Edward Stettinius, delegato USA alla Conferenza di San Francisco per l’adozione dello Statuto delle Nazioni Unite
Dopo la Seconda Guerra Mondiale nasce L’Organizzazione delle Nazioni Unite, fondata nel 1945 allo scopo di (art. 1, Statuto delle Nazioni Unite):
mantenere la pace e la sicurezza internazionali;
prevenire e rimuovere le minacce alla pace e reprimere gli atti di aggressione o le altre violazioni della pace;
sviluppare tra le nazioni relazioni amichevoli fondate sul rispetto e sul principio dell'eguaglianza dei diritti e dell'auto-decisione dei popoli;
conseguire la cooperazione internazionale nella soluzione dei problemi internazionali di carattere economico, sociale culturale od umanitario;
promuovere ed incoraggiare il rispetto dei diritti dell'uomo e delle libertà fondamentali.
L’ONU sostituisce la Società delle Nazioni, organizzazione internazionale fondata dopo la Prima Guerra Mondiale con il Trattato di Versailles del 1919. Le debolezze strutturali della Società delle Nazioni, percepita alla fine del conflitto come la "lega dei vincitori", con un Consiglio paralizzato dal diritto di veto dei propri membri e priva di una forza militare propria, impedirono di arrestare i conflitti nazionali e l’ascesa di Hitler al potere.
Al momento della fondazione, l’ONU era composta di 51 Stati membri, cresciuti fino agli attuali 193, cui si aggiungono altri Stati, la cui sovranità non è definita, entità, organizzazioni internazionali e ONG con lo status di osservatori. Tra gli Stati non-membri e con lo status di osservatore si ricordano: la Santa Sede e lo Stato di Palestina (29 novembre 2012).
Gli organi principali delle Nazioni Unite sono: l’Assemblea Generale, il Consiglio si Sicurezza, il Segretariato, il Consiglio Economico e Sociale, la Corte Internazionale di Giustizia e in passato anche il Consiglio di Amministrazione Fiduciaria (per la tutela dei popoli amministrati da altre nazioni sotto mandato).
L’Assemblea Generale
L’Assemblea Generale è l’organo deliberativo composto di tutti i membri dell’ONU, che adotta risoluzioni a maggioranza dei 2/3 e con i seguenti poteri: intraprendere studi, discutere e fare raccomandazioni sul mantenimento della pace e della sicurezza. I 193 membri sono organizzati in gruppi regionali che fungono da entità di scambio informazioni e canali rappresentativi per l’elezione dei rappresentanti nelle varie agenzie dell’ONU. I lavori dell’Assemblea si svolgono anche attraverso Commissioni e Consigli creati con mandati specifici, tra cui il Consiglio dei Diritti Umani, creato nel 2006. Il Consiglio di Sicurezza
Il Consiglio di Sicurezza
Il Consiglio di Sicurezza è l’organo incaricato di mantenere la pace e la sicurezza, attraverso l’adozione di risoluzioni vincolanti per gli Stati membri e la deliberazione sull’uso della forza. È composto di 15 membri, di cui 5 permanenti con potere di veto (USA, Russia, Cina, Regno Unito e Francia) e 10 eletti dall’Assemblea Generale su base regionale.
Ban-Ki Moon, Segretario Generale dell’ONU
Il Segretariato è l’organo amministrativo più alto dell’ONU, che ha il compito di fornire informazioni e facilitare lo svolgimento dei lavori dell’organizzazione, di svolgere compiti affidatigli dall’Assemblea o dal Consiglio e di portare all’attenzione del Consiglio qualsiasi situazione che minacci la pace e la sicurezza internazionale. Al Segretario Generale fanno capo diversi uffici delle Nazioni Unite, incluso l’Alto Commissariato per i Diritti Umani e l’Alto Commissariato per i Rifugiati.
Il Consiglio Economico e Sociale è composto di 54 membri, eletti dall’Assemblea Generale per tre anni ed ha il compito di promuovere la cooperazione internazionale economica e sociale tra le nazioni.
