Un po' di pulci a Igor Man
non fanno mai male
Testata: L'Opinione
Data: 21/11/2003
Pagina: 1
Autore: Valter Vecellio
Titolo: Igor Man, il "luogocomunista"
Ci scusiamo con i lettori, ma ci era sfuggito il pezzo di Valter Vecellio uscito sull'Opinione del 14 novembre. Ce ne scusiamo anche con l'autore, che ha scritto, pur non essendo un igormanologo come noi, un pezzo delizioso.
Eccolo:

La fama consolidata è di essere uno dei massimi esperti di cose medio-orientali, e pazienza che la simpatia per Yasser Arafat e la causa palestinese traspira da ogni riga che scrive. C'è stato un tempo in cui chiudeva ogni suo articolo con una sura del Corano, vabbé, un piccolo, perdonabile vezzo. Si parla di Igor Man, uno dei giornalisti-principe de La Stampa. Poi Onofrio Pirrotta in Pressappoco, un gustosissimo libro che raccoglie "papere, bufale e altre bestialità dei giornalisti italiani", lo prende in castagna: "Saladino, come Saddam era un avventuriero di oscura origine, si legge in un articolo di Igor Man su "La Stampa". Il feroce Saladino si rivolterà nella tomba. Eh sì, perché il grande sultano Salah ad-Din che in arabo significa verità della fede, non era un avventuriero, né di oscure origini. Il padre, Najm ad-Din, era il Signore comandante militare di un grande castello sulle rive del fiume Tigri, la rocca di Ayyub. Tant'è che Ayyubbiti si chiamarono i discendenti del Saladino. Saddam Hussein, si legge ancora su "La Stampa", sogna l'altura di Hattin, e le armate cristiane lanciate da Ugo da Lusingano contro gli accampamenti di Saladino. Quando il mondo arabo ottenne la più grande vittoria contro l'Occidente".
Beffardo e implacabile, Pirrotta annota: "Qui è la storia, la storia delle Crociate ad essere maltrattata, molto maltrattata. Perché? Perché nessun Ugo da Lusingano ha mai combattuto contro il Saladino né ha mai partecipato a nessuna crociata; perché non esiste una battaglia di Hattin; perché nella battaglia alla quale si riferisce l'articolista, i cristiani non si lanciarono contro gli accampamenti saraceni; avvenne esattamente il contrario". Pirrotta, libri di storia alla mano racconta che la battaglia si combatté il 4 luglio 1187 a pochi chilometri da Tiberiade, nei pressi di un cratere vulcanico preistorico, conosciuto come i corni di Hittin (e non Hattin); le armate cristiane erano comandate da Guido, e non da Ugo, di Lusingano; le armate saracene avevano espugnato la città di Tiberiade e avevano messo le tende in pianura, in riva al lago, e non quindi nell'altura di Hittin; dopo scontri furibondi, con perdite gravissime in tutti e due gli eserciti, tanto che il sultano in un primo momento, aveva temuto di essere sconfitto, il Saladino capì di aver vinto quando si rese conto che la tenda di Guido di Lusingano, nell'accampamento crociato, era caduta.
Può accadere, quando nella fretta e nella concitazione si deve in fretta e furia scrivere un articolo a caldo, un commento, un editoriale e non si ha sottomano neppure una garzantina, ci si può affidare solo alla memoria. Non sarà per questo che si metterà Man in croce. Più grave però quando non si fa
ricorso a lontani ricordi di storia, e si parla di fatti che sono ancora cronaca, "caldi".
Il commento al sanguinoso attentato di Al Qaeda a Riad comincia così: "E' un attentato 'interno'. E' la conferma di una svolta invero storica: dentro la galassia chiamata islàm sta prendendo corpo lo scontro, finora dialettico, se non scientifico, fra modernisti e ortodossi". Già qui c'è di che restare perplessi: si pensava che l'attentato, che ha provocato una decina di morti e un centinaio di feriti, fosse opera di terroristi. Igor Man parla di scontro fra "modernisti e ortodossi".
Andiamo avanti. La definizione di cui sopra "aiuta a cercare di capire che cosa stia accadendo nella regione più a rischio del mondo, quella impropriamente chiamata Medio Oriente. Una cassaforte di oro giallo e di oro nero suggellata dall'odio. L'odio figlio della frustrazione e del disastro bellico, del cosiddetto mondo arabo per Israele. L'odio, figlio dell'umiliazione e dell'ingiustizia, dei palestinesi verso gli israeliani, considerati alla stregua di braccio armato di un neocolonialismo di matrice
americana".
Qui sia precipita in una sociologia ai quattro formaggi in cui è davvero
difficile orientarsi. Che c'entra mai Israele, nella strage di Riad? Chi vuole destabilizzare e far precipitare nel caos l'Arabia Saudita sono Al Qaeda e Bin Laden; che cosa c'entrano mai gli israeliani e i palestinesi, le umiliazioni e l'ingiustizia?
Non finisce qui. Si scomoda l'Intifada (ma ancora: cosa c'entra con l'attentato di Riad?); si parla degli accordi di Oslo, "garantiti da Clinton. Ma la morte di Rabin, per mano di un pio giovinetto israeliano, segna la fine della grande illusione. I suoi successori non riusciranno, vuoi per mancanza di carisma, vuoi perché traumatizzati dall'assassinio del premier, a resuscitare lo spirito di Oslo. La vittoria della Destra, l'avvento di Sharon...".
No, fermi tutti, un momento. A Rabin subentra Shimon Peres; poi nel maggio 1996 viene eletto Benjamin Netanyahu, leader del Likud; nel gennaio 1997 Netanyahu e Arafat hanno firmato il protocollo su Hebron, e con Hebron più del 95 per cento dei palestinesi dei Territori sono sotto il governo autonomo; nell'ottobre del 1998 Netanyahu e Arafat firmano il Memorandum di Wye Plantation per l'applicazione degli accordi ad interim; nel maggio del 1999 il laburista Ehud Barak vince le elezioni anticipate; Barak e Arafat firmano il memorandum di Sharm el-Sheikh che stabilisce un calendario per l'attuazione degli accordi ad interim e l'avvio di negoziati per lo status definitivo. Luglio 2000: vertice di Camp David;: Barak presenta ad Arafat la più avanzata proposta mai offerta ai palestinesi per porre termine al conflitto: ritiro praticamente completo dai Territori, Stato palestinese con capitale nella parte araba di Gerusalemme, condivisione dei Luoghi Santi. Arafat rifiuta, e minaccia la dichiarazione unilaterale di indipendenza per il 13 settembre, ma non trova appoggi internazionali. Tra il settembre e l'ottobre dello stesso anno, con il pretesto di una visita del leader dell'opposizione Ariel Sharon al Monte del Tempio di Gerusalemme, i palestinesi scatenano un'ondata di attacchi e di violenze, con ampio uso di armi da fuoco e attentati terroristici. Ne segue il blocco della
collaborazione per la sicurezza e della cooperazione economica; bambini palestinesi vengono schierati in prima linea, e dietro loro, usati come scudi, i armati palestinesi. Due israeliani vengono letteralmente dalla folla linciati mentre si trovano nelle mani della polizia palestinese a Ramallah. Viene distrutta la tomba di Giuseppe a Nablus. Barak si dimette. Le elezioni anticipate del febbraio 2001 vengono vinte da Sharon.
L'11 ottobre del 2001 Imad Faluji, ministro delle telecomunicazioni dell'Autorità Palestinese rivela: "Chiunque pensa che la violenza sia scoppiata per la spregevole passeggiata di Sharon sulla spianata delle Moschee, sbaglia, anche se si trattò della goccia che fece traboccare il vaso. L'Intifada fu pianificata in anticipo, sin dal ritorno di Arafat da Camp David, quando rovesciò il tavolo delle trattative con Ehud Barak avviate da Bill Clinton. Arafat rimase fermo, e sfidò Clinton. Rifiutò la proposta americana, e ferì gli Stati Uniti al cuore".
Igor Man, ineffabile, tutto questo lo ignora, lo salta a piè pari. E scrive: "...l'avvento di Sharon, la sua improvvida passeggiata a ridosso della Grande Moschea scatenano la seconda Intifada". Non sazio, aggiunge: "Tragedia nella tragedia: i rivoltosi al posto delle pietre lanciano se stessi, inzavorrati di esplosivo, contro inermi israeliani, si uccidono per uccidere. Ancora ieri i suicidi-assassini erano giovani palestinesi miserabili sollecitati da 'fanatici musulmani, cinici, plagiatori di giovani labili psichicamente'. Rivoltosi, suicidi-assassini, giovani palestinesi miserabili...tutto, pur di non chiamarli come vanno chiamati: terroristi.
E' Fouad Ajami, il famoso storico del Medio Oriente, docente alla School for Advanced International Studies della John Hopkins University a dire che quella in corso "è la guerra di Arafat...Arafat l'ha voluta, pianificata; ha tirato il grilletto della guerra nelle pizzerie e negli autobus, pensando che il mondo lo avrebbe comunque sostenuto".
Forse tutto il mondo no; gli Igor Man certamente sì; e con lui dotti professori come Piergiorgio Odifreddi, che sull'ultimo numero di Micromega senza provare un filo di imbarazzo scrive: "Molti ricorderanno che dopo l'11 settembre 2001, giorno del crollo delle Torri Gemelle, nessuno disse, o a nessuno fu permesso dai padroni dei media di dire: 'Né con Al Quaeda, né con gli Stati Uniti'. La mancanza di coraggio dell'intero mondo occidentale ha portato alla presidenza imperiale di Bush secondo, all'asservimento e al disfacimento delle Nazioni Unite, a due guerre neocoloniali contro l'Afghanistan e l'Irak (oltre a chissà quant'altre future), e al via libera alla repressione israeliana e russa contro palestinesi e ceceni".
Tutto chiaro, no? La colpa è sempre e comunque, in ogni caso, di Gorge W.Bush. Ed è davvero edificante quel "...11 settembre 2001, giorno del crollo delle Torri Gemelle...". Non spaventoso, deliberato, programmato atto di terrorismo. Non due aerei dirottati e fatti esplodere sulle Twin Towers, un altro sul Pentagono; e un quarto diretto chissà dove se i passeggeri non l'avessero impedito sacrificandosi eroicamente. Niente di tutto questo. Piuttosto: "crollo".
Tutto ciò è semplicemente vergognoso e stomachevole; buon gusto ed educazione ci impediscono di aggiungere altro che pure si pensa.
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