Gli ebrei e il nuovo antisemitismo
una lettera per la rubrica di Paolo Mieli
Testata: Corriere della Sera
Data: 27/10/2003
Pagina: 35
Autore: Paolo Mieli
Titolo: Gli ebrei sono vittime soltanto se vessati dai nazisti
Riportiamo una lettera pubblicata nella rubrica del Corriere della Sera curata da Paolo Mieli.


Al summit dei Paesi islamici, caro Mieli, il premier della Malaysia ha fatto delle dichiarazioni intrise di profondo antisemitismo senza suscitare la benché minima riprovazione tra gli astanti.
Quello che è ancora più grave, però, è il fatto che una mozione di disapprovazione dell’Unione Europea sia stata bloccata dal presidente francese Chirac. Adesso è più chiaro il motivo per cui in Francia (il Paese europeo che si ritiene patria della libertà e dell’uguaglianza) si possano bruciare le sinagoghe o picchiare gli ebrei per la strada senza alcuna sanzione. Ed è anche chiaro il motivo per cui moltissimi ebrei francesi hanno deciso di emigrare: forse la Francia dovrebbe essere definita patria dell’antisemitismo.

Ester Picciotto
Milano
Segue la risposta di Paolo Mieli
Cara signora Picciotto, i toni della sua lettera sono assai drastici, ma capisco bene quel che provoca la sua indignazione. C’è il premier malese Mahathir Mohammad (non un novellino: ha settantotto anni ed è al potere dal 1981) il quale dal palco del vertice musulmano di Putrajaya lamenta che gli ebrei, «nonostante gli europei ne abbiano ucciso sei milioni su dodici... guidano il mondo per procura» e incita un miliardo e trecento milioni di musulmani a non farsi «sconfiggere da pochi milioni di ebrei». Al che, riferisce la nostra giornalista Alessandra Coppola, «i delegati si alzano in piedi e applaudono». L’iraniano Mohammad Khatami lo definisce «un intervento nel suo insieme brillante, molto logico»; l’egiziano Ahmed Maher — rileva sulla Stampa Fiamma Nirenstein (autrice, lo segnalo per inciso, di un interessante saggio sul nuovo antisemitismo che compare sull’ultimo numero di Liberal) — saluta quell’intervento come «una definizione molto accurata e profonda della situazione» . L’Unione Europea vorrebbe reagire, ha pronto un documento che definisce «inaccettabili» quelle parole, ma Jacques Chirac — che è alla guida di una Francia distintasi negli ultimi anni per il record europeo di cimiteri ebraici profanati, israeliti malmenati, sinagoghe date alle fiamme — Chirac, dicevo, rifiuta di inserire la condanna nel suo discorso conclusivo di un summit europeo. Il giornale Maariv (che pure, come ho ricordato due giorni fa, è stato spietato contro le incursioni israeliane sui territori) si rivolge a Chirac con osservazioni non dissimili dalle sue, cara signora Picciotto, costringendolo a ravvedersi.
Tardivamente, purtroppo.
Qualcuno potrebbe pensare che si tratti di un episodio isolato.
Non è così. Le vessazioni agli ebrei da parte di arabi e islamici (qui volutamente non mi occupo di Israele e dei suoi torti, materia che ho affrontato su questa stessa pagina l’altroieri) non si contano. Secondo il grande esperto di Islam, Bernard Lewis, l’antisemitismo è «una parte essenziale della vita intellettuale araba ai nostri giorni». L’estate scorsa James Woolsey, direttore della Cia dal ‘93 al ‘95, ha rilasciato un’intervista a Nathan Gardels (ripresa il 24 agosto dal Corriere) in cui sosteneva che « se si potessero ascoltare i sermoni delle moschee dell’Arabia Saudita si rimarrebbe sbigottiti». Perché? Woolsey riferiva di aver scelto a caso una settimana e di aver constatato che gli argomenti principali erano: «Tutti gli ebrei sono porci e scimmie» e «ogni musulmano ha il dovere di uccidere cristiani ed ebrei». Anche in Europa, Chirac non è solo. Un solo esempio: Gretta Duisenber, moglie di Wim l’ex governatore della Banca centrale europea, nota sostenitrice della causa di Yasser Arafat (e fin qui niente di men che legittimo) ha fatto parlare di sé per aver detto che all’origine delle condizioni miserevoli in cui si trovano i palestinesi ci sono i «ricchi ebrei» e per aver affermato che a condannare il comportamento di Sharon nei Territori non avrebbe faticato a trovare «sei milioni di firme», numero buttato lì con malizia dal momento che, come è noto, corrisponde alla cifra ufficiale degli ebrei sterminati nell’Olocausto.
Anche qui, cosa potrei aggiungere? Forse una considerazione: nei giorni scorsi l’Italia si è fermata a ricordare gli ebrei perseguitati nella Shoah; sono state pronunciate parole intense, la commozione è stata pressoché unanime e in molti hanno ripetuto «mai più».
Dopodiché sono accadute le cose di cui alla sua lettera, e quasi nessuno di coloro che fino a un momento prima avevano esibito contrizione, ha ritenuto di manifestare il suo sdegno. Devo trarne la conclusione che gli unici ebrei meritevoli di solidarietà sono quelli vessati sessant’anni fa dai nazisti e che quelle parole, «mai più» vanno intese in un’accezione assai ristretta. O no?
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