La Corte Internazionale di Giustizia è l’organo giudiziario dell’ONU, che dirime controversie riguardanti la pace e la sicurezza ed esprime pareri giuridici su questioni poste da organi o agenzie dell’ONU.
L’ONU agisce anche attraverso agenzie specializzate, tra cui: l’UNESCO in ambito culturale e educativo, la FAO in ambito alimentare, l’WHO in ambito sanitario, la Banca Mondiale in ambito finanziario e la IAEA nell’ambito dell’energia atomica.
L’ONU: Obiettivi e critiche
L’ONU è la principale organizzazione che si occupa del mantenimento della pace e della sicurezza in diversi ambiti, inclusa la diplomazia internazionale, gli aiuti umanitari, la tutela dei diritti umani, la lotta al terrorismo, lo sviluppo sociale ed economico dei popoli e delle nazioni.
A tale scopo, organi e agenzie delle Nazioni Unite collaborano e lavorano con altre organizzazioni internazionali, quali la Croce Rossa in ambito umanitario, le ONG nel campo dei diritti umani e dello sviluppo, i corpi militari nazionali nelle missioni di mantenimento o di rispetto della pace (peace-keeping e peace-enforcing).
La prima critica mossa all’ONU riguarda la struttura rappresentativa e i meccanismi decisori, per cui l’organizzazione che dovrebbe perseguire fini sovranazionali spesso replica i rapporti tra i grandi poteri, promuovendo il perseguimento dei fini nazionali: così il diritto di veto al Consiglio di Sicurezza e la maggioranza all’Assemblea Generale.
La seconda critica mossa all’ONU riguarda l’inerzia dimostrata in diverse occasioni e spesso dovuta a lotte tra grandi poteri, che ha portato al tardivo o mancato intervento in situazioni di estrema emergenza: la guerra in Bosnia, il genocidio in Ruanda, la questione a Timor, il genocidio in Sudan, la crisi in Zimbabwe, la crisi dopo le elezioni del 2007 in Kenya, l’attuale crisi in Siria.
La terza critica mossa all’ONU riguarda la gestione dell’enorme apparato burocratico e del bilancio, con poca trasparenza, sprechi e scarsa cooperazione tra agenzie e organi che lavorano su temi affini o sulle identiche questioni.
Il potere di veto dei cinque membri permanenti del Consiglio di Sicurezza e la votazione a maggioranza dei 2/3 dell’Assemblea Generale sono i due principali meccanismi che permettono di replicare le lotte di potere tra gli Stati presso l’ONU.
Il principio di eguaglianza tra le nazioni impone che tutti gli Stati membri abbiano eguale peso negli affari internazionali, il che comporta spesso l’elezione di alcuni Stati a organi e commissioni che trattano di questioni con cui essi hanno poca dimestichezza. Così l’elezione di alcuni Stati al Consiglio dei Diritti Umani, compresa l’Indonesia, la Libia, la Mauritania, l’Uganda, gli Emirati Arabi Uniti e il Venezuela.
I blocchi di voto e i gruppi regionali
La pace e la sicurezza spesso dipendono dalle scelte dei grandi poteri, mentre gli interessi internazionali dei poteri regionali sono perseguiti con alleanze di voto presso gli organi ONU.
La gestione organizzativa dell’Assemblea Generale in gruppi regionali e in blocchi di voto è un esempio. I gruppi regionali sono dominati dalle potenze dell’area, mentre i blocchi di voto rispecchiano alleanze globali.
Così, durante la Guerra Fredda vi erano tre blocchi: l’Occidente, i Sovietici e il Movimento dei non-Allineati che doveva promuovere gli interessi dei Paesi in via di Sviluppo, costituendo invece un’agenda politica anti-occidentale e anti-imperialista.
A tutt’oggi esiste il Movimento dei Non Allineati, costituito dai Paesi in Via di Sviluppo e al cui interno gioca un ruolo fondamentale il gruppo dei Paesi arabo-islamici, membri della Lega Araba e della Organizzazione della Conferenza Islamica, che costituiscono il maggiore blocco di voti unitario all’interno delle Nazioni Unite.
