La visita di Sharon a Roma
Un commento e una cronaca
Testata:
Data: 19/11/2003
Pagina: 1
Autore: due giornalisti
Titolo: La visita di Sharon a Roma
Sulla visita di Sharon a Roma riportiamo dal Foglio in prima pagina il seguente articolo dal titolo: Le decisioni di Sharon per il "riavvicinamento dei ricci" con Abu Ala".
Roma. Prima di arrivare in Italia Ariel Sharon ha deciso diverse cose che riguardano il suo paese. Alcune possono essere rivelate, altre vanno trasmesse a pochi interlocutori, altre ancora vanno taciute, in attesa di far parlare gli eventi. In ogni caso, la sua non è una visita qualsiasi. Qui il premier israeliano sente di giocare in casa e di potersi confrontare, più liberamente
che altrove, su quanto sta maturando di fare. Su ogni tema trattato ha usato parole precise. A cominciare da quel che pensa di Abu Ala. Del nuovo premier
palestinese – al quale si è sempre riferito come "il primo ministro" – Sharon pensa che sia più "saggio", più "astuto", più "navigato", più "articolato" e "autorevole" del predecessore Abu Mazen.
Vuol dire che il premier dell’Autorità nazionale palestinese ha, dal punto di vista di Sharon, spalle abbastanza larghe per sostenere il difficile duetto con Yasser Arafat. L’obiettivo è "lavorare con Abu Ala, nonostante Arafat". Importante l’annuncio che Sharon è pronto a incontrarlo; ma sono cruciali i patti taciti tra i due premier: la pausa degli attentati da una parte, la decisione d’interrompere le uccisioni mirate dall’altra. Lo hanno definito "il
riavvicinamento dei ricci": anche coloro che hanno gli aculei si muovono. Spinti da forti motivi. Per Sharon la linea rossa è stata superata quando fu colpito a Haifa, sotto le feste ebraiche, il ristorante Maxim. Da allora l’opinione pubblica israeliana ha cominciato a non sopportare più anche solo l’apparenza dell’immobilismo. Per Abu Ala pesano due considerazioni: il suo governo rappresenta l’ultima prova di credibilità per la leadership tornata in patria da Tunisi con Arafat; l’alternativa è una guerra in cui Israele è capace di eliminare uno per uno gli uomini di Hamas creando il caos tra i palestinesi. Per entrambi i leader bruciano le valutazioni dei Servizi: senza opzioni politiche, l’Intifada e la repressione porteranno a una destabilizzazione irreversibile. Nelle sue nuove decisioni Sharon si è rivolto all’Italia. Durante la sua ultima visita a Washington George W. Bush gli chiese su quali amici potesse contare oltre al presidente degli Stati Uniti. Sharon rispose: Berlusconi e Putin. Non è un caso che il leader israeliano abbia deciso di visitare in questi mesi, oltre all’India, la Russia e l’Italia. Non è un caso che il premier di Gerusalemme non vada a Parigi, nonostante l’insistenza dei francesi, desiderosi di ricucire la lunga serie di strappi con Jacques Chirac.
Sharon è sbarcato a Roma in giorni difficili, segnati dalla tragedia di Nassiriyah e dai funerali dei caduti italiani in Iraq. Giorni duri anche per Israele, dopo gli attentati alle sinagoghe di Istanbul. Ma non c’è stato un solo momento in cui, dalle due parti, si è pensato di rimandare l’appuntamento.
"Lutti comuni e obiettivi comuni", ha commentato Sharon con i suoi uomini. Non si tratta solo di sensazioni. Con gli interlocutori italiani incontrati finora – Marcello Pera, Pier Ferdinando Casini, Antonio Martino, Silvio Berlusconi – Sharon ha affrontato temi veri e proposte per risolverli: dagli sviluppi in Medio Oriente alla lotta al terrorismo (per la quale sono state previste forme strette di collaborazione nel campo della Difesa), dall’antisemitismo a un avvicinamento tra Israele e Unione europea.

L’intesa sull’energia e il suo motto
Sulla ripresa del dialogo con l’Anp, Israele chiede all’Italia, sia a livello bilaterale sia come presidenza di turno dell’Ue, di monitorare da vicino il nuovo governo Abu Ala, ma anche di aiutare le parti a costruire più ponti possibili. Uno di questi è stato eretto con l’accordo per una distribuzione unica dell’energia in Israele e nei Territori dell’Anp, imbastito a Roma il 15 settembre e firmato da israeliani e palestinesi il 30 ottobre sotto forte impulso della presidenza dell’Ue. Il motto dell’accordo è: "Non raggiungiamo un trattato politico al buio". Sharon s’impegna su due punti: rispettare una nuova tregua se non ci saranno attentati e riconoscere subito uno Stato palestinese, senza confini definitivi. Resta la questione del muro, sollevata anche dal Papa. Sharon non ama parlarne. "Una barriera può essere buttata giù – insistono i suoi uomini – ma ora ci serve per fermare la catena di mine che vogliono far esplodere il nostro paese".
Sempre su Sharon in Italia, riportiamo anche la cronaca di Novazio pubblicato sulla Stampa di oggi, mercoledì 19 novembre 2003.
Il pezzo di Emanuele Novazio è una cronaca sostanzialmente corretta. Vorremmo capire però in base a quale ragionamento Novazio chiude con queste parole il suo articolo:

C'è un aspetto altrettanto importante della visita di Sharon a Roma, l'incontro con i leader dell'opposizione previsto per oggi: più critici di Berlusconi nei confronti del governo israeliano e più rappresentativi, dunque, dell'opinione pubblica italiana: fonti dell'opposizione israeliana si augurano che spingano Sharon a rivedere alcune posizioni radicalizzate nei confronti del processo di pace.
perchè, di grazia, i leaders dell'opposizione dovrebbero essere, come dice Novazio, più rappresentativi dell'opinione pubblica italiana? Come in tutti i paesi democratici l'opinione pubblica si esprime attraverso il voto.
Se i leaders dell'opposizione che Sharon incontrerà oggi appartengono appunto all'opposizione e non al governo, vuol dire che hanno ottenuto meno consensi di quanti sarebbero stati indispensabili per fargli vincere le elezioni. Perchè dunque la Stampa li ritiene più rappresentativi dell'opinione pubblica italiana?

Ecco il testo.

Silvio Berlusconi conferma a Ariel Sharon la linea di «moderazione ed equilibrio» della presidenza italiana dell'Unione europea nella crisi mediorientale, e fornisce «ampie rassicurazioni» all'ospite israeliano sul «massimo impegno» della presidenza Ue per il «più efficace contrasto dell'antisemitismo», a proposito del quale Sharon esprime forte «preoccupazioni». Il premier israeliano ribadisce il diritto a porre in atto le «misure necessarie» a garantire la sicurezza dei propri cittadini, ma rilancia la disponibilità a riprendere il dialogo con il premier palestinese Abu Ala. Ma al centro dell'incontro di ieri sera a Palazzo Chigi fra Berlusconi e Sharon - presente anche Gianfranco Fini, che domenica prossima avvierà la sua attesa visita ufficiale in Israele - anche una preoccupazione comune: la lotta al terrorismo per la quale, ha rivelato il ministro della Difesa Antonio Martino, sono state previste forme molto strette di collaborazione fra Italia e Israele.
Prima un colloquio di lavoro, cominciato poco dopo le 19, poi una cena offerta dal premier: una serata lunga e impegnativa nella quale l'ospite israeliano ha insistito sulla volontà di lavorare assieme al nuovo premier palestinese Abu Ala, considerato più esperto del predecessore Abu Mazen: un incontro con lui, confermano fonti israeliane, è previsto nei prossimi giorni. A Berlusconi, Sharon ha spiegato che obiettivo del governo di Gerusalemme è lavorare con Abu Ala «nonostante Arafat». Sono due i punti sui quali il premier israeliano sarebbe disposto a impegnarsi: un nuovo cessate-il-fuoco se non ci saranno attentati, e il riconoscimento immediato di uno Stato palestinese senza tuttavia indicarne i confini definitivi. Entrambi i punti hanno una condizione vincolante: una solida ripresa del dialogo con i palestinesi, per favorire la quale Israele chiede all'Italia, in quanto Paese «amico» e presidente di turno dell'Unione europea, di aiutare le parti a costruire un ponte sufficientemente robusto da sopportare le difficoltà di un negoziato irto di incognite.
La visita che Sharon conclude stamane dopo avere incontrato il presidente della Repubblica Ciampi, il ministro degli Esteri Frattini e i leader dell'opposizione è dunque molto più importante di quella compiuta due anni fa: non soltanto perchè nel frattempo la posizione italiana nei confronti dello Stato ebraico è ulteriormente evoluta (Berlusconi si è rifiutato di incontrare Arafat nel suo viaggio a Gerusalemme del giugno scorso), ma soprattutto perchè il presidente del Consiglio è in questo momento alla guida dell'Unione europea, e «mai prima d'ora - ha affermato il premier israeliano appena arrivato a Roma - Israele ha avuto nella presidenza di turno Ue un Paese amichevole come l'Italia», già definita «il più grande amico di Israele in Europa».
Italia come partner politico privilegiato, dunque, come potenziale ponte e fonte di pressioni verso un'Unione Europea che proprio ieri ha tuttavia adottato un documento molto duro sulla politica del governo di Gerusalemme nei confronti del popolo palestinese («la situazione si sta duramente deteriorando»), delle «vittime civili», «degli assasinii», delle «misure punitive», ma soprattutto critico sulla costruzione della «barriera di sicurezza», considerata una violazione della legge internazionale e un pericolo per il processo di pace. In questa situazione il governo Berlusconi è il solo in grado di mitigare il clima di isolamento che si è venuto a creare intorno allo Stato ebraico, sottolineano fonti israeliane: critiche a Israele si levano anche da governi tradizionalmente filoisraeliani come la Germania e la Gran Bretagna, e non provengono soltanto dai governi ma anche dalle opinioni pubbliche, in un clima che si è deteriorato negli ultimi tre anni.
C'è un aspetto altrettanto importante della visita di Sharon a Roma, l'incontro con i leader dell'opposizione previsto per oggi: più critici di Berlusconi nei confronti del governo israeliano e più rappresentativi, dunque, dell'opinione pubblica italiana: fonti dell'opposizione israeliana si augurano che spingano Sharon a rivedere alcune posizioni radicalizzate nei confronti del processo di pace.
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