondersi di una forte ostilità contro gli ebrei negli ambienti della destra? Non spreco parole e lo lascio immaginare ai lettori.
Certo sarebbe successo qualcosa di assai diverso –sono sicuro- da quanto è successo nei giorni scorsi: quando, di fronte a una Sabina Guzzanti straparlante per l’appunto di «razza ebraica» in televisione, e di fronte alla notizia che era stato fatto scomparire un rapporto dell’Osservatorio europeo dei fenomeni di razzismo e xenofobia (Eumc) nel quale si denunciava come non solo dietro ai sempre più frequenti episodi di intolleranza contro gli ebrei in Europa ci siano quasi sempre «gruppi musulmani e filopalestinesi», ma si sottolineavano altresì anche le «motivazioni antisemite» dei no-global e di alcuni gruppi di sinistra, di fronte a tutto ciò, dicevo, si sono udite solo flebili voci di protesta. Intendiamoci, i giornali che esplicitamente si richiamano al centro-destra o sono schierati altrettanto programmaticamente contro la sinistra – come il Giornale o Libero – loro, come ovvio, non hanno lesinato spazio agli argomenti di cui sopra. Quella che invece è mancata pressoché completamente, è stata la voce dei grandi organi della stampa d’informazione, fatta eccezione per la rubrica delle lettere del Corriere, tenuta da Paolo Mieli, e di quel piccolo, intelligente quotidiano «trasversale» che è il Foglio di Giuliano Ferrara. Un po’ poco, mi sembra, e solo in piccola parte riscattato dall’attenzione giustamente prestata, invece, alle ingiurie antisemite rivolte qualche giorno fa al direttore del Tg1 Clemente Mimun.
Ma curiosamente quella che è mancata – perlomeno non si è certo fatta sentire nella misura con cui di solito si fa sentire in queste occasioni – è stata soprattutto, se non sbaglio, la voce delle comunità ebraiche, degli esponenti e degli intellettuali dell’ebraismo italiano. E sì che le buone ragioni davvero nmon mancavano: vuoi per la stupefacente espressione della Guzzanti, vuoi per la storia del rapporto sull’antisemitismo europeo. Specialmente in questo caso c’erano dei precedenti importanti ad accrescere e sottolineare, se ce ne fosse stato bisogno, il rilievo politico della faccenda. Mi riferisco ai risultati del sondaggio dell’Eurobarometro di qualche settimana fa che indicavano come a giudizio degli europei Israele rappresentasse la maggiore minaccia per la pace a livello mondiale, nonché alla questione degli ininterrotti, cospicui, finanziamenti dell’Unione europea all’autorità palestinese; finanziamenti che nessuno sa che fine abbiano fin qui fatto: se impiegati per legittimi scopi di lotta politica (foss’anche contro Israele), ovvero –come molti sospettano- per finanziare formazioni terroristiche impiegate a far saltare in aria scuole e autobus pieni di ebrei per le strade di Gerusalemme o di Tel Aviv.
Quello che sta venendo sempre più alla luce, insomma, è una dimensione ambigua dell’Europa come costruzione politica. Animate dalla volontà di diversificarsi e talora contrapporsi agli Stati Uniti, e avendo fatto proprio un certo filoterzomondismo di maniera, spinto a vedere in ogni popolo non occidentale un debole, un perseguitato da sostenere, le forze di centrosinistra, storicamente maggioritarie nella Ue e da sempre egemoni nelle sue burocrazie, mostrano un crescente imbarazzo, una crescente difficoltà a orientarsi nelle ingarbugliate vicende che hanno a che fare con l’ebraismo e con Israele: due argomenti distinti ma inevitabilmente destinati a intrecciarsi e influenzarsi a vicenda. Naturalmente nessuno pensa che quelle forze siano tentate dalla minima indulgenza verso l’antisemitismo, ma il fatto è che esse non solo non sembrano rendersi sempre ben conto della natura delicatissima dei materiali che maneggiano (vedi per l’appunto la questione dell’Eurobarometro), ma, soprattutto, appaiono troppo pronte a chiudere gli occhi di fronte alla realtà per ragioni di opportunità politica. Per esempio troppo pronte a non vedere che da tempo in Europa un forte pregiudizio antiebraico si sta diffondendo specialmente a sinistra, non da ultimo nel movimentiamo radicale impegnato nella contestazione degli Stati Uniti e della globalizzazione economica.