I gruppi regionali servono anche da canale informativo per l’elezione delle rappresentanze degli Stati membri nei vari organi dell’ONU, che rispecchiano quindi le relazioni di potere tra le potenze regionali.
Israele all’ONU
“Pronto Soccorso delle Nazioni Unite”-“Siamo a denunciare Israele, torneremo tra ? minuti”.
Alla luce delle debolezze strutturali e della replica delle lotte di potere all’interno dell’ONU, la partecipazione di Israele alle Nazioni Unite è compromessa da due fattori.
Anzitutto, Israele è al centro della lotta diplomatica che a livello internazionale tenta di screditare lo Stato di Israele nella comunità delle nazioni, sicché i blocchi di voto giocano costantemente a suo sfavore.
In più, la partecipazione all’ONU di organizzazioni non governative che promuovono un’agenda politica antisionista non giova allo status dello Stato di Israele all’interno dell’organizzazione.
Dopo la Risoluzione 181 del 29 novembre 1947, che adottava il piano di spartizione della Palestina e prevedeva la costituzione di uno Stato Ebraico e di uno Stato Arabo, e la Risoluzione 272 dell’11 maggio 1949, che ammetteva Israele all’ONU quale “nazione che ama la pace”, l’Assemblea Generale ha adottato una serie di risoluzioni contro Israele, a partire dal riconoscimento ai palestinesi di uno status di profugo speciale con la creazione dell’UNRWA (United Nations Relief and Work Agency per i rifugiati palestinesi).
Il Consiglio di Sicurezza ha adottato dal 1949, 79 soluzioni specificamente rivolte contro Israele.
Così le risoluzioni e i documenti delle agenzie e degli organi delle Nazioni Unite, che esprimono dure critiche contro Israele, in particolare per quanto riguarda la tutela dei diritti umani e il conflitto coi palestinesi.
L’atteggiamento dell’ONU con Israele è percepito spesso come ostile e fazioso, a causa dell’attenzione che Israele attira rispetto ad altre questioni nel mondo e a causa dell’applicazione di standard diversi per Israele e per le altre nazioni. L’ex-Segretario Generale dell’Onu Kofi Annan ha ammesso durante il discorso introduttivo alla 61° sessione dell’Assemblea Generale nel 2006, che le Nazioni Unite spesso applicano un doppio standard, di cui Israele è vittima.
Nel 1961 sono creati i gruppi regionali. Gli Stati Arabi, che costituiscono la maggioranza del gruppo asiatico, impediscono la partecipazione di Israele al loro gruppo, cui è offerta parziale e temporale partecipazione al gruppo dell’Europa Occidentale e Altri. La mancata partecipazione integrale a un gruppo impedisce a Israele di:
prendere parte attiva alle discussioni e riunioni su temi cruciali quali diritti umani e razzismo che avvengono nei vari uffici dell’ONU;
presentare le candidature per le rappresentanze nei consigli e nelle commissioni dell’ONU.
Tra i momenti nella storia dell’ONU in cui si è dimostrata la volontà politica di contrastare Israele oltre ogni misura, si ricordano:
La Risoluzione 3379 del 1975 che equiparava Sionismo a razzismo e cancellata dalla risoluzione 86 del 1991, quale precondizione alla partecipazione alla Conferenza di Madrid tenutasi lo stesso anno per riavviare le relazioni tra Israele e Paesi arabi. Haim Herzog, ambasciatore di Israele all’ONU, straccia la risoluzione di fronte all’assemblea dichiarando che “Hitler si sarebbe sentito a casa in quest’aula”.
L’articolo del quotidiano israeliano Ma’ariv che riprende le parole di Herzog “Hitler si sarebbe sentito a casa in quest’aula”.
Nel 1974, l’UNESCO vota per l’esclusione di Israele dall’organizzazione, cui è riammesso due anni dopo.
