Sul caso dell'Imam di Carmagnola espluso con procedura d'urgenza, pubblichiamo la cronaca dalla Stampa un commento dal Corriere.
Dalla Stampa: "Espulso l’Imam che predica il terrore di Al Qaeda" di Massimo NumaAddio all’Imam di Carmagnola. AbdelQadir ‘FadlAllah Mamour, 46 anni, torna a casa. Non è una decisione spontanea. L’uomo che predica il terrore per conto di bin Laden viene cacciato dall’Italia. Oggi, o al più tardi domani, direttamente dalla questura di Torino, sarà imbarcato per il Senegal, suo Paese d’origine, con un volo di sola andata. La moglie lo potrà raggiungere in un secondo tempo.
Ieri a tarda sera un altro imam torinese, Bouchta, accompagnato da un avvocato, si è recato nella casa di Carmagnola per assistere la moglie dell’espulso. Il provvedimento porta la firma del ministro dell’Interno, Giuseppe Pisanu. Alle 20,30, l’imam è stato convocato in questura, dove i funzionari della Digos gli hanno mostrato il foglio che comporta, automaticamente, il ritiro del permesso di soggiorno, valido - in teoria - sino al 2006. Motivo? «Turbativa dell'ordine pubblico e pericolo per la sicurezza dello Stato». Insomma, AbdelQadir, che dice si essere laureato in Sociologia e di essere un consulente per una banca islamica con sedi anche in Svizzera, a Zurigo, ha passato il segno. Le sue esternazioni, le sue minacce, le sue profezie sugli attentati contro i soldati italiani in Iraq e Afghanistan e sui prossimi che dovrebbero accadere nelle città italiana, sono da considerare un «gesto ostile» verso il Paese che lo ospita dal 1982. Dubbi sul provvedimento li esprime Massimo D’Alema: «Ho dei dubbi su un provvedimento di natura amministrativa che colpisce una persona sposata con una donna italiana. Se qualcuno commette reati è giusto sia perseguito dalla magistratura ma credo sarebbe pericoloso se desse atto a una serie di provvedimenti di natura amministrativa».
Nonostante le sue parole («L’anno scorso ho raccolto 23 milioni di euro per conto delle finanziarie islamiche»), l’Imam vive nella più perfetta modestia. Il Comune di Carmagnola gli aveva dato in affitto, per 100 euro al mese, un’ex scuola abbandonata. Anche perchè la moglie, ‘Aisha Barbara Farina, 34 anni, madre dei suoi quattro figli, una milanese convertita all’Islam aveva chiesto e ottenuto di avere «un aiuto». Lui diceva che, in una banca di Milano, erano congelati 2 milioni e 600 mila euro, trasmessi a suo tempo da una banca elvetica, per conto di un’organizzazione fondamentalista. Scopo, realizzare una cittadella islamica. Era il 1994, e AbdulQadir, che aveva giocato per un po’ a fare l’Imam nella moschea torinese di San Salvario, si presentò in Comune con un signore. Disse che era «un cognato di Osama bin Laden». Doveva garantire che il progetto era una «cosa seria» e non un’utopia. Ovviamente, «il cognato» - morto poi in un incidente un Belgio - non fu mai identificato con certezza dalle autorità italiane.
Ma il capitolo delle amicizie pericolose di Mamour non finisce qui, ed è oggetto di un’indagine dei pm torinesi Maurizio Laudi e Marcello Tatangelo, gli stessi che si sono visti, in queste ultime ore, opporre un secco no dai gip alle richieste di arresto per gli arabi della cellula torinese di Al Qaeda. L’Imam, che è stato pure interrogato, in aeroporto a Zurigo, da funzionari della Cia, intrattiene stretti rapporti con la finanziaria di uno dei fratelli dello sceicco Osama bin Laden. Ci sono tracce, scoperte dagli agenti della sezione anti-terrorismo, che portano nei Balcani, dove Mamour - parole sue - avrebbe «combattuto in Bosnia con i muhajeddin». Se su questo aspetto ci sono molti dubbi, sul resto invece no. E’ nel 1997 che tenta il salto di qualità. Affitta un alloggio in un condominio di Carmagnola e fonda il Centro Islamico Europeo. Il modello è l’analoga struttura di Londra, creato dallo sceicco Omar Al Bakri, portavoce ufficiale di Bin laden in Europa. Allora non si identificava tout court con i Talebani: abiti occidentali, camicia bianca, cravatta e calzini scuri. Le scarpe italiane ed eleganti lasciate nell’atrio, prima di raggiungere la sala di preghiera, tappeti e tavoli bassi. Con lui, pochi transfughi delle altre moschee torinesi e anche una decina di italiani, donne e uomini, «convertiti».
La metamorfosi in senso radicale di Mamour inizia proprio da lì, dal clamoroso fallimento di questa iniziativa. La moschea chiude i battenti dopo due anni per mancanza di fedeli e soprattutto di fondi. E l’Imam, reduce - dice lui - da un viaggio in Sudan dove Osama bin Laden sta gettando le basi della sua rete terroristica, cioè Al Qaeda, cambia volto. Come una specie di mister Hyde. Abbraccia le tesi più estreme del fondamentalismo e ha pure il tempo di sollevare un caso nazionale con le sue vicende personali. Scopre le vesti della tradizione e ha sempre un velo bianco sul capo. Come i saggi. Ha una prima moglie, Patrizia, che è di Carmagnola, e vorrebbe averne («Il Corano lo consente», spiegava a tutti) anche una seconda. La prima non ci sta e chiede il divorzio e lui sceglie ‘Aisha. Che ama visceralmente i Talebani del mullah Omar («L’Afghanistan era l’unico paese che applicava la Sharia, gli americani l’hanno distrutto con l’aiuto anche degli italiani», sospira). Barbara Farina veste solo il burqa integrale, indossa i guanti e a Carmagnola non parla con nessuno «per non contaminarsi». L’Hyde integralista aspetta l’attentato alle Torri per rivelarsi al mondo. Nell’ottobre 2001 inizia a glorificare pubblicamente Osama bin Laden. Nell’agosto del 2002, in un’intervista a La Stampa, rivela per la prima volta che «l’Italia ospita 2000 combattenti islamici addestrati nei campi di Al Quaeda». Il resto è un inarrestabile crescendo di dichiarazioni sempre più gravi e inquientanti. Che oggi gli costano l’espulsione.
Magdi Allam firma il commento pubblicato sul Corriere della Sera in prima pagina: "Una netta scelta di campo"Con l'espulsione di AbdulQadir FadlAllah Mamour, il sedicente imam di Carmagnola, il governo italiano ha formalmente chiarito che d'ora in poi non permetterà a nessuno di istigare e fare apologia del terrorismo nel nostro Paese. Oggi stesso sono previste altre espulsioni di esponenti islamici radicali. Già lo scorso giugno il ministro dell'Interno Pisanu si era fatto promotore dell’allontanamento dell'imam della Grande moschea di Roma Abdel- Samie Mahmoud Ibrahim Moussa. Questi dal pulpito del simbolo istituzionale dell'islam in Italia aveva esaltato i kamikaze islamici e invocato l'aiuto di Allah per annientare gli « infedeli » . Il messaggio dell'Italia ora è chiaro: tolleranza zero con chi è colluso con il terrorismo islamico.
Con quest'atto Pisanu ha definitivamente reciso il legame con la politica delle intese sottobanco con il terrorismo mediorientale che talvolta ha caratterizzato la politica italiana negli anni Settanta e Ottanta.
All’epoca si trattava di terrorismo palestinese, sostanzialmente laico e cinico, al di là delle barbarie di cui si è macchiato. L’accordo prevedeva che l’Italia sarebbe stata risparmiata dagli attentati terroristici, in cambio della disponibilità italiana a chiudere un occhio sulle attività logistiche sul proprio territorio, quali la raccolta di fondi per l’acquisto di armi e l’offerta di protezione temporanea ai terroristi in fuga. Ebbene dopo l’ 11 settembre italiano a Nassiriya, l’Italia ha varcato il suo Rubicone in materia di sicurezza.
Diciamo pure che la strage dei 19 militari italiani non lasciava alternative. Il terrorismo globalizzato di Osama bin Laden, che ha messo radici in Iraq alleandosi con ciò che resta delle milizie di Saddam Hussein, ha lanciato un’offensiva del terrore a livello planetario. Colpisce indiscriminatamente in modo feroce tutti i « nemici dell’islam » : americani, occidentali, ebrei, musulmani moderati. Conosce solo il linguaggio della violenza e non accetta alcun compromesso. La neutralità, o peggio ancora la connivenza, nella speranza di poterne uscire indenni, non è più possibile. Questo terrorismo obbliga a fare una scelta di campo netta.
E l’Italia l’ha fatta.
Stupisce tuttavia che ci sia ancora tra i nostri politici chi continui a predicar e cautela con gli estremisti islamici per il timore che possa provocare la reazione della maggioranza dei musulmani. In realtà personaggi come il sedicente imam di Carmagnola o l’ex imam della Grande moschea di Roma sono un pericolo per gli stessi musulmani. Si dimentica che i musulmani sono stati le prime vittime del terrorismo islamico. Ricordiamoci dei 200 mila morti in Algeria, musulmani innocenti massacrati da terroristi islamici. Così come sarebbe ora che si prendesse coscienza che questo terrorismo non è reattivo, bensì aggressivo. Bin Laden ha dato vita, grazie alla sua immensa fortuna, a una vera e propria holding del terrorismo privatizzato e globalizzato, una mostruosa creatura tentacolare con cellule attive e dormienti disseminate un po’ ovunque. Compreso il nostro Paese. L’ 11 s e t t e m b r e del 2001 non è stato una reazione a alcunché. E’ stato un atto di guerra deliberato. Lo stesso vale per la strage degli italiani a Nassiriya.
Non è stata il frutto di una supposta « resistenza » irachena, bensì un barbaro attentato terroristico.
L’iniziativa di Pisanu si basa sulla consapevolezza che esiste un legame concreto tra chi predica la violenza e chi l’attua. E’ un dato di fatto che l’Italia ospita una « struttura integrale dell’islam radicale » che fa perno su una rete di moschee egemonizzate da reti estremiste internazionali. Dove i referenti sul piano ideologico sono i leader spirituali di Hamas, del Hezbollah, dei Fratelli Musulmani e di Al Qaeda. Dove il principio della sacralità della vita non vale assolutamente per gli ebrei massacrati dai kamikaze palestinesi e vale meno per gli occidentali uccisi in Iraq. Ecco perché l’espulsione del sedicente imam di Carmagnola rappresenta uno spartiacque nella strategia della sicurezza italiana.
L’Italia non è più disposta ad attendere che i predicatori dell’odio raccolgano i loro frutti. E’ un primo passo nella giusta direzione. Che deve essere seguito dall’intensificazione del dialogo con la maggioranza moderata musulmana.
Per dar vita a un islam italiano rispettoso della legge e compatibile con i valori fondanti della nostra società.
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