Tuvia Tenenbom è nato a Bnei Braq, in Israele in una famiglia haredi. Destinato alla carriera rabbinica ed educato all’opposizione a Israele, scopre da giovane la letteratura non religiosa. Lascia Israele e si trasferisce negli Stati Uniti, dove studia matematica, informatica, drammaturgia e letteratura. Ha fondato il Jewish Theater of New York, iniziando un nuovo stile di arte politica. Scrive per il giornale tedesco “die Zeit”.
Il libro “Ho dormito nella stanza di Hitler”, uscito in Italia con Bollati Boringhieri, che in inglese è diventato un best-seller, è l’analisi della società tedesca contemporanea, raccontando come l’antisemitismo sia ancora vivo e profondo.
Dopo il successo del progetto, gli è stato chiesto di intraprendere un viaggio in Israele, dove non viveva da 33 anni, e in Palestina. Incontra politici, attivisti, gente comune, religiosi, laici, destrorsi e sinistrorsi. Del suo viaggio scrive il libro “Becca l’ebreo!” - in ebraico, “Tfos et ha-yehudi!” Un diario di viaggio e un’analisi delle due società israeliana e palestinese. Una serie di interviste e di atti teatrali. I capitoli brevi, dedicati a ogni incontro, introducono vagamente agli antefatti, alzando il sipario su ogni breve scena. I micro-drammi raccontano della variegata società israeliana, dell’oppressiva società palestinese, con una voce narrante che ogni tanto racconta del cibo, dei profumi, dei gatti di Gerusalemme, della vita in Palestina, dei checkpoint e spesso con sarcasmo fa calare il sipario prima di un altro atto.
Il vero dramma sono gli europei che accecati dalla missione di portare pace e amore, ricoprono di soldi le ONG, il cui lavoro, dice Tuvia è uno solo: “beccare l’ebreo” cattivo. I checkpoint si attraversano in pochi minuti, nessuna estenuante attesa, come si crede. L’Unione Europea ha finanziato la ricostruzione di un hamam in città vecchia a Gerusalemme, credendo di preservare la cultura palestinese. Un gruppo di giovani italiani visita lo Yad Vashem guidati da un attivista israeliano che da dentro il Memoriale dell’Olocausto fa propaganda per il boicottaggio di Israele.
Ho incontrato Tuvia a Gerusalemme con la moglie Isi che parla un ottimo italiano, in un bell’appartamento nel quartiere Nahlaot. Tra un caffè, una sigaretta, frutta secca e biscotti, Tuvia racconta i volti e le parole di chi ha incontrato, per spiegare che l’insensato appoggio compulsivo e incondizionato ai palestinesi ha il sapore dell’antica ossessione antigiudaica che spinge gli europei a fingere di amare gli ebrei; un amore così profondo che li trasporta a fare qualsiasi cosa contro Israrele. E dunque, in nome dei diritti umani, “Becca l’ebreo!”
Ha passato molto tempo in Germania e in Israele, intervistando e conoscendo molte persone. Che idea ha di ciò che gli europei pensano riguardo Israele e gli ebrei? Non credo nelle opinioni, solo nei fatti. Prima di incominciare il progetto sulla Germania, da cui ho poi scritto il mio libro “Ho dormito nella camera di Hitler”, avevo ottime opinioni della Germania. Se mi avessero detto che i tedeschi erano tutti nazisti, mi sarei messo a ridere. Allora pensavo che i tedeschi fossero tutti buoni, belli e molto moderni. Durante il mio soggiorno in Germania ho intervistato e parlato a molte persone in tutto il Paese, cercando di dare andare a fondo nella loro società. È così che mi sono trovato di fronte a dei profondi e radicati sentimenti antisemiti. Molti dei tedeschi che ho incontrato non si rendono nemmeno conto che sono antisemiti. Tutto quel che dicono è: gli ebrei controllano il denaro nel mondo; la crisi finanziaria è stata creata da un gruppo di ebrei; e gli israeliani (non chiamiamoli ebrei, per carità!) si alzano il mattino e uccidono gli arabi.
La Germania ha relazioni speciali con gli ebrei e con Israele, per ragioni storiche. Non è strano che proprio la Germania abbia dei sentimenti antisemiti molto radicati? Le “speciali relazioni” sono finte. I tedeschi costruiscono scuole ebraiche, ma la maggior parte degli allievi non sono nemmeno ebrei; costruiscono centri ebraici, la maggior parte dei quali rimane vuota – come quello che hanno costruito a Monaco che è costato 70 milioni di EURO e che è frequentato da 10 ebrei, o il tempio a Colonia, frequentato da un ebreo, peraltro polacco. È tutta una facciata.
Qual è la realtà? Ho trovato diversi club di neo-nazisti, come per esempio il Club 88 – che sta per “Heil Hitler”, la “h” è l’ottava lettera dell’alfabeto – nel nord della Germania, dove ho passato del tempo. Il gestore mi ha detto che il miglior modo per risolvere pgni problema è uccidere gli ebrei. La Germania non sembra nemmeno interessata a far rispettare la propria legge, che prevede fino a 5 anni di reclusione per negazionismo della Shoah: se la legge fosse rispettata club come questo non esisterebbero. Dopo che il mio libro è stato pubblicato, crede che le autorità tedesche abbiano preso provvedimenti e chiuso il bar? No.
Come hanno reagito i tedeschi al Suo libro? Il primo editore voleva che cambiassi tutte le espressioni antisemite, sostituendo la parola “ebrei” con “israeliani” (“odio gli israeliani” invece che gli ebrei, per esempio) e che eliminassi ogni riferimento ai neo-nazisti. Ho risposto che un tale tipo di censura me la aspetterei da un editore iraniano sotto il regime degli ayatollah, non da un tedesco. Così mi sono sentito dare dello “ebreo isterico”, che è di per sé un’uscita antisemita. Prima che il libro fosse pubblicato con un altro editore, è uscito un articolo sul Süddeutsche Zeitung in cui sono stato chiamato “der Jude Tenenbom”, l’ebreo Tenenbom. Questo tipo di lingua era in uso nel Terzo Reich, non ci si aspetterebbe di sentire simili espressioni oggi, e soprattutto non da una testata che predica di continuo la tutela “dei diritti umani” a Israele.
Ci sono segnali di cambiamento? Ci sono tedeschi che dimostrano di voler apprendere dal passato e si allontanano dall’antisemitismo, ma purtroppo sono la minoranza.
E dopo ha incominciato a lavorare sul progetto in Israele? Dopo il progetto in Germania mi hanno chiesto di venire in Israele. Sono venuto con mia moglie l’anno scorso, verso l’inizio di luglio. Questa è la terra dove sono nato, e che ho lasciato 33 anni fa. Durante questi anni sono tornato poche volte e per brevi visite.
Quando ha incominciato a lavorare a questo progetto aveva delle visioni politiche particolari? Non ho nessun tipo di affiliazione partitica o ideologica. Non voto nemmeno alle elezioni perché esprimere una preferenza politica intaccherebbe la mia obiettività. Non sposo nessuna causa. Dal mio punto di vista, tutte le cause esprimono un pensiero; alcune possono essere vere, altre fallaci, altre ancora più oneste. E non vedo nemmeno tutta questa differenza tra i politici.
Quali sono state le sue prime impressioni? Sono venuto qui e mi sono reso conto che non è il Paese che conoscevo. Anni fa incontravo turisti europei a Elat, dove andavano ad abbronzarsi in spiaggia. Ora è diverso; i turisti che incontri sono attivisti, che vengono qui per lavorare con una ONG e il loro lavoro consiste nel “beccare l’ebreo che fa qualcosa di male”.
Sono attivisti che lavorano per i palestinesi? Dicono di essere impegnati nella causa palestinese, ma a stento sanno come scrivere “Palestina”. È ridicolo. Si definiscono attivisti dei diritti umani che lavorano per ONG fortemente anti-israeliane. Sostengono si lavorare per la pace e l’amore, ma in realtà diffondono odio e vivono di guerre. Per esempio dicono ai palestinesi di non comprare dagli ebrei per proteggere gli interessi del loro popolo… non ha nemmeno senso.
Sono coscienti di essere anti-israeliani o sono impegnati in una causa che nemmeno comprendono appieno? Entrambe le cose. Una giovane tedesca mi ha detto: “Sono qui perché stavo male per quello che hanno fatto agli ebrei e me ne sono innamorata”, ma era a Nablus per “aiutare i bambini palestinesi”. Qual è la logica in tutto ciò? Com’è che sei finita a Nablus dopo aver detto che ami gli ebrei per quello che i tuoi nonni gli hanno fatto? Ma se chiedi ai tedeschi spiegazioni su quello che dicono o fanno ti guardano sbalorditi e ti dicono: “Perché mi fai questa domanda? Sei di destra? Se un sionista?” Con loro non si può fare una conversazione che segua un filo logico.
Conoscono gli ebrei? Non hanno la minima idea di chi siano gli ebrei. Un esempio: un’altra giovane ragazza tedesca, un’altra amante degli ebrei, è venuta in Israele e abita a Bet Hanina (un quartiere arabo): ovviamente non si è mica innamorata di un ebreo. Lavora per una fondazione tedesca che da statuto ha lo scopo di insegnare agli ebrei l’idea di democrazia. Ha senso tutto questo? In sostanza è come dire: “Amo gli ebrei così tanto che voglio stare coi palestinesi”. Non ha senso.
E quali sono le ragioni? Non credo che l’essere umano medio possa comprenderne le ragioni, e sono convinto che nemmeno chi pratica quest’idiozia sia in grado di capire. L’odio per gli ebrei è radicato così profondamente che la mente sola non può comprendere il fenomeno. È una capacità incredibile della mente umana, un meccanismo psicologico incredibile. L’altro giorno ero in Giordania, per una conferenza organizzata da una fondazione tedesca, e c’erano molti bei poster sulla pace. I giordani, ci creda o meno, sono gli unici che capiscono veramente i tedeschi: per loro, i tedeschi stanno lavorando strenuamente per “finire il lavoro” che hanno iniziato nella Seconda Guerra mondiale.
D’altra parte però queste organizzazioni sostengono di amare la cultura palestinese e la Palestina, anche se non la conoscono veramente. È così. Lo stesso discorso si può fare per gli attivisti israeliani di estrema sinistra e le loro numerose ONG: riescono a vedere solo del male nella società israeliana e solo del bene della società araba. Questi israeliani ebrei ti possono dire che amano la cultura palestinese e che non possono nemmeno pensare che un giorno ci saranno due stati, con gli arabi da una parte e gli ebrei dall’altra, perché non ci saranno più palestinesi con loro.
Qual è il loro legame con la cultura palestinese? Quando gli chiedi se parlano arabo, la risposta è “no”. Allora gli chiedi se hanno studiato il Corano, e la risposta è “perché dovrei?”… Ossia, qualsiasi cosa si intenda per cultura – lingua o tradizioni – è chiaro che questi israeliani non sanno nulla sui palestinesi. Allora cos’è la cultura palestinese che tanto amano? E i palestinesi se ne rendono conto.
E i palestinesi, cosa ne pensano? I palestinesi credono che queste persone non abbiano rispetto per loro: se ne avessero, parlerebbero almeno un po’ di arabo. I palestinesi considerano gli israeliani di sinistra non come persone che hanno a cuore gli arabi, ma come ebrei che usano gli arabi per la loro lotta contro altri ebrei, di destra. Se chiede a me, io do ragione ai palestinesi.
E i giovani attivisti europei? Per la maggior parte sono giovani che vengono qui, generosamente finanziati dall’Unione Europea. Per esempio, c’è la ONG italiana “Casa per la Pace”: con ampi finanziamenti europei, questa associazione porta qui giovani italiani per vedere Israele e la Palestina e per capire il conflitto. Davvero molto bello. Il fatto è che selezionano i loro ebrei.
Ebrei che la pensano come loro? Uno di questi è un uomo che si chiama Itamar Shapira. Mi sono unito al gruppo di italiani guidati da Itamar. Come prima cosa si è presentato come un “ex ebreo” e li ha portati in giro a vedere quanto cattivi siano gli ebrei. Per esempio li ha guidati allo Yad Vashem, dove gli ha detto che quello che vedevano corrisponde alla versione della storia secondo gli ebrei, per poi raccontare la “verità”: secondo lui, gli ebrei sono venuti qui dopo la Seconda Guerra Mondiale e hanno massacrato i palestinesi. Ha anche detto che Theodor Herzl è morto di una malattia venerea. In breve, ha fatto tutto il possibile per ridicolizzare gli ebrei, poi ha sostenuto il BDS (boicottaggio, disinvesitimento e sanzioni) contro Israele. E tutto questo è avvenuto dentro il Memoriale dell’Olocausto in Israele! Quest’uomo odia la sua gente e vuole levarsi di dosso ogni residuo ebraico, che percepisce come un’onta, mentre l’UE è felice di dargli una mano.
E in Palestina? Una volta finito con gli ebrei, dove vanno questi giovani italiani? A Nablus! E non pensi che lì sentano un palestinese che gli racconti di come sono cattivi gli arabi…
Ha detto che i palestinesi si sentono usati dalla sinistra estrema israeliana. Pensa che sia lo stesso per gli europei, o ne sono consapevoli? Sono gli europei a sborsare i soldi, non gli israeliani. Se va a Hebron, può vedere come i Membri dell’Unione Europea costruiscono case per i palestinesi. Lo può vedere scritto sui muri di grandi, belle case private, generosamente costruite coi soldi della Catalogna, della Svezia, o di altri stati. Ho fatto visita a una famiglia palestinese che vive in una casa costruita dalla Catalogna. Un posto splendido! La donna che mi ha accolto mi ha detto che i suoi figli studiano in Germania, gratis ovviamente. Gli europei sono matti! Stanno spendendo il loro denaro per instillare l’odio verso gli ebrei nel cuore di palestinesi, e a che prezzo non importa!
Una volta di ritorno, questi europei costruiscono l’immagine dei poveri e oppressi palestinesi. Certo, è quel che capita. Gli ebrei come Itamar lavorano proprio perché questo avvenga. Hebron è un buon esempio. Quando gli europei girano per Hebron, con le guide pagate dall’UE, vedono solo negozi sbarrati e strade vuote. Ma è solo il 3% dell’intera città! Non li portano mai a visitare il resto di Hebron, il 97% della città, dove gli ebrei non possono vivere e nemmeno metter piede. Se ci andassero vedrebbero migliaia e migilaia di palestinesi che vivono in una delle più grandi città del Medio Oriente; una città vivace, piena di persone, grandi negozi, e meravigliosi ristoranti. In realtà Hebron è una delle città più ricche della regione!
Accusano Israele della situazione? Ovviamente. Sanno quel che sta succedendo ma non fanno nulla per cambiare. Si stanno suicidando e nessuno se ne rende conto.
È accusato di essere un “sionista”? Ho partecipato a tre dibattiti pubblici, uno alla radio “Reshet Bet”, uno al canale televisivo “Arutz 10” e uno al canale della Knesset. In queste tre occasioni il direttore di Peace Now-Shalom Akhshav, Yariv Oppenheimer, ha partecipato al dibattito. Mi ha detto che quello che ho scritto non è un libro, bensì un pamphlet di propaganda; ma quando gli ho chiesto se avesse letto il libro ha detto che non lo avrebbe mai letto. Non ha nemmeno voluto toccarlo… Come si può dire qualcosa di un libro di cui non hai nemmeno letto una riga? Se sei di Peace Now forse puoi…
È un rancore personale? È una questione personale, ed è molto più complicata di quello che gli inglesi dicono “non infastidirmi con i fatti, ho già le miei opinioni”. Si tratta credo di una situazione che si può descrivere con “non tentare nemmeno di avvicinarti con i fatti”. Yariv non mi ha nemmeno stretto la mano… anche se sono certo darebbe la mano a qualsiasi leader di Hamas.
È stato attaccato e minacciato per il suo libro? Una scrittrice e politica israeliana della lista Meretz nelle ultima elezioni, ha scritto sulla sua pagina facebook che sarebbe ora di farmi fuori e ha anche suggerito come potermi uccidere e cosa fare poi del mio corpo. Il suo partito, tra l’altro, non si è nemmeno espresso sulle parole della propria candidata.
La accusano di disonestà perché ha fatto credere di essere un giornalista tedesco. Ebbene, mi rincresce, ma io sono un giornalista tedesco: scrivo per un giornale tedesco. Detto tra noi, non mi dispiacerebbe essere un giornalista inglese…
Davvero le piacerebbe? Se il Guardian mi offrisse un posto di lavoro, io lo accetterei di sicuro! Ma sono un giornalista tedesco. Durante il mio viaggio mi presentavo come Toby, che è un’abbreviazione di Tobias, ossia la versione tedesca del mio nome “Tuvia”. Semplicemente non ho detto che sono ebreo. E perché avrei dovuto? Ha mai sentito di un giornalista che si presenta così: “Salve! Sono Johannes; vado in chiesa ogni domenica; sono un battista e credo in Gesù… vorrei intervistarla”.
Dicono che ha dato un’altra immagine di sé. Non ho fatto nulla di illegale, né contro l’etica professionale. Forse gli attivisti dei diritti umani faranno una proposta di legge per cui bisogna dichiarare la propria identità ebraica quando ci si presenta, in modo che sia illegale non dire che sei ebreo…
Parliamo dei palestinesi. È stato nei Territori Palestinesi; ha parlato a palestinesi di ogni estrazione sociale e di ogni confessione. Ha anche incontrato Hanan Ashrawi, l’attivista palestinese cristiana, che nega che i cristiani siano perseguitati in Palestina, perché? Si definisce cristiana, anche se non capisco cosa significhi per lei, perché non crede in Gesù, come mi ha fatto capire chiaramente. L’ho incontrata durante il Ramadan. Quando stavo andando a incontrarla, mi hanno urlato per la strada dicendomi di non fumare. Gliel’ho fatto presente al nostro incontro, ed è sembrata sorpresa. Nega che i cristiani soffrano sotto il regime palestinese perché non arreca alcun beneficio alla causa. In realtà non ci sono quasi più cristiani a Ramallah o a Betlemme, che dovrebbe essere in teoria una città cristiana.
Ma non si può negare l’evidenza che i cristiani se ne sono andati. Ciò che i palestinesi dicono è che agenti segreti israeliani travestiti da musulmani hanno ucciso dei cristiani, o che gli israeliani hanno diffuso delle dicerie secondo cui i musulmani avrebbero ucciso i cristiani, ed è per questo che se ne sono andati. Non negano l’evidenza, ma si inventano delle teorie per accusare gli israeliani. E come sempre c’è un ebreo di mezzo, sotto mentite spoglie, a causare il danno. Ma il bello è che lo dicono proprio a me!
I palestinesi cristiani dicono lo stesso? Questa o quella storia. I palestinesi cristiani sono ancora più anti-israeliani dei musulmani, ed è conseguenza di 2000 anni di anti-giudaismo, da quando, cioè, gli ebrei hanno “ucciso Gesù”. In Europa ho incontrato atei che non credono in Gesù, ma che sono tuttavia convinti che siano stati gli ebrei ad averlo ucciso. Bisogna ammettere che i cristiani palestinesi sono più logici.
I palestinesi che ha incontrato parlano della “occupazione” come di un’entità astratta e soprannaturale. Cos’è questa “occupazione”? Per loro l’occupazione è iniziata nel 1948. La storia secondo loro si è svolta così: vivevamo qui e tutto andava bene. Poi, in quale remoto angolo della fredda Europa, gli europei hanno ucciso gli ebrei e, improvvisamente, gli ebrei sono venuti qui. E quindi si chiedono “perché dovremmo pagare il prezzo dei crimini commessi dagli europei?”
Ha incontrato qualcuno che non sia ideologizzato? Purtroppo no. Sarebbe troppo difficile per loro. I palestinesi non avevano un’identità prima che gli ebrei venissero qui. Non c’era una cultura palestinese. Ma ora sostengono che c’era uno stato palestinese 14.000 anni fa! E dicono proprio così. Pubblicano i loro libri di storia, e questo è quello che imparano. Stanno anche riscrivendo la storia ebraica, e gli europei li finanziano. Prima che gli europei si invischiassero in questo conflitto, cioè prima degli Accordi di Oslo, c’era un’altra realtà: non c’erano checkpoints, barriere, e si poteva andare a Gaza con gli autobus israeliani.
Ora come spiegano gli europei che nonostante tutti i soldi che hanno investito nella pace finora, i palestinesi si sono radicalizzati nelle loro posizioni anti-israeliane, anti-sioniste e anti-ebraiche? Gli europei condividono queste posizioni, anche se non si azzarderebbero a dirlo chiaramente. Dicono ai palestinesi “non fidatevi degli ebrei”. Quando organizzano attività con gli ebrei, stanno attenti a scegliere meticolosamente quegli ebrei che pensano che Israele stia dalla parte sbagliata della storia. Non si interessano dei palestinesi in Giordania, o in Siria. In fondo, anche nei loro Paesi gli europei trattano gli arabi come degli “shmucks” – dei buoni a nulla. In verità, gli europei hanno una pessima opinione degli arabi. Guardi cosa hanno fatto con la Primavera Araba. Questa è la realtà: non avremmo ora lo Stato Islamico se gli europei e gli americani non si fossero intromessi negli affari arabi. E dove sono gli attivisti dei diritti umani? Cosa stanno facendo per i lavoratori stranieri in Qatar, che sono praticamente degli schiavi? Io ci sono stato e ho visto con i miei occhi com’è la situazione. È una vergogna!
Agli europei, quindi, gli arabi piacciono solo perché sono contro gli ebrei? È una storia che va avanti da 2000 anni. I nazisti non si sono svegliati un giorno con i rimorsi per quello che stavano facendo e quindi hanno smesso di uccidere gli ebrei. Hanno smesso semplicemente perché hanno perso la guerra. La storia europea è piena di sangue, ed è difficile guardarsi allo specchio e vedere il proprio odio, il sangue e gli stermini. È molto meglio distogliere lo sguardo e fissare l’ebreo, quello col naso grande. Il problema è che gli ebrei non rispondono. Ancora peggio, alcuni ebrei si sono ormai convinti che le cose stanno proprio così e odiano il proprio popolo.
L’antisemitismo islamico è anche parte del problema? C’è un antisemitismo islamico, ma quando se ne parla tutto si basa su un errore di fondo, che rispecchia le convinzioni politiche di destra. C’è antisemitismo nel mondo islamico? Sì. Chi lo promuove? Gli europei. È la letteratura antisemita europea che circola nel mondo islamico. Nella tradizione islamica, ebrei e cristiani sono egualmente infedeli. Ma non è antisemitismo, che è invece l’ossessivo odio verso un solo popolo, come da tradizione europea. Le radici dell’antisemitismo islamico sono nell’antisemitismo cristiano.
Qual è la sua opinione a riguardo? Bisognerebbe smetterla di pensare ai musulmani e cominciare invece a guardare agli europei, a quello che insegnano nelle università, a quello che fanno le élite in Europa, a quel che predicano. E magari farla finita, per sempre, con la grande bugia delle ONG. Bisogna liberare l’umanità da questa malattia. Consideri quel che fanno gli attivisti: non sono attivisti dei diritti umani, ma attivisti per i diritti di odiare gli ebrei!