In questa disattenzione il centrosinistra europeo è assecondato, come dicevo sopra, dalla singolare mancanza di reattività che sembrano dimostrare le comunità ebraiche su questo tema (come del resto su un caso come quello della Guzzanti), a cogliere cioè con prontezza i segnali di allarme quando questi provengono da settori diversi da quelli tradizionali della destra più o meno nazifascista. Si tratta dell’analoga mancanza di reattività manifestata dalla grande stampa, ed entrambe rischiano di produrre gravissime conseguenze. Constatando la diversità di attenzione, qualcuno infatti potrebbe essere indotto a pensare che la lotta contro il pregiudizio antiebraico sia in qualche modo condizionata (e condizionabile) da opzioni politiche, da scelte di schieramento, risponde insomma a criteri diversi dal suo specifico oggetto. È inutile sottolineare quale enorme danno ne deriverebbe a quella lotta: di fronte alla quale, viceversa, non può esserci divisione di sorta fra destra e sinistra, tra conservatori e progressisti, tra ebrei e non ebrei.
"Ebrei timidi se l'antisemitismo è di sinistra? Qui si dice di no", in risposta al pezzo di Galli della Loggia, dal Foglio di oggi, giovedì 4 dicembre 2003:
Roma. "Una singolare mancanza di reattività". Secondo Ernesto Galli della Loggia, che lo scrive su Sette oggi in edicola, l’avrebbe dimostrata la comunità ebraica italiana nella vicenda della (ora sventata) sparizione del rapporto europeo sull’antisemitismo, prima commissionato e poi nascosto dall’Osservatorio dei fenomeni di razzismo e xenofobia, che fa capo all’Unione europea. Quello studio, pronto da quasi un anno, indica nella sinistra no global e in gruppi musulmani e filopalestinesi i nuovi vivai dell’antisemitismo
nel Vecchio continente. Galli della Loggia ribadisce anche al Foglio il suo stupore per le reazioni, a suo giudizio tardive, della comunità ebraica italiana: "Il vero scandalo, la cosa politicamente gravissima era la segretezza del rapporto. La comunità ebraica doveva chiederne a gran voce la pubblicazione, senza aspettare che fossero i giornali a sollevare la questione. E’ vero che l’antisemitismo è un problema di tutti, ma le comunità ebraiche hanno un rapporto personale un po’ diverso con questo argomento, e in occasione di attacchi provenienti da destra hanno dimostrato ben altra determinazione. Senza contare che la vicenda del rapporto fatto sparire perché imbarazzava la sinistra si aggiunge ad altri segnali preoccupanti in arrivo dall’Europa, come il sondaggio di Eurobarometro che accusava Israele di essere il maggior nemico per la pace nel mondo".
