Se per lo storico Max Gallo il problema dell'antisemitismo è legato all'indifferenza degli europei, ci chiediamo come possa poi affermare:
1)E'ingiusto considerare la Francia un paese antisemita
2)La Francia sta per varare una legge sulla laicità che proibisce l'ostentazione di simboli religiosi. Che risponde Gallo ? "L'ostilità verso gli ebrei ha anche questa spiegazione. Ma ne aggiunge un'altra: "fra i giovani magrabini e musulòmani la disoccupazione è del 25%. Questo crea ostilità verso altri gruppi". Cosa c'entrano, di grazia, gli ebrei ?
3) "Il conflitto mediorientale è una delle cause che favorisce l'antisemitismo, ne è un pretesto". Quindi anche Gallo pensa che gli ebrei francesi siano responsabili della politica dei governi israeliani.
Potremmo andare avanti, ma lasciamo ai nostri lettori il piacere di apprendere come la pensa Max Gallo.Lo intervista Massimo Nava.Di «segreto» nel rapporto dell'Osservatorio europeo sull'antisemitismo, anticipato da Le Monde, ci sono soltanto le motivazioni per cui non è stato pubblicato.
Sui dati del fenomeno, la letteratura disponibile è tanto abbondante, quando drammatica. Per difetto, perché la registrazione di aggressioni, incendi, scritte e insulti non aiuta a prendere coscienza di un problema più complesso e più infido: un clima di ostilità che si traduce, nelle comunità ebraiche, in sentimenti di paura e insicurezza. Tanto da mettere in evidenza, in particolare in Francia, due fenomeni correlati, la decisione di espatriare — sarebbero duemila all'anno gli ebrei che lasciano il Paese, ma non ci sono dati precisi — e la deriva confessionale delle scuole, perché molti studenti si sentono isolati e vorrebbero lasciare la scuola pubblica. Ne parliamo con lo storico laico Max Gallo.
«Non capisco questa reticenza degli europei nel guardare in faccia la realtà. Non basta censire gli episodi più gravi, che vengono riportati anche dai giornali. Occorre indagare lo stillicidio di fatti minori, insulti e atteggiamenti ostili, che non vengono nemmeno denunciati. A ragione, si parla di un nuovo antisemitismo, che ha due facce: l'indifferenza di ambienti borghesi europei e l'aggressività di ambienti di recente immigrazione».
In Europa, la Francia è considerata il Paese più esposto al fenomeno.
«Qui risiedono la più grande comunità ebraica e la più grande comunità musulmana d'Europa. La conflittualità nelle aree popolari è in crescita. I motivi di frizione non mancano, sono anche il riflesso di problemi internazionali.
Ma è ingiusto considerare la Francia Paese antisemita. Il presidente della Repubblica e il governo non si stancano di denunciare il fenomeno e prendere contromisure. Le pene sono state inasprite, la vigilanza dell'opinione pubblica è alta e le denunce dei media sono quotidiane».
Alcune comunità ebraiche sostengono che l'atteggiamento sul Medio Oriente favorisce posizioni anti- israeliane.
«Ma questo non ha nulla a che vedere con l'antisemitismo. Non bisogna cadere nelle due derive opposte, quella di chi nega l'antisemitismo e quella di quanti considerano come antisemitismo la critica alla politica d'Israele. D'altra parte, è vero che Francia e Europa in generale temono di entrare in conflitto con le sensibilità di grandi comunità musulmane presenti sul territorio. C'è reticenza nel dire chiaro e tondo che l'antisemitismo arriva da queste comunità».
La Francia sta per varare una nuova legge sulla laicità, che proibisce l'ostentazione di simboli religiosi. Questo aggraverà il senso di esclusione dei musulmani?
«Ci sono questi rischi.
L'ostilità verso gli ebrei ha anche questa spiegazione. Ma su laicità e valori repubblicani lo Stato non può cedere.
Occorre invece uno sforzo maggiore per ridurre le disparità sociali. Fra i giovani maghrebini e musulmani la disoccupazione è al 25%. Nelle altre comunità è sotto il 10.
Questo crea ostilità verso altri gruppi».
Ritiene che il conflitto in Medio Oriente favorisca l'antisemitismo?
«E' una delle cause. Soprattutto è un pretesto, un effetto moltiplicatore di un antisemitismo latente nelle periferie metropolitane. Emarginazione e disoccupazione creano un sentimento di rivolta che identifica nell'ebreo un avversario di classe. Qualche intellettuale, a ragione, parla di nuovo proletariato. Non va dimenticato che l'antisemiti smo si nutre anche dell'antiamericanismo, con qualche deprecabile solidarietà negli ambienti dell'estrema sinistra»
Colpa della posizione francese sull'Iraq?
«A qualcuno fa piacere sostenerlo, ma non è così. E’ assurdo scambiare per antiamericanismo la critica a una guerra sbagliata. E' comprensibile che il mondo arabo e palestinese sia associato ad un'idea di dolore e oppressione. Non si deve nemmeno sottovalutare la crescente islamofobia, alimentata da movimenti populisti e da partiti d'estrema destra. Né si può far finta che non esistano gravi episodi d'intolleranza contro comunità musulmane.
S'incendiano le sinagoghe, ma anche le moschee!».
Si può affermare che le sensibilità popolari si siano modificate con il mutamento di giudizi politici?
«I movimenti di destra oggi sono più vicini a Israele, culturalmente ostili al mondo arabo, preoccupati dell'immigrazione. Ma è difficile fare distinzioni soltanto politiche. Nell’atteggiamento degli europei c'è un problema storico insoluto, che è il senso di colpa per l'Olocausto, che si salda allo stile di vita presente: la società europea borghese, come sostiene Alain Finkielkraut, non vuol sentire parlare della questione ebraica, ascolta con apprensione e diffidenza i messaggi più forti che arrivano dallo Stato d'Israele: nazionalismo, lotta per la terra, spirito guerriero, patriottismo. Le insicurezze attuali degli europei vengono proiettate sulla polveriera mediorientale e sui suoi protagonisti».
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