Come la pensa Abraham Foxman
capo dell'organizzazione ebraica Anti-Defamation League. Tutto il contrario di Tullia Zevi.
Testata: Corriere della Sera
Data: 22/09/2003
Pagina: 9
Autore: Alessandra Farkas
Titolo: «Berlusconi amico di Usa e Israele: giusto premiarlo»
L'argomento Berlusconi è discusso e discutibile. Ma, se si è equilibrati, si devono porre sui due piatti della bilancia meriti e demeriti. Quali pesano di più ? lasciamo il giudizio ai lettori. Da parte nostra non possiamo però non rilevare la telefonata di Tullia Zevi così come ce la racconta Foxman. Ovvero, quanto una tessera di partito può offuscare una mente che ha conosciuto tempi (lontani, molto lontani) migliori.
Dell'avvenuto ne fa un'ottima cronaca Alessandra Farkas sul Corriere.

NEW YORK - «Siamo abituati alle controversie. Nell’88 premiammo Giulio Andreotti, che è non certo amato o rispettato da molti, per il suo ruolo nella liberazione degli ebrei di Urss, Siria, Yemen, Etiopia e Cuba. E due anni fa abbiamo onorato Jacques Chirac, impopolare sia tra la comunità ebraica che in Israele, perché è stato il primo leader francese ad avere il coraggio di assumersi la responsabilità per Vichy, chiedendo perdono».
Abraham Foxman, sopravvissuto all’Olocausto e direttore della prestigiosa organizzazione ebraica Anti-Defamation League (Adl), difende la sua scelta di consegnare il «Distinguished Statesman Award» al presidente del Consiglio italiano Silvio Berlusconi ad un gala che si terrà domani sera a New York. Questo premio ha sollevato polemiche sulle pagine di giornali americani quali il New York Times per le recenti frasi di Berlusconi su Mussolini. «Non conosco nessuno che abbia un amico perfetto al 100% e col quale vada sempre d’accordo. L’importante è che Berlusconi è un amico. E sincero».
Un amico di tutti gli ebrei?
«Berlusconi sarà premiato soprattutto per la sua amicizia e fedeltà agli Usa in un momento in cui la maggior parte dei nostri alleati europei ci ha voltato le spalle. E perché si è dimostrato un partner eccezionale nella lotta contro il terrorismo. Il suo governo è infine tra i pochi alleati di Israele e se non fosse stato per lui, l’Ue non avrebbe mai incluso Hamas nella famigerata lista nera».
Secondo il quotidiano New York Times la politica filo-israeliana di Berlusconi è il vero motivo di questo riconoscimento.
«Molti vorrebbero ricondurre tutto a Israele dicendo che in nome dello Stato ebraico noi siamo disposti a perdonare e dimenticare tutto, inclusi i nostri 6 milioni di morti. Ciò è infamante per un sopravvissuto come me, che ha preso molto seriamente le frasi inaccettabili e sbagliate di Berlusconi. Ma il New York Times non si è curato di scrivere che Silvio è andato a Canossa e gli ebrei italiani hanno accettato le sue scuse».
L’ex presidente dell’Unione delle comunità ebraiche italiane Tullia Zevi le ha chiesto di annullare il premio?
«Sì, Tullia mi ha chiamato chiedendomi questo. Abbiamo parlato al telefono per un’ora. Io sono in disaccordo con lei su molte cose, tra cui il non credere, come fa lei, che i leader ebraici abbiano il lusso di coltivare posizioni politiche. Quando Berlusconi fu eletto Tullia non voleva neppure incontrarlo non perché avesse commesso errori ma perché non ne condivideva le idee politiche».
Che cosa le ha risposto?
«Che la Adl non assegna questo premio a nome degli ebrei italiani, non ci compete, ma per riconoscere la fedeltà agli Usa di Berlusconi, democraticamente eletto e quindi portavoce del Paese, premiato insieme a lui. Comunque non ho mai detto che lo ricompensiamo perché ha appoggiato Bush in Iraq, come lei ha detto al Times . Tullia parla come una donna di sinistra. Ne ha il diritto, beninteso: tutto in Italia è politico. Ma le cose che mi ha detto su Berlusconi le sento quotidianamente in America su Bush e le ignoro: premierei il presidente americano domani, se potessi».
Non teme di offendere gli ebrei italiani?
«Nient’affatto. Quando chiamai Amos Luzzatto, non per chiedergli il suo permesso ma per informarlo del premio ed invitarlo, lui non mi ha detto "non darglielo". Si è solo scusato perché precedenti impegni in Israele gli avrebbero impedito di essere presente. Vede: è molto più facile parlare quando non si hanno cariche ufficiali, come Tullia. Ma oggi è Luzzatto il capo degli ebrei italiani».
Darebbe lo stesso premio a Fini, se un giorno dovesse diventare premier?
«Fini è un uomo ammirevole e coraggioso e in tutte le sue dichiarazioni ha rinnegato il passato fascista. Ma prima di dargli il premio dovrebbe guadagnarselo, con azioni concrete, come ha fatto Berlusconi».
Avete avuto defezioni al gala dopo le frasi del premier su Mussolini?
«No, ci saranno Sharon e Aznar, Kissinger, Murdoch... Nessuno ha chiamato per disdire. Se poi qualche rappresentante della comunità ebraica italiana è insoddisfatto e resterà a casa non possiamo farci nulla».
È vero che l’elettorato ebraico si sta spostando a destra?
«Sì. La sinistra europea ha pregiudizi anti-Israele spesso al limite dell’antisemitismo, ed è anti-americana. Questo spiega perché molti ebrei hanno votato a destra soprattutto negli ultimi tre anni di Intifada, col continuo rifiuto della sinistra di condannare i kamikaze palestinesi. Gli unici che hanno avuto il coraggio di parlare sono i governi di destra e centrodestra. Purtroppo».
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