Arafat all’ONU
Il 22 Novembre 1974, l’Assemblea Generale accetta l’Organizzazione per la Liberazione della Palestina come membro osservatore.
Nella prima metà degli anni ’80 sono state avanzate due richieste di esclusione dei rappresentanti di Israele dall’Assemblea Generale da parte del blocco arabo-islamico e di quello sovietico.
Nel 1998, l’Assemblea Generale attribuisce altri privilegi all’osservatore, rinominato col termine “Palestina”.
Nel 2003, l’ONU condanna la decisione di costruire una barriera difensiva per impedire l’infiltrazione di terroristi suicidi, mentre non si esprime sul terrorismo che martoriava Israele.
Nel 2007, Israele propone una risoluzione, in seguito adottata, per favorire l’accesso alla tecnologia agricola da parte dei Paesi in Via di Sviluppo: gli Stati arabi chiedono dapprima una serie di modifiche riguardanti i Territori Palestinesi, che sono rigettate, e poi richiede una votazione agli atti, pratica poco ortodossa su questioni di generale consenso–le 19 astensioni e i 9 voti contrari sono del blocco arabo-islamico.
La pratica delle Commissioni di Inchiesta, per la Guerra in Libano del 2006, per la Guerra a Gaza nel 2008, per la flottiglia che voleva violare l’embargo a Gaza nel 2010, per la costruzione degli insediamenti, ha dimostrato un’attenzione smodata per le azioni di Israele e ha rilevato dei profili penali che potranno portare Israele sul banco d’accusa della Corte Penale Internazionale.
David Ben-Gurion
La percezione negativa delle Nazioni Unite quale organizzazione radicalmente parziale e faziosa è condensata in un’espressione inventata da Ben-Gurion, “um shmum”, laddove “um” è l’acronimo ebraico per Nazioni Unite (ha-umot ha-meuchadot) e “shmum” è un neologismo costituito di “um” e il prefisso yiddish “shm” che serve ad esprimere ironia o disprezzo.
Israele e l’Assemblea Generale
Oltre all’esclusione dai gruppi regionali, Israele è oggetto di un’attenzione negativa presso l’Assemblea Generale che nel corso degli anni ha creato una serie di Commissioni per la formale risoluzione della questione palestinese e la reale perpetuazione di uno stato di precarietà e conflitto.
Le commissioni e gli eventi ad hoc per i palestinesi sono:
la Commissione sull’Esercizio dei Diritti Inalienabili del Popolo Palestinese;
la Divisione delle Nazioni Unite per i Diritti dei Palestinesi;
la Commissione Speciale d’Inchiesta sulle Pratiche Israeliane in Violazione dei Diritti Umani dei Palestinesi;
il Sistema Informativo delle Nazioni Unite sulla Questione Palestinese;
il Giorno Internazionale di Solidarietà con il Popolo Palestinese.
L’Assemblea Generale ha, dagli anni ’70, adottato la pratica delle risoluzioni che si focalizzano su uno Stato in particolare; il 79% di queste è stato adottato contro Israele.
Oltre alle sessioni ordinarie, l’Assemblea Generale convoca sessioni straordinarie per discutere questioni legate ai pericoli alla pace e alla sicurezza internazionale. Finora ne sono state convocate 10, di cui 6 sul Medio Oriente: sulla crisi di Suez nel 1956, sulla crisi libanese nel 1958, sulla Guerra dei Sei Giorni nel 1967, sul conflitto israelo-palestinese (convenuta 5 volte nel 1982), sull’occupazione israeliana del Golan (convenuta nel 1982), e sui territori palestinesi occupati (convenuta 16 volte tra il 1997 e il 2009).
Tra le diverse questioni che emergono nella faziosità dell’Assemblea Generale, vi è la definizione si terrorismo: non solo l’Assemblea Generale non ha mai condannato il terrorismo suicida, ma nemmeno opera, nelle risoluzioni concernenti Israele e Palestina, una netta distinzione tra terrorismo e operazioni militari.
Israele e il Consiglio di Sicurezza
Il Consiglio di Sicurezza ha dedicato il 7% di tutte le risoluzioni adottate dalla fondazione dell’ONU alla condanna di Israele.
Nessuna risoluzione si è espressa specificamente in condanna del terrorismo anti-israeliano.
Le Commissioni di Inchiesta istituite in occasione della Guerra in Libano, della Guerra a Gaza, della flottiglia sono state costituite con mandati che non permettevano una visione completa degli accadimenti, ma limitavano l’inchiesta alle azioni israeliane.
Gli Stati Uniti hanno adottato una politica di esercizio del diritto di veto contro risoluzioni anti-israeliane, a causa della quale sono fortemente criticati da altri Stati e dalle organizzazioni per i diritti umani, mentre gli Stati europei adottano una politica neutrale.
Alcuni commentatori credono che la politica pro-israeliana del governo canadese guidato da Harper abbia influito sulle elezioni al seggio presso il Consiglio di Sicurezza cui il Canada era candidato e che è stato poi vinto dal Portogallo.
L’atteggiamento anti-israeliano rende particolarmente invisa l’organizzazione ai politici e al popolo dello Stato di Israele poiché la faziosità tocca in particolare la questione dell’autodifesa di Israele, che le Nazioni Unite continuano a limitare se non a condannare.
Israele e i diritti umani
La questione dei diritti umani è forse il caso più lampante in cui si dimostra una certa linea politica di promozione di interessi anti-israeliani alle Nazioni Unite.
Il Consiglio dei Diritti Umani, formato nel 2006 in sostituzione della Commissione sui Diritti Umani, ha un particolare focus anti-israeliano nel proprio lavoro. Ogni sessione di lavoro annuale ricopre differenti questioni, una delle quali è Israele, quale unico Stato che è singolarmente considerato dal Consiglio in maniera permanente.
Nei primi quattro anni di lavoro, il Consiglio ha adottato circa 40 risoluzioni, 35 delle quali contro Israele, mentre gli Stati occidentali tentavano di attirare l’attenzione su quanto stava avvenendo in Darfur.
Richard Falk
Nel 2008, Richard Falk è stato nominato Special Rapporteur sui Diritti Umani dei Palestinesi, incaricato di monitorare le violazioni solo da parte degli israeliani, con le seguenti affermazioni:
ha paragonato le pratiche israeliane a quelle dei nazisti (2008);
ha accusato Israele di aver instaurato nei territori amministrati di Cisgiordania un sistema di apartheid (2010);
ha dichiarato che le politiche israeliane a Gerusalemme Est equivalgono a pulizia etnica (2011).
ha appoggiato le pratiche di boicottaggio dei prodotti israeliani provenienti dagli insediamenti fornendo una lista dettagliata (2012).
La Commissione sullo Status delle Donne lavora secondo un’agenda che include la questione delle donne palestinesi, ma si focalizza solo sulle presunte violazioni dei diritti delle donne palestinesi da parte di Israele.
Jean Ziegler
Lo Special Rapporteur sul diritto al cibo Jean Ziegler ha pubblicato nel 2003 un rapporto in cui accusava Israele di ridurre alla fame i bambini palestinesi, suggerendo nel 2006 la responsabilità penale di Israele per aver presumibilmente impedito ai libanesi l’accesso a cibo e acqua durante il conflitto; infine, Ziegler è stato al centro dello scandalo riguardante i commenti sul ritiro degli israeliani da Gaza nel 2005, che ha definito come la ritirata delle guardie dopo aver definito Gaza un grande campo di concentramento.
L’UNESCO ha ripetutamente condannato Israele per gli scavi archeologici in prossimità della porta Mugrabi al Monte del Tempio a Gerusalemme quale sfida diretta all’autorità dell’ONU sulla città, senza mai condannare le attività di scavo archeologico condotte dallo Wakf, l’organizzazione islamica che gestisce la spianata delle moschee.
In un corteo a Durban, uno striscione recita “Il sangue dei martiri irriga l’albero della Rivoluzione in Palestina” Magliette distribuite alla Conferenza di Durban “Fermare l’Olocausto dei Palestinesi in Palestina!”
Nel 2001, l’ONU sponsorizza la Conferenza Mondiale contro il Razzismo a Durban, che si trasforma in una serie di episodi anti-israeliani e anti-semiti, con l’esclusione delle ONG israeliane, l’espulsione dai tavoli di lavoro dei partecipanti ebrei che portavano la kippah, la circolazione di vignette antisemite e la nascita dei primi movimenti di boicottaggio che poi si sono organizzati nel BDS (boicottaggio, disinvestimento e sanzioni).
L’UNRWA è l’unica agenzia ONU specificamente pensata per un popolo: quello palestinese. In anni di lavoro ha elaborato una definizione parallela di rifugiato solo per i palestinesi e ne ha perpetuato lo status nel tempo; pertanto l’UNRWA è criticata per aver acuito la precarietà dei rifugiati palestinesi del ’48-49, il risentimento e di conseguenza anche il conflitto.
Il Giudice Richard Goldstone
La Commissione di Inchiesta sulla Guerra a Gaza, presieduta dal giudice Goldstone, ha concluso che le azioni di Israele durante il conflitto armato hanno spesso violato le norme del diritto internazionale ammontando a crimini di guerra e crimini contro l’umanità. Il rapporto è stato usato per accusare Israele di colpire deliberatamente i civili palestinesi, cui Goldstone reagì ritrattando le conclusioni della Commissione di Inchiesta.
L’attenzione quasi ossessiva contro Israele fa dimenticare, rispetto alla regione alcune questioni:
il dilagare dell’antisemitismo islamico che mutua la narrativa nazista;
la violenza anti-israeliana che si esprime principalmente nel terrorismo come risposta a una campagna politica che invoca alla pulizia etnica;
le violazioni dei diritti umani da parte dei palestinesi e degli altri popoli arabi;
l’impegno di Israele per l’avanzamento del diritto internazionale, dello sviluppo e della giustizia in seno alla comunità delle nazioni.
Direttrice dell’Institute on Human Rights and the Holocaust, Touro University Redattrice di Human Rights Voices (www.humanrightsvoices.org)
Qual è oggi lo status di Israele alle Nazioni Unite, e la sua esclusione dai gruppi regionali influisce sulla posizione nella comunità internazionale?
Alle Nazioni Unite vi è un costante doppio standard contro lo Stato di Israele, benché la Carta dell’ONU dichiari l’eguaglianza tra le nazioni grandi e piccole. Tutti gli stati membri dell’ONU sono divisi in cosiddetti gruppi regionali, di cui tutti possono diventare membri, incluso il cosiddetto Stato non-membro di Palestina, come recentemente riconosciuto dall’Assemblea Generale. I gruppi regionali sono entità dove avvengono le negoziazioni e dove si scambiano informazioni, e possono anche esser nominate presso gli organi esecutivi dell’ONU che contribuiscono al controllo dell’organizzazione. L’unico Stato membro che è escluso dalla piena partecipazione di alcuno dei gruppi regionali è lo Stato di Israele. Israele partecipa temporaneamente e parzialmente al gruppo regionale dell’Europa Occidentale e Orientale, ma per circostanze limitate. In un contesto ONU, ciò significa che il fondamento stesso della Carta è violato nei principi più basici, poiché non è garantita l’eguaglianza delle nazioni grandi e piccole.
Quindi questo significa che Israele è discriminato?
Ciò che intendo con “doppio standard” è la fondamentale diseguaglianza tra le nazioni grandi e piccole. Israele è soggetto a discriminazioni considerevoli, perfino nel XXI secolo e anche all’interno degli stessi edifici dell’ONU. I gruppi regionali sono solo un esempio e sono da considerarsi il meccanismo organizzativo e strutturale principale per il funzionamento quotidiano dell’ONU, e l’esclusione di Israele dalla piena partecipazione ai gruppi regionali non è una questione che possa considerarsi, in alcun modo, minoritaria.
C’è poi un’altra prova dell’inequivocabile discriminazione sostanziale contro Israele alle Nazioni Unite. A questo proposito voglio citare l’agenda permanente del Consiglio per i Diritti Umani, che ha dieci punti fissi all’ordine del giorno, discussi in ogni sessione ordinaria durante l’anno: uno di questi punti è la condanna dello Stato di Israele. Inoltre, c’è un secondo punto fisso all’ordine del giorno, che riguarda il lavoro del Consiglio dei Diritti Umani circa il trattamento degli individui o la situazione dei diritti umani negli altri 192 Paesi membri delle Nazioni Unite.
C’è in sostanza uno standard applicato a Israele e un altro standard per gli altri 192 Paesi. Israele non è trattato allo stesso modo o nello stesso contesto degli altri Paesi; infatti, l’organo per tutela dei diritti umani all’interno dell’ONU dedica più tempo a condannare Israele rispetto a quello dedicato a ogni altra nazione al mondo; allo stesso modo, questo organo adotta almeno il quintuplo delle risoluzioni per denigrare Israele rispetto a quante ne sono adottate contro qualsiasi altra nazione al mondo.
Il Consiglio dei Diritti Umani, fondato nel 2006, ha ripetutamente condannato Israele, anche con l’adozione di risoluzioni mirate ad uno Stato in particolare, mentre gli stessi Stati che promuovono l’adozione di queste risoluzioni mirate per condannare Israele sono gli stessi Stati che si oppongono alla pratica dell’adozione di risoluzioni che si focalizzano su singoli Paesi. Quali sono le ragioni di tale attenzione verso Israele?
La teoria alla base dei lavori del Consiglio dei Diritti Umani consiste nel concetto secondo cui la denigrazione è illegittima, mentre i principi fondanti sono la cooperazione, la collaborazione e la collegialità. La sola eccezione a questa regola per la maggioranza dei Paesi nel mondo dei diritti umani è Israele.
Si deve evidenziare che, al contrario di quanto affermano i nemici di Israele, nessun israeliano e nessun pro-israeliano, ebreo o non ebreo, crede che Israele sia oltre ogni biasimo, o che Israele sia un Paese perfetto, in cui non ci sono problemi riguardo ai diritti umani.
Tuttavia, ciò non ha nulla a che vedere con la discriminazione fondamentale contro Israele all’ONU, per cui concentrarsi su Israele è accettabile, ma concentrarsi su altri Stati esclusivamente è da ritenersi una pratica in un qualche modo incivile e non favorevole ad una pace durevole.
Le ripercussioni di dell’applicazione discriminatoria dei principi del Consiglio dei Diritti Umani consistono nella sostanziale impunità dei più grandi violatori dei diritti umani. Ad esempio, il Consiglio dei Diritti Umani non ha mai condannato la Cina, dove più di un miliardo di persone vive senza le minime libertà civili e politiche; non è mai stata adottata una risoluzione di condanna dell’Arabia Saudita, che pratica l’apartheid di genere e dove la popolazione è sottomessa.
Ciononostante, delle risoluzioni finora adottate dal Consiglio dei Diritti Umani in 7 anni dalla sua fondazione e che si focalizzano su un Paese nello specifico, il 38% è dedicato a Israele esclusivamente.
L’agenda anti-israeliana è un’agenda politica avanzata da certi Stati. Perché è opinione diffusa che le risoluzioni ONU siano in realtà espressione del diritto internazionale e della giustizia internazionale, mentre sono basate su meccanismi che promuovono gli specifici interessi degli Stati membri?
Per capire come l’Assemblea Generale abbia adottato 20 risoluzioni contro Israele e nessuna contro gli altri Paesi, che son circa 189 – e questo significa una quantità di risoluzioni 20 volte maggiore rispetto al numero di risoluzioni dedicate a qualsiasi altro Stato del pianeta – bisogna tracciare la mappa. Non è complicato: all’ONU ci sono 193 membri; dei quali 120 appartengono al cosiddetto “Movimento dei Non Allineati”, che comprende quei Paesi che durante la Guerra