Occhiello: Monito dall’Assemblea. Sprezzante risposta israeliana: «Si va avanti»
Tutto l'articolo si fa notare per linguaggio aspro e negativo nei confronti della parte israeliana, mentre è cauto e rispettosoi quando riferisce di quella palestinese.
L'Arena non sarà un quotidiano importante, ma Verone è una città importante. Non sarebbe male che all'Arena arrivassero parecchie e-mail di protestaTel Aviv. Una «farsa umiliante», frutto di «pura ipocrisia»: non ha misurato le parole l’ambasciatore israeliano Dany Gillerman per denunciare la risoluzione con cui l’Assemblea generale dell’Onu, a schiacciante maggioranza, ha richiesto a Israele di «sospendere e revocare» la costruzione della controversa «barriera di sicurezza» che in alcuni tratti penetrerebbe a fondo nella Cisgiordania palestinese. «La barriera continuerà a essere costruita e continueremo a prenderci cura della sicurezza dei cittadini israeliani», ha tagliato corto il vice premier Ehud Olmert, liquidando il voto dell’altra notte al Palazzo di Vetro, dove Israele, come era già successo il 19 settembre, dopo la sua decisione «in linea di principio» di «rimuovere» il presidente palestinese Yasser Arafat, si è ancora una volta trovato solo con Usa, Micronesia e Isole Marshall a opporsi alla nuova risoluzione di condanna, approvata con 144 voti favorevoli e 12 astensioni. I palestinesi hanno ovviamente espresso soddisfazione, anche se il voto dell’Assemblea generale dell’Onu, a differenza di quello del Consiglio di sicurezza, dove gli Stati Uniti avevano nuovamente opposto il loro veto, ha un valore puramente simbolico. «È un passo importante, che dovrà essere seguito da un parere della Corte di giustizia internazionale», ha dichiarato dal Cairo il premier Abu Ala, che del «muro dell’ apartheid », come i palestinesi hanno ribattezzato quella che per Israele è la «barriera di sicurezza», ha avuto modo di parlare con William Burns, il segretario di stato aggiunto Usa per il Medio Oriente, in un breve incontro nella capitale egiziana. «È una risoluzione molto importante: politicamente, giuridicamente e moralmente. È un completo rigetto dell’arroganza della forza», ha rincarato il ministro e negoziatore capo palestinese Saeb Erekat.
Ma nei Territori la risoluzione dell’Assemblea generale dell’Onu sul «muro dell’ apartheid -barriera di sicurezza» non sembra aver suscitato grande impressione. «Non servirà a nulla, perchè permette agli Stati Uniti di continuare a opporre il veto al Consiglio di sicurezza, dove si decide veramente, e a Israele di continuare a costruire il suo muro. Quello di cui abbiamo invece bisogno è una resistenza ancora più forte per obbligare Sharon a scendere a patti», ha dichiarato ieri Abu Qusai, nome di battaglia di uno dei leader nella striscia di Gaza delle Brigate dei martiri di Al Aqsa .
A poche ore dall’incursione di una quarantina di mezzi blindati israeliani a Ramallah tre miliziani palestinesi sono stati intanto uccisi ieri in Cisgiordania. Due dei tre miliziani uccisi, Abdel Hadi Natche e Ahmed Khameis Attiya (27 e 29 anni), erano rispettivamente, secondo fonti militari israeliane, i capi locali a Hebron e Kalkiliya delle Brigate dei martiri di Al Aqsa e del braccio armato del Fronte popolare per la liberazione della Palestina (Fplp), e sarebbero stati entrambi abbattuti mentre cercavano di sfuggire alla cattura. A Hebron, un terzo miliziano, la cui identità non è stata per ora resa nota, è stato invece ucciso dopo che aveva aperto il fuoco contro tre coloni nel rione ebraico di Tal Rumeida. Rimasti leggermente feriti, i coloni sono riusciti a bloccarlo e a ucciderlo. Sempre in Cisgiordania, un quarto palestinese, Fadi Tawfiq Assasa (21 anni), è inoltre deceduto in ospedale a Jenin per le ferite riportate giorni fa durante un’incursione dell’esercito israeliano nel vicino villaggio di Muthlath El Shuhda.
«Abbiamo bisogno che il Papa, nonostante i suoi gravi problemi di salute, torni in Terra Santa per ridarci speranza di pace»: ad affermarlo è intanto Chaim Ramon, esponente della Knesset israeliana, intervenuto ieri a Gerusalemme ad un incontro promosso dalla Farnesina sui 25 anni di Pontificato di Giovanni Paolo II. L’israeliano fu uno degli organizzatori della storica visita di Karol Wojtyla in Terra Santa nel marzo del 2000. «Se volete che il Papa stia bene, portatelo di nuovo da noi, abbiamo bisogno del suo messaggio», ha concluso. Ieri però un altro gesto ha riportato un ricordo inquietante. Ha suscitato infatti proteste palestinesi una visita alla Spianata delle Moschee di Gerusalemme E st, definita «di lavoro», d e l ministro della sicurezza interna Zahi Hanegbi (Likud) per verificare il dislocamento della polizia nell’area della Spianata e l’ingresso dei turisti non musulmani nell’imminenza della ricorrenza islamica del Ramadan . Fu da una «visita» simile di Sharon, nel ettembre, 2000 che prese il via il fiume di sangue della Nuova Intifada.
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