Amos Luzzatto, presidente dell’Unione delle comunità ebraiche italiane, dice al Foglio che non accetta "questa infinita chiamata alle armi. Anche perché a protestare con grande energia nelle sedi opportune, e cioè a livello europeo, è stato Cobi Benatoff, presidente dell’European Jewish Congress. E’ un italiano, ex presidente della comunità milanese e ora consigliere delle comunità italiane, e rappresenta anche noi". Lo stesso Luzzatto ha rilasciato un’intervista a Repubblica, domenica scorsa, in cui usava toni molto duri e preoccupati. Ma le sue dichiarazioni sembrano cadute stranamente nel vuoto. Eppure Luzzatto diceva a chiare lettere che c’è una sinistra che "pecca di faziosità" e trovava "molto grave e molto triste" che protagonisti del nuovo antisemitismo fossero spesso coloro "i cui padri e i cui nonni erano sullo stesso versante degli ebrei rinchiusi nei campi di sterminio". Possibile, notava ieri sul Foglio Yasha Reibman, consigliere della comunità ebraica milanese, che nessuno, a sinistra, si sia sentito chiamato in causa da parole così pesanti? Lo scrittore Riccardo Calimani, vicepresidente della comunità veneziana, interpreta questo silenzio come una prova, più che d’indifferenza, "d’ipocrisia. Si può criticare e discutere del viaggio di Fini, e immaginare che lo abbia fatto per motivi strumentali. Ma la sua è stata, innegabilmente, una dimostrazione di coraggio. Ha dimostrato di voler rompere gli schemi. Gran parte della classe politica, invece, di rompere gli schemi non ha nessuna voglia. Anche a sinistra, spesso non si sa cosa dire perché non si capisce cosa è in gioco, e si preferisce vezzeggiare i no global (eticamente simpatici, traboccanti di buone intenzioni) piuttosto che affrontare la negatività che il loro mondo, come abbiamo visto, esprime sul piano dell’antisemitismo". Anche secondo Luzzatto "c’è in giro una modestissima capacità di analisi della situazione. Siamo immersi nei fatti di cronaca e non capiamo più le forze in campo, le tendenze macroscopiche. Quella sinistra altermondialista e radicale che sproloquia di Medio Oriente, spesso non sa nemmeno cosa sia costato, in termini di dolore e distruzione, il Libro bianco del 1939 del governo britannico in Palestina. Ed è solo un esempio. Si parla di conflitto israelo-palestinese senza conoscerne la storia, e capita che un illustre cattedratico possa candidamente dire che ‘il problema è cominciato nel 1967’. Non ci meravigliamo, allora, se prevale la faziosità e se la faziosità diventa antisemitismo". Contro il quale bisogna "trovare sedi in cui si facciano vere e proprie lezioni di storia e analisi critica degli eventi. La strada del confronto è sempre valida, anche se non sempre gratificante. Ecco perché condivido la proposta di Reibman, che vuole che la comunità milanese incontri il Leoncavallo e pure Sabina Guzzanti, autrice della battuta sulla ‘razza ebraica’. Bisogna parlare con tutti, anche con chi ha cercato d’insabbiare il rapporto europeo, e lo faremo. E credo anche – continua Luzzatto – che in Italia, dove non esistono leggi discriminatorie nei confronti degli ebrei e dove c’è solo un assai limitato ostracismo sociale, esista però un reticolato di cultura antisemitica diffusa, che investe in maniera identica destra, centro e sinistra. Non è mai stata domata, eliminata, sottoposta a esame critico, e si nutre dell’insegnamento di tanti cattivi maestri. Per contrastarli non credo che serva, e rispondo a Galli della Loggia, la grande litigata, la grande levata di scudi, muro contro muro. Altro è, certo, chi mi vuole morto in quanto ebreo, e da lui mi devo soltanto difendere". Luca Zevi, consigliere "di sinistra" della comunità ebraica romana, sostiene di non credere che "soprattutto dopo la Guerra dei sei giorni, nel 1967, ci sia una tolleranza particolare, da parte del mondo ebraico istituzionale, verso la sinistra che dall’antisionismo approda all’antisemitismo. Un antisemitismo di sinistra è sempre esistito. Prima forse era meno evidente, e ora è semplicemente
più palese". Nando Liuzzi, del Gruppo Martin Buber ebrei per la pace, aggiunge,
à la Jean-Paul Sartre, che "l’antisemitismo non è un problema degli ebrei ma degli antisemiti. E quando l’antisemitismo si manifesta a sinistra, noi persone di sinistra reagiamo come a qualsiasi caso di razzismo. L’ho fatto anch’io sull’Unità, e l’ha fatto Gad Lerner versus il libro di Asor Rosa". L’ha fatto
anche, un anno fa, un altro esponente del Martin Buber, Victor Magiar, che sempre sull’Unità ha denunciato i legami tra la campagna propalestinese "Action for peace" e un sito negazionista americano. Magiar dice al Foglio che "le conclusioni del rapporto europeo non devono stupire. C’è un antisemitismo di sinistra, non diffusissimo ma attivissimo, che incontra la destra radicale a
metà strada, insegnando argomenti terzomondisti e imparando (e diffondendo) tesi tipiche del moderno negazionismo e del più collaudato antisemitismo nazista".
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