L'Europa e gli ebrei:
ecco la prova inconfutabile!
Testata:
Data: 05/11/2003
Pagina: 1
Autore: Federico Steinhaus
Titolo: L'Europa e gli ebrei: ecco la prova inconfutabile
Tutti - politici ed opinionisti in primo luogo - si sono occupati in questi giorni del sondaggio commissionato dall'Unione Europea nel quadro di indagini standardizzate e continuative sui più svariati argomenti, e dello scandaloso risultato che ha indicato Israele come la più grave minaccia al mondo per la pace. Non intendo aggiungere a quelle altrui le mie indignate espressioni di protesta. Vorrei invece cercare di capire cosa abbia generato questo risultato, ed in quale misura sia legittima la supposizione che quella risposta, così ampiamente condivisa, sia il sintomo di un antisemitismo che sottopelle costituisca a tutt'oggi la cronicizzazione di un male tipicamente (ma non più soltanto) europeo.
La prima cosa da chiarire riguarda il sondaggio.
Un sondaggio complesso, lungo, con domande non facili da capire, talvolta anzi ambigue; ma queste domande sono state fatte, tutte in fila, per telefono, a 7500 infelici europei che magari in quel momento stavano guardando la partita di calcio, o cucinando il loro piatto preferito, o litigando con la moglie. Il sistema può andar bene per sapere quale è la marca di senape preferita, non per conoscere opinioni che siano frutto di riflessioni ed analisi.
La seconda osservazione, marginale ma non insignificante, riguarda la pubblicazione del sondaggio. Esso è stato anticipato ed accompagnato da una sintesi che in 10 pagine riassume le 128 pagine effettive, ed in questa sintesi non vi è traccia della domanda numero 10, quella incriminata. Il che dovrebbe significare che la domanda era stata considerata dagli addetti ai lavori poco significativa, o la risposta poco attendibile.
Una terza osservazione deve prendere in considerazione l'insieme delle risposte. Un 14% di greci ed un 18% di inglesi ritengono che l'Unione Europea sia un pericolo per la pace nel mondo, e questo risultato da solo toglie credibilità all'insieme delle risposte elaborate. A chiunque, a mente lucida, risulta evidente che l'Unione Europea non può a nessun titolo essere inclusa in un elenco di stati aggressori: ma un numero non insignificante di cittadini europei (la media è dell'8%) lo ha fatto.
La domanda era "Per ciascuno dei 15 paesi che le elenco, mi dica con un sì o con un no se secondo lei costituisce una minaccia alla pace nel mondo", e partiva l'elenco. A quale velocità è stato letto al telefono? Vi sono state intonazioni di voce nel leggere i nomi degli stati? Sono due semplici domande, che possono ribaltare il senso del risultato.
Ma non è questo che conta. Le osservazioni appena fatte sono significative, ma la vera risposta che dobbiamo dare a quanto è emerso è di natura diversa.
La domanda alla quale dobbiamo rispondere è: Come è stato possibile? E la risposta può essere una sola: perché negli ultimi 35 anni (dal 1967) Israele è stato sempre sul banco degli accusati, ed il mondo arabo è stato il suo accusatore nelle sedi più diverse; perché il mondo comunista dal 1967 ha sempre sostenuto a priori la causa araba contro Israele; perché alle Nazioni Unite fino al 1989 esisteva una maggioranza automatica stati arabi + stati comunisti che decideva il voto e faceva approvare anche la condanna di un trattato di pace (quello firmato da Israele con l'Egitto). Perché negli ultimi tre anni la difesa ad oltranza della causa palestinese ha fatto chiudere gli occhi a tutti i media europei (con pochissime eccezioni) dinanzi alle ragioni d' Israele oltre che dinanzi ai crimini del terrorismo. Perché nessuno spiega mai come e quando e perché è nato questo conflitto. Perché ci si limita a puntare il dito accusatore di volta in volta contro i tank in azione a Jenin o contro i posti di blocco o contro la barriera difensiva, ma si tace sui libri scolastici palestinesi che insegnano ad odiare gli ebrei (ripeto: gli ebrei), contro i media palestinesi che trasmettono spot di esaltazione degli shahids (terroristi suicidi), contro televisioni e giornali del mondo arabo che macinano quotidianamente le menzogne antisemite prese in prestito dai Hitler e Goebbels.
Che i vari personaggi della nostra politica si siano sentiti in dovere di precisare che quel sondaggio non rispecchia la politica europea è ridicolmente superfluo: esso rispecchia solo quel che la politica europea nel suo insieme ha consentito che avvenisse.
Non ci sorprende che al coro di più o meno sincere dichiarazioni di rammarico si contrapponga il Manifesto con la vignetta ignobile di Vauro; ci sorprende piuttosto la scandalosa dichiarazione di Rutelli che si dice indignato per la massiccia dose di antisemitismo che quel risultato evidenzierebbe, ma si sente in dovere di aggiungere che deve esistere il diritto di criticare Sharon senza per questo essere accusati di antisemitismo. Sono proprio queste accuse indiscriminate che indicano gli ebrei come intolleranti verso qualsiasi giustificata critica politica che rafforzano il convincimento della loro innata malvagità e pericolosità, o quanto meno l'opinione che sia meglio liberarsi del "problema".
Sul Corriere della Sera di martedì 4 novembre Renato Mannheimer e Paolo Mieli hanno indicato proprio nella disinformazione irresponsabile e nel vergognoso silenzio di politici e media la causa di un disagio che quel risultato ha evidenziato.
La mia opinione personale è che i risultati del sondaggio non siano rivelatori di un diffuso antisemitismo, ma piuttosto di una diffusa ignoranza, di una errata percezione che accomunano antiamericanismo e filoarabismo in una sintesi che ignora e schiaccia qualsiasi argomentazione raziocinante. E di questo sono responsabili i media, forse ancor più dei politici. Non è senza significato, in questo contesto, che il mondo arabo ed islamico usi i più classici stereotipi del pregiudizio antiebraico cristiano (deicidi) e nazifascista, insieme a quelli del comunismo stalinista, e ne diffonda i messaggi attraverso sceneggiati televisivi trasmessi durante il Ramadan o per mezzo di editoriali firmati da autorevoli intellettuali.
Il silenzio degli europei su tutto ciò è molto più allarmante del sondaggio, e più del sondaggio ci addita il vero pericolo: l'indifferenza egotista che sta paralizzando l'anima europea più radicata ed importante, quella solidale, illuminata, colta, creatrice di civiltà.