I cristiani in Israele costituiscono il 2% della popolazione, 161.000 persone secondo le ultime stime, di cui l'80% è identificato con la minoranza araba e il 20% originario dell'ex-Unione Sovietica.
La comunità cristiana ha una percentuale di crescita dell'1,7, pari a quella della comunità ebraica, con il 30% sotto i 20 anni di età.
I cristiani vivono principalmente nel Nord di Israele e a Gerusalemme, con grandi comunità a Haifa, Nazareth e altri villaggi.
I cristiani hanno il più alto numero di diplomati alle scuole superiori, un alto numero di laureati, costituendo circa il 2% degli studenti universitari in Israele.
Ci sono diverse denominazioni cristiane riconociute dallo Stato, che godono di autonomia culturale nella gestione degli affari interni alla comunità. La maggioranza dei cristiani è maronita, assira, greco-ortodossa e cattolica romana.
Integrazione e tensioni
Parte della popolazione cristiana si è integrata nella società israeliana, con un numero sempre maggiore di ragazzi che si arruolano nell'esercito e che fanno il servizio civile, quale segno di lealtà verso lo Stato.
Un'altra parte della popolazione cristiana ha fatto propria l'identità e la narrativa palestinese, con una crescente ostilità verso Israele e le istituzioni statali.
I maggiori problemi sono causati dalle tensioni tra le comunità islamica e cristiana. A Gerusalemme la popolazione cristiana è diminuita al 2% dal 20% negli anni '40.
Nazareth. Un cartello riporta una citazione dal Corano sulla superiorità dell'Islam sulle altre religioni.
Le relazioni tra musulmani e cristiani sono tese soprattutto nei villaggi misti e a Nazareth,da dove sempre più cristiani se ne stanno andando preferendo stabilirsi in ambienti più accoglienti in villaggi cristiani o cittadine ebraiche.
Nazareth. Un cartello che invita i non-musulmani ha portare con modestia segni di religioni diverse.
Un caso recente è il progetto musulmano di costruire una moschea a Nazareth proprio di fronte alla Chiesa dell'Annunciazione. Altri casi di violenza contro i cristiani sono frequenti a Gerusalemme e in altri villaggi a maggioranza musulmana, benché scarsa sia l'attenzione mediatica.
L'unione tra cristiani e Israele Padre Gabriel Nadaf con Benyamin Netanyahu
Nel 2012, un gruppo di cristiani sotto la guida spirituale di padre Gabriel Nadaf, pope greco-ortodosso, e la guida politica del Primo Tenente Shadi Khalloul, ha fondato il Forum Cristiano di Israele per l'Arruolamento e la Lobby Cristiana.
Il Forum favorisce l'arruolamento dei giovani cristiani nell'esercito israeliano come parte di un'azione politica di maggiore coesione tra la comunità cristiana e Israele.
I membri di questo movimento non si considerano arabi, ma cristiani aramei o cristiani greci, rappresentanti della popolazione cristiana precedente alla conquista islamica.
Un numero maggiore di cristiani serve nelle Forze di Difesa Israeliane. Secondo stime non ufficiali 300 soldati cristiani stanno prestando servizio nell'esercito israeliano, di cui 80 arruolatisi nel 2013.
Primo tenente Shadi Khalloul, in un corso di aramaico in una scuola cristiana.
Il movimento richiede il riconoscimento dei cristiani come comunità separata per la rappresentanza nelle istituzioni israeliane, altrimenti relegata a status di minoranza interna alla comunità araba prevalentemente musulmana. Nel marzo 2014 la Knesset ha riconosciuto i cristiani come comunità indipendente nella Commissione per le Pari Opportunità.
Le visioni politiche e sociali del movimento sono osteggiate dagli arabi musulmani e in parte anche dai cristiani, che muovono accuse di collaborazione con il governo israeliano per dividere il pubblico arabo, con episodi di violenza fisica e verbale.
Cristiani in Medio Oriente
I cristiani in Israele rappresentano un caso unico di prosperità tra le comunità in declino del Medio Oriente, dove i cristiani costituivano il 20% e sono ora ridotti al 5%.
la manifestazione organizzata dai cristiani israeliani contro la persecuzione anti-cristiana il 23 marzo 2014.
Il progressivo declino delle comunità cristiane in Medio Oriente è dovuto a discriminazione, violenza e oppressione, come testimoniano gli eventi recenti in Egitto, Iraq, Cisgiordania e Siria.
I cristiani in Medio Oriente hanno mantenuto una propria identità nazionale e culturale fino al XIX secolo, parlando aramaico ora rivitalizzato nel Nord di Israele. Durante lo sviluppo del nazionalismo arabo e del pan-arabismo verso la fine dell'Impero Ottomano, i cristiani si sono assimilati nella nazione araba, contribuendo allo sviluppo culturale e nazionale.
Il Libano era stato inizialmente progettato come enclave nazionale cristiana in Medio Oriente, ma il fallimento è stato dovuto alla diminuzione di cristiani in fuga dai continui conflitti inter-islamici che mettono in pericolo la sicurezza dei cristiani.
Il ritorno all'identità islamica mette in pericolo le comunità cristiane percepite come nemici da combattere.
23 marzo 2014 manifestazione di cristiani israeliani presso la sede della delegazione dell'Unione Europea a Tel Aviv.
Nonostante le notizie allarmanti sugli episodi di persecuzione anti-cristiana, non c'è una politica delle Chiese e dei governi occidentali riguardo alla questione cristiana nei Paesi arabi e islamici.
Molti autori ritengono che lo status dei cristiani oggi sia comparabile allo status degli ebrei nei Paesi arabi e islamici alla fine del XIX e XX secolo, quando l'odio anti-ebraico ha portato all'espulsione degli ebrei dai Paesi arabi.
Secondo alcune interpretazioni, la violenza anti-cristiana è parte dell'instabilità generale della regione, aggravata dalla percezione dei cristiani come sleali per la loro affinità religiosa con l'Occidente. Secondo altre interpretazioni, la persecuzione anti-cristiana oggi è il ritorno della tradizionale ostilità islamica contro le comunità non-musulmane sotto dominio islamico.
Intervista a Shadi Khalloul Portavoce dello Israel Christian Recruitment Forum (Forum Cristiano Israeliano per l'Arruolamento)
Da alcuni anni si è formato un movimento di cristiani favorevoli all’integrazione nella società israeliana. Chi sono queste comunità? Siamo diversi gruppi di cristiani residenti in vari villaggi, principalmente nel Nord di Israele. Siamo rappresentati da numerose associazioni, tra cui la "Lobby Cristiana in Israele", che si occupa di avanzare gli interessi della comunità cristiana, la "Associazione Aramaica Cristiana", che si occupa di preservare l’identità culturale aramaica dei cristiani in Israele, il "Forum Cristiano per l’Arruolamento", che favorisce il servizio militare dei cristiani nell’esercito israeliano. Ci sono anche la "Associazione Georgios" e la "Associazione Bnei Moshia" (Figli del Salvatore), che si occupano di educazione e attività sociali. Siamo accomunati dalla volontà di vivere integrati nella società israeliana.
Molti di voi fanno l’esercito, perché? Siamo cristiani e cittadini israeliani e crediamo di dover contribuire allo Stato di Israele e alla sua difesa. Crediamo nella parità di diritti e di doveri. Per questo siamo attivi nei vari villaggi per favorire l’arruolamento dei giovani cristiani nell’esercito; organizziamo incontri, diamo informazioni, consigli e seguiamo i bisogni di ogni persona. È il nostro dovere di cittadini di Israele.
Non vi considerate arabi, ma Aramei, perché? Siamo israeliani di cittadinanza, siamo aramei di nazionalità, e cristiani di religione. Questa è la nostra identità. Noi non siamo arabi. I cristiani hanno abbandonato la loro identità quando si è sviluppato il nazionalismo arabo e il pan-arabismo, ma se consideriamo i cristiani oggi, questa scelta non è stata di grande aiuto. In molti pensano che sia inutile, persino tra i cristiani. Che continuino pure a pensarla così, ma devono accettare un fatto: noi non siamo arabi, siamo aramei di nazionalità e cristiani di religione e le nostre radici sono qui, nel Medio Oriente.
Come vedete la vostra vita in Israele? Israele è un paradiso per noi. Israele è il paradiso dei cristiani considerato tutto il Medio Oriente. Basta vedere quel che capita! Qui abbiamo libertà e diritti, godiamo della libertà di espressione, della libertà di associazione, e per questo abbiamo potuto incominciare la nostra attività sociale di cristiani in Israele.
Ma Israele si definisce come Stato ebraico e voi siete una minoranza non-ebraica. Non abbiamo problemi con lo Stato ebraico e democratico. La bandiera ha la stella di David, e allora? La maggioranza dei cittadini è ebraica, e allora? Viviamo in pace con gli ebrei e con le altre comunità. Consideriamo Israele la nostra casa; siamo leali verso lo Stato e vogliamo integrarci.
Come considerate l’atteggiamento dell’Occidente verso le comunità cristiane nel Medio Oriente? Come dovremmo considerare il totale silenzio dell’Europa e degli altri Paesi occidentali? Chiediamo che aprano gli occhi; chiediamo che facciano qualcosa contro la pulizia etnica di cui sono vittime i cristiani che dura da 400 anni! Oggi tutto è ancora più chiaro: i giornali, le televisioni parlano e fanno vedere quanto sta accadendo, ma l’Occidente sta in silenzio. I cristiani sono stati espulsi, massacrati, i loro beni distrutti, quelli che rimangono sono discriminati, temono continue violenze. E il mondo rimane in silenzio. L’Occidente, l’Europa deve fare qualcosa per i cristiani in Iraq e in Siria, prooprio come è accaduto in Libano negli anni ’60. Devono mettere fine al terrorismo islamico e arabo, e poco importa se sunnita o sciita. Devono proteggere i cristiani, imponendo sanzioni, dando rifugio e sicurezza.
Ma come proteggere i cristiani che sono cittadini di diversi stati nel Medio Oriente? C’era il Libano, che è stato pensato proprio come patria dei cristiani. Non per niente a nord del Libano c’è una regione che si chiama Wadi el-Nassara (valle dei cristiani). Potrebbe essere stata la casa nazionale dei cristiani nel Medio Oriente, dove i cristiani possono vivere in pace. Poi c’è la questione delle armi. C’è una guerra qui e tutte le fazioni islamiche, alawiti, sunniti e sciiti, sono armate e ricevono soldi da tutto il mondo islamico; ai cristiani nessuno dà soldi, e quindi vengono sterminati.
Ma l’Europa fa da mediatrice nei conflitti. Ma qui il problema è che anche se i cristiani non sono parte diretta del conflitto, sono presi di mira. Chi difende i cristiani? Nessuno, e così vengono sterminati come pecore. Ed è proprio ora che bisogna agire perché se l'Europa non lo fa ora, quanto sta accadendo qui arriverà anche in ogni angolo del continente.
Ritiene che ci potrà essere un'esportazione della violenza anche in Europa? L’Europa ha già dei problemi con le comunità islamiche. Quando avranno finito con i cristiani qui incominceranno anche in Europa. Arriveranno a uccidere i cristiani anche in Italia, in Francia e in Gran Bretagna, come è già successo al soldato inglese sgozzato per strada a Londra a maggio dell’anno scorso da fanatici islamisti. Abbiamo organizzato una manifestazione il 23 marzo davanti alla sede della Delegazione dell’Unione Europea a Tel Aviv per protestare contro il silenzio degli Stati europei. È stato un grande evento, organizzato assieme a “Im Tirzu”, un’associazione israeliana che opera per il rafforzamento del sionismo e svolge molte attività di integrazione delle minoranze leali allo stato.
Alla Knesset siete stati riconosciuti come gruppo separato nella Commissione per le Pari Opportunità. Ha causato scontri con i parlamentari arabi, perché? Perché sono razzisti. Questo è razzismo verso chi non si considera arabo: secondo gli arabi l’identità araba comprende tutti, anche ebrei e cristiani. Chi si considera di un’altra nazione, non viene accettato. Non è forse un atteggiamento razzista? Questa è la verità. Per questo dico che il razzismo ha origine presso la comunità araba e non presso quella ebraica.
In Israele ci sono varie comunità, perché tanta ostilità contro di voi? Il loro scopo è di usare i cristiani contro Israele, ma se saremo considerati come un gruppo separato, potremo integrarci e non potranno più sfruttare i cristiani per dire all’Occidente che Israele è razzista. Gli arabi non accettano l’esistenza di Israele e accusano Israele di essere uno Stato razzista e discriminatore. La nostra posizione è molto semplice: non siamo arabi, siamo felici di vivere in Israele e di contribuire al nostro Stato, e questo deve essere accettato.
Come sono i rapporti con le altre minoranze arabe? Noi come aramei cristiani stiamo bene con tutti, finché capiranno il nostro diritto di vivere come vogliamo, secondo la nostra identità e con i nostri diritti. In Israele viviamo bene, ma nei villaggi in cui i cristiani sono una minoranza, c’è paura, discriminazione, e un clima di ostilità. Per questo molti cristiani si rivolgono contro di noi, perché hanno paura della nazione araba.
Intende quelli che si ritengono “arabi cristiani”? Sono cristiani assimilazionisti: credono che rinunciando all’identità nazionale aramea e religiosa cristiana potranno vivere in pace con gli arabi. Ma questo non serve. Guardi cosa succede in Siria; nel XIX secolo i cristiani erano in prima linea nello sviluppo del pan-arabismo e del nazionalismo arabo, hanno rinunciato all’aramaico, adottando l’arabo come lingua principale; hanno composto letteratura in arabo, musica araba, sviluppato una cultura araba in tutti i campi. E cosa succede oggi? Che i cristiani non sono più considerati arabi ma infedeli da uccidere ed espellere. Per questo noi crediamo che dobbiamo ritornare alla nostra identità nazionale pre-araba. Per questo insegniamo aramaico nelle scuole, per rafforzare la nostra identità e il nostro posto nel Medio Oriente.
Qualcuno potrebbe dirle che il cristianesimo è una religione di pace. Questo è un posto dove si capisce solo la forza, e per sopravvivere devi essere forte. Il cristianesimo è sì una religione di pace, ma non di arrendevolezza. In questo senso, il principio “dare l’altra guancia” è usato come una scusa! Ci sono altri insegnamenti di Gesù, per cui è chiaro che il cristianesimo è una religione tollerante, ma non è una religione di autodistruzione!
Intervista a Johnny Curi Israeliano Cristiano (la redazione ha scelto un nome di fantasia).
Come si vive da cristiani in Israele? Noi cristiani in Israele conduciamo una vita tranquilla e sicura; viviamo in libertà; possiamo praticare la nostra religione e vivere le nostre tradizioni.
Sembra una situazione diversa da quella che vivono i cristiani in Medio Oriente. La nostra è una vita completamente diversa da quella che vivono i cristiani in altri Paesi della regione, come nei Territori Palestinesi, dove sono soggetti a discriminazione, razzismo e oppressione.
Si dice che la sofferenza dei cristiani sia dovuta all’occupazione israeliana. Se il problema fosse veramente l’occupazione, allora perché i cristiani non se ne sono andati dai Territori quando c’erano gli israeliani? La fuga dei cristiani dai Territori è iniziata nel 2000, con la seconda intifada. In pochi si ricordano di quello che accadeva a Bet Jalla, una zona cristiana tra Gerusalemme e Betlemme: i musulmani entravano nelle case dei cristiani per sparare agli israeliani, rendendo la loro vita impossibile. La realtà è che sotto l’occupazione c’era più libertà.
Ma l’accusa a Israele è che le politiche nei territori siano dirette anche contro i cristiani. Si ricorda dell’episodio della Chiesa della Natività nel 2000? Dei terroristi palestinesi musulmani si sono asserragliati nella Chiesa della Natività a Betlemme, usando il luogo di culto senza alcun rispetto. Hanno fatto di tutto nella Chiesa. I carrarmati israeliani erano fuori. Se avessero veramente voluto, avrebbero potuto fare un assalto; sarebbero potuti entrare, ma non l’hanno fatto per rispetto. Eppure tutto il mondo parlava di “assedio della Chiesa”, e così anche oggi, sempre contro Israele.
Il numero di cristiani israeliani che servono nell’esercito è in aumento, perché volete fare il servizio militare? Noi viviamo qui; siamo cittadini di Israele e il servizio militare è parte del nostro dovere di cittadini. Se vogliamo essere uguali agli altri e pretendiamo eguaglianza perché non il servizio militare? “Chiedi allo Stato se hai da dare qualcosa allo Stato”: vogliamo integrarci e vogliamo che le istituzioni ci ascoltino, quindi dobbiamo essere come tutti e andare all’esercito. Non si può sempre guardare al passato e recriminare per cosa è successo e non è successo. La nostra vita è qui, vogliamo un futuro per i nostri figli e il primo passo è arruolarsi.
Come diffondete il vostro messaggio nella comunità cristiana? Abbiamo delle organizzazioni che incontrano i ragazzi per favorire l’arruolamento e chi decide di fare il servizio militare è accompagnato durante i tre anni di leva e anche dopo. Al Ministero della Sicurezza c’è un responsabile che si occupa proprio dei militari cristiani; se ci sono problemi aiuta a risolverli e soprattutto dopo la leva aiutano i ragazzi a integrarsi, con corsi di formazione, studio o lavoro.
In molti vi oppongono, soprattutto tra la minoranza araba, perché? Alla Knesset ci sono molti parlamentari arabi, anche cristiani. Cosa fanno per noi cristiani? Nulla. Cosa fanno per i cristiani nel medio Oriente? Nulla. Si occupano dei beni del wakf ad Acco (Acri), l’organizzazione musulmana che gestisce beni e servizi per la comunità islamica. Fanno dichiarazioni, rilasciano interviste, ma nulla di concreto. Altri, come noi, sono convinti che l’integrazione nella società israeliana sia l’unica via per avere una vita e un futuro nel nostro Paese.
I cristiani sono considerati come parte della minoranza araba, che è in maggioranza musulmana, quali sono le ripercussioni? I rappresentanti arabi non si curano dei cristiani. C’è una commissione al Ministero dell’Educazione che si occupa dei programmi scolastici delle scuole arabe: tutto riguarda la storia e la cultura islamica e nulla che tratti della nostra storia e cultura cristiana, così chi può di noi manda i figli alle scuole cristiane private. Se avessimo dei rappresentanti nostri, come comunità, potremo avanzare i nostri interessi, mentre così nessuno si cura di noi, perché i musulmani sono sempre la maggioranza. Noi non vogliamo studiare la cultura araba, ma quella nostra, cioè quella aramaica.
Si riferisce sempre alla sua identità di cristiano, non di arabo-cristiano, e ora parla della “cultura aramaica”, perché? Noi non siamo arabi. I cristiani qui sono in gran parte maroniti e greci, non arabi. Le nostre preghiere sono in aramaico e in greco, come possiamo essere arabi? Ci sono cristiani arabi che pregano in arabo, perché quando gli arabi hanno invaso questa regione e poi dopo sotto dominio ottomano, i cristiani sono stati costretti ad abbandonare il proprio credo, la propria identità, a convertirsi o ad accettare di sottomettersi al dominio islamico e pagare una tassa per condurre un’esistenza normale. È la logica della dhimma. I più forti hanno mantenuto la propria identità, che gli arabi hanno tentato in tutti i modi di cancellare. Come si spiega che i nostri libri sacri sono in aramaico e in greco? Perché non siamo arabi.
Quindi la vostra identità è cristiana-aramaica? Certo. Anche in Siria e Iraq i cristiani parlavano aramaico fino a pochi decenni fa e ancora adesso in molti villaggi. C’erano scuole nel nord di Israele in cui si insegnava l’aramaico fino agli anni ’50. Ed ora lo stiamo facendo rinascere, insegnandolo ai nostri figli e introducendolo nella vita quotidiana. Questa è la terra dove Gesù è nato, cresciuto e vissuto e Gesù parlava aramaico. Gesù non era arabo, come ora dicono molti sacerdoti e politici.
Perché molti cristiani allora si definiscono arabi e palestinesi? Lo fanno per paura. Credono che rimanendo in silenzio e non opponendosi all’oppressione araba, le cose non peggioreranno. Ma guardate cosa sta succedendo in Siria. Però preferiscono denunciare Israele. Se c’è tanto razzismo qui, perché allora i cristiani trovano lavoro? Come si spiega che ci sono giudici cristiani? Dov’è qui il razzismo? Certo che c’è razzismo, lo si trova ovunque, ma lo Stato non è razzista.
Eppure è la prima accusa contro lo Stato ebraico, sia da parte palestinese sia da parte araba-israeliana. Il problema è come vengono educati i giovani. Noi siamo stati educati ad accettare la diversità, a rispettare lo Stato e le istituzioni e così educhiamo i nostri figli. In altre culture non è così. Nelle scuole dell’Autorità Palestinese indottrinano i ragazzi a lottare contro il nemico israeliano, a riconquistare “Al-Aqsa”, se questi sono i valori che trasmettono come pretendi che crescano? I miei vicini di casa sono ebrei e i nostri rapporti sono ottimi. I miei figli vanno a una scuola cristiana privata e a casa abbiamo la bandiera di Israele. Crescono con valori di libertà, solidarietà e di rispetto verso tutti, e con la bandiera israeliana appesa in casa.
Come sono le relazioni tra musulmani e cristiani in Israele? Nelle città più grandi non è un problema. Nei villaggi la questione è diversa. Noi cristiani che vogliamo integrarci abbiamo relazioni difficili con chi non la pensa come noi, ma la questione più grave è con i musulmani. È una vita di continua tensione. Per esempio durante le festività cristiane ci sono sempre episodi spiacevoli, come insulti e sassaiole alle processioni dei cristiani. Anche a Nazareth, una città importante per i cristiani, le relazioni sono tese. Vogliono costruire una moschea difronte alla Chiesa dell’Annunciazione a Nazareth, dove dicono sia stato sepolto il saggio musulmano Shahab ad-Din. Nazareth si sta spopolando di cristiani, che preferiscono vivere a Nazereth Illit, la città ebraica. Non ci si può fare molto, è una questione di mentalità.
Avete varie associazioni che rappresentano i cristiani israeliani, come avete iniziato il vostro movimento? È iniziato tutto due anni fa a una conferenza sulla situazione dei cristiani in Israele e nel Medio Oriente, cui sono stati invitati leader, uomini di Chiesa e le diverse comunità cristiane per parlare di come potersi integrare in Israele. Subito dopo sono iniziate le minacce e le violenze ai sacerdoti e agli organizzatori. In molti hanno abbandonato il progetto, ma Padre Gabriel Nadaf e Shadi Khalloul hanno continuato le attività.
Le violenze continuano? Certo. Il figlio di Padre Gabriel Nadaf è stato anche picchiato a dicembre dell’anno scorso. Shadi Khalloul è stato velatamente minacciato quando il 6 febbraio ha parlato alla Knesset della nostra volontà di essere riconosciuti come gruppo separato dalla minoranza araba; gli hanno urlato che poteva andare a Nazareth a dire le stesse cose “e vediamo cosa ti faranno”.
La loro posizione è che il governo israeliano vi sfrutti per dividere la comunità araba. Ma quale sfruttamento? Quando Netanyahu incontra i nostri leader non lo fa per interesse, e nemmeno per fare notizia o propaganda: se n’è mai sentito parlare? Abbiamo un buon rapporto con le istituzioni perché siamo fedeli allo Stato, ma noi abbiamo le nostre richieste e i nostri interessi che avanziamo. Soprattutto abbiamo un obiettivo comune, cioè vivere in pace.
Allora qual è l’interesse arabo di opporre l’integrazione dei cristiani? Il mondo occidentale è cristiano, e i palestinesi e gli arabi hanno tutto l’interesse di tenere i cristiani con sé, per convincere il mondo che Israele fa del male agli arabi e ai cristiani. Ma non è vero. Non parlano mai sei massacri contro i cristiani oggi né di quelli che hanno perpetrato nella storia. Non parlano nemmeno mai dei massacri contro gli ebrei, come quello di Hebron nel 1929. Il mio vicino di casa è ebreo iracheno; erano benestanti, ma un giorno sono stati espulsi dopo una serie di violenze. In Libano, il primo grande massacro dei cristiani da parte dei musulmani è stato perpetrato nella seconda metà dell’800. Di questo i parlamentari arabi in Israele non parlano. Non parlano nemmeno delle violenze anti-cristiane in tutto il Medio Oriente, che si sta spopolando di cristiani.
Non sono aperti alle critiche interne? Cosa fanno i parlamentari arabi? Denunciano la povertà dei villaggi arabi, ma non dicono che la popolazione non paga le tasse e nemmeno dicono che i soldi pubblici finiscono in mano alle grandi famiglie e non vengono investiti in servizi e infrastrutture. A Turan, un villaggio misto cristiano e musulmano, il governo ha messo un sindaco ebreo: ora ci sono scuole, infrastrutture, strade, servizi. E pensare che all’inizio gli avevano anche sparato! Quello che si sente è che il governo è razzista e mette sindaci ebrei a gestire i villaggi arabi, ma non spiegano tutta la realtà.
Qual è il vostro messaggio al mondo occidentale e alle Chiese cristiane? I cristiani sono qui da 2000 anni; Gesù è nato, cresciuto e vissuto qui. Viviamo in Israele in pace e prosperità; da qui i cristiani non se ne vanno, non scappano, non fuggono. Tutto attorno a noi i cristiani scappano e soffrono discriminazione e violenza. In Francia ci sono 90.000 maroniti fuggiti dal Libano, e non per caso. I musulmani vogliono che i cristiani se ne vadano dal Medio Oriente. Vorrei che l’Europa e il mondo capissero che quello che sta capitando qui arriverà in Europa. Gli europei in particolare dovrebbero riflettere sul perché i cristiani soffrano in Medio Oriente. Ci distruggono le chiese e vogliono costruire moschee in Europa, questo è quel che succede. Le Chiese hanno molte proprietà qui in Israele come in tutto il Medio Oriente. Invece di investire per fare del bene agli arabi dovrebbero investire per far sì che i cristiani rimangano. Non ci sono più cristiani a Betlemme, in pochi rimangono a Gerusalemme e a Nazareth si riducono sempre di più. Potrebbero costruire più scuole, aiutare i cristiani a preservare la propria cultura, dare finanziamenti alle giovani coppie di cristiani per la casa, la famiglia, le tasse scolastiche dei figli. E vorrei anche dire che gli europei sono ipocriti. Incolpano Israele di tutto, e di essere razzista. Ma non è vero. Quando piovevano i missili sul Nord di Israele dal Libano, a mio figlio sono venuti i capelli bianchi, e ha avuto non pochi problemi psicosomatici, per la paura. Ma questo forse non gli interessa? Qui tutti viviamo bene, ebrei, cristiani, musulmani, drusi. Volete aiutarci? Fate in modo che i cristiani continuino a vivere qui, perché il rischio è che non ci saranno più cristiani in Medio Oriente, tranne che in Israele.