Ennio Caretto
plauso
Testata: Corriere della Sera
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Autore: Ennio Caretto
Titolo: Questo sangue è tutta colpa di Clinton e Arafat


DAL NOSTRO CORRISPONDENTE
WASHINGTON - Richard Perle, sottosegretario alla Difesa all’epoca di Reagan, è oggi consigliere del vicepresidente Richard Cheney e del capo del Pentagono Donald Rumsfeld.
Il vostro mediatore Anthony Zinni è in partenza per Israele, Cheney ieri era in Giordania. Che obiettivo hanno?
«Il cessate il fuoco tra israeliani e palestinesi. E’ l’unico obiettivo che oggi si possa raggiungere. Le trattative di pace sono impossibili, inutile illuderci. Ma gli europei ci devono aiutare subito».
In che modo?
«Minacciando i palestinesi di togliere loro gli aiuti economici se non depongono le armi. Sono i palestinesi a volere il bagno di sangue perché li avvantaggia politicamente. Ma, senza l’appoggio europeo, Arafat varrebbe zero.
C’è chi dice che il presidente Clinton contribuì alla crisi con i negoziati di Camp David un anno e mezzo fa.
«Sono d’accordo. Voleva passare alla storia come il pacificatore del Medio Oriente e creò aspettative eccessive in Arafat. Quando si accorse che non erano concrete, Arafat si tirò indietro, e fu guerra».
Però c’è anche chi accusa il presidente Bush di silurare i progetti di pace con il suo confronto con l’Iraq.
«E’ tutto il contrario. Se rovesciassimo Saddam, gli iracheni ballerebbero nelle strade, i Paesi arabi moderati tirerebbero un respiro di sollievo e la nostra influenza in Medio Oriente e nel Golfo Persico aumenterebbe a dismisura. Allora sì che potremmo imporre la pace agli israeliani e ai palestinesi».
Ma l’Europa e la maggioranza dei Paesi arabi sono contrari a una seconda Guerra del Golfo.
«Non ha molta importanza. La guerra non sarebbe il bis di quella del ’91. Militarmente, l’Iraq è molto più debole di allora, e il raís è molto più vulnerabile.
Lei è sempre più critico dell’Europa. Perché?
«Perché si è dimenticata dell’aiuto che le abbiamo dato durante la Guerra fredda, quando aveva il pericolo sovietico sull’uscio di casa. Adesso noi abbiamo il pericolo terrorista alla porta, un pericolo globale, ma non ci appoggia come dovrebbe. Eppure farlo è anche nel suo interesse».


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