Marina Morpurgo
plauso
Testata:
Data: 21/03/2002
Pagina: 1
Autore: Marina Morpurgo
Titolo: Perché con voi sto male



Ci associamo volentieri a Paolo Mieli (vedere l'altro Plauso a... di oggi 21-3-2002) nel fare un Plauso a... Marina Morpurgo e, non di meno, a Enrico Deaglio che, con la sua lettera, ha aperto l'ultimo numero di Diario.





Diario della Guerra Mediorientale

Perché con voi sto male
Lettera ai manifestanti di Roma
di Marina Morpurgo

Cari partecipanti alla manifestazione per la pace in Medio Oriente (Roma, sabato 9 marzo), vorrei spiegarvi i motivi per i quali non c'ero, i motivi per i quali avrei voluto e potuto esserci, e per i quali alla fine sono stata contenta di non esserci stata. Sono ebrea, e mi sono sempre sentita vicina ai partiti della sinistra, o più precisamente a uno di essi. Credo che i palestinesi debbano avere un loro Stato, penso che Sharon e peggio ancora di lui, individui come il ministro Avigdor Lieberman siano orrendi, politicamente e umanamente parlando. Penso che Israele dovrebbe ritirarsi entro i confini del 1967, e che i 200 mila coloni miei correligionari quelli che hanno deciso di sistemarsi nel West Bank o a Gaza dovrebbero essere riportati al di qua della Linea verde, con le buone o anche con le cattive maniere.
Oppure lasciati al loro destino, come ha spiegato nei giorni scorsi con poco garbo ma con estrema efficacia il professor Martin van Creveld, storico militare israeliano: «Io direi loro: signori e signore, tra sei mesi noi costruiremo un muro e ce ne andremo da qui. Diremo ai coloni, come fa un comandante quando deve far saltare un ponte, pur sapendo che una parte delle sue forze si trova dall'altra parte: "La storia è finita, se volete vi aiuteremo ad andarvene; se non volete restate pure qui con i palestinesi e continuate ad ammazzarvi l'un l'altro. Noi siamo fuori". Visto che la penso così, dovrei trovarmi molto bene a sfilare con voi.
Purtroppo non è così. Me ne resto a casa, per evitare tremendi mal di pancia.
Fosse un problema solo mio, sarebbe irrilevante: ma disgraziatamente è un problema diffuso, e che provoca gravi danni penso alla causa della pace.
Mi fate venire il mal di pancia perché in manifestazioni come quella di sabato scorso capita abbastanza spesso, a noi ebrei pacifisti e di sinistra, di vedere cose che non si vorrebbero vedere, e sentire cose che non si vorrebbero sentire. Mi turbo molto quando nel corteo vedo bruciare la bandiera con la stella di Davide, per motivi che spiegherò più avanti.
Se proprio vi va di bruciare qualcosa è comunque un gesto di violenza che trovo incongruo per chi chiede il ritorno della pace preferirei che vi esercitaste con un ritratto di Sharon.
Mi turbo ancora di più quando sento gridare come si è sentito sabato, e mi dicono che a gridare fossero in moltissimi: «Palestina, vogliamo tutto, lo Stato d'Israele deve essere distrutto». Non mi turba, ma non sono d'accordo, quando leggo uno slogan come questo: «Sì all'intifada, no all'occupazione, sì alla pace». Troverei più ragionevole, e con me la pensano molti altri: «No all'intifada, no all'occupazione, sì alla pace». Non sono con voi, dunque, anche se abbiamo molti obiettivi politici in comune, proprio perché alcuni dei vostri pensieri, a volte espressi, a volte sottintesi, sono per me inaccettabili. Io voglio che Israele esista (come voglio che esista una Palestina indipendente e democratica). Per motivi politici e umani, e perfino per motivi infantili, nel senso che Israele è la mia cameretta mentale, il mio rifugio atomico. Ogni tanto, molto raramente, mi piace poter pensare «Sapete che vi dico? Che non ne posso più di sentire cose sgradevoli! Me ne vado in Israele». Alcune volte l'ho desiderato intensamente, come quando una ragazza, una giornalista, sicuramente democratica, sicuramente di sinistra, commentò così la morte di Leon Klinghoffer: «Be', un ebreo di meno sulla faccia della terra». Eravamo nella sede dell'Unità, ci fu un attimo di gelo, qualcuno venne in mio soccorso, perché il senso di tradimento era stato tale da ammutolirmi. Con le manifestazioni a senso unico, con il negare che l'antisionismo possa in alcuni casi pochi, ma sufficienti a far danni avere un retroterra molto meno degno, voi sottraete alla pace molte forze.
Sento spesso, di questi tempi, parlare di silenzio della Diaspora, e specialmente della Diaspora italiana. Il silenzio è solo apparente. Noi per la verità parliamo tantissimo, ci scambiamo lettere disperate, firmiamo appelli, proponiamo appelli, litighiamo ferocemente tra noi, e ci chiediamo che fare perché cessi questo massacro insensato. E scenderemmo in piazza, e grideremmo anche, ma abbiamo paura dei mal di pancia che a volte ci fate venire. E soprattutto sentiamo che il terreno viene a mancarci sotto i piedi, tutti gli sforzi che facciamo sono, alla fine, vani. Se vogliamo muoverci, dobbiamo farlo da soli, non possiamo farlo con voi e questo è un peccato, se davvero vogliamo tutti la stessa cosa.
Il nostro ruolo è importante. Non perché contiamo chissà che. Però ognuno di noi ha parenti e amici in Israele, dove ormai dilagano il terrore, lo scoramento, l'odio. Noi, che siamo lontani, possiamo permetterci di essere razionali, e di tenere lontani da noi i sentimenti di vendetta. Cerchiamo di far sì che loro non si sentano soli, premessa necessaria per trovare il coraggio di scommettere sulla pace.
Il momento è cruciale, e non ci si può permettere di sbagliare. Israele sta scendendo in piazza, nel bene e nel male. Nel male ci sono i raduni della destra, che vorrebbe azioni militari ancora più dure. Nel bene c'è un pullulare di attività e di raduni pacifisti, che stanno risvegliano i laburisti dallo stato di catalessi nel quale erano sprofondati, e ai quali aderiscono anche religiosi, anche gente che non si riconosce nella sinistra.
Nascono nuovi movimenti, l'ultimo nato si chiama Settimo giorno e propugna il ritiro dai Territori. Ci sono movimenti di madri e di soldati, perfino su alcuni giornali della destra moderata si elogia il dissenso, e si invita il Paese a non accettare supinamente la visione e le previsioni capziose dei militari.

PAROLE RAGIONEVOLI. Ogni parola ragionevole oggi non è sprecata. Non segateci le gambe, dunque, e non permettete che chi non vuole la pace abbia buon gioco, dicendo che la maggior parte di voi parla in nome dei palestinesi, e non di un riavvio di quel che si è spezzato a Taba. Non lasciate che pensino che li vedreste finire tutti in mare senza batter ciglio.
Continuate a criticare Israele, anche duramente, perché è giusto che lo facciate ma aprite gli occhi, per il bene di tutti, e denunciate il male ovunque esso si manifesti. Noi, che non siamo sotto le bombe, che non abbiamo un esercito occupante in casa, che non dobbiamo guardarci intorno nei caffè, abbiamo il dovere di restare lucidi e di non cedere alla suggestione di schierarci. Quello che chiediamo, ogni tanto, è il beneficio del dubbio. Di non vedere il Medio Oriente in bianco e nero, con eroi e criminali. Di scandalizzarvi con noi se in una conferenza dell'Onu i delegati ricevono in omaggio i Protocolli dei Savi di Sion. Di capire che di bugie se ne sono dette tante, e non da una parte sola. Allora, sicuramente, torneremo a lavorare e magari a sfilare insieme.

Invitiamo i lettori di informazionecorretta.com a mandare lettere di complimenti alla redazione del Corriere della Sera per la lettera di Marina Morpurgo. Cliccando sul link sottostante si aprirà una mail pronta per essere compilata e spedita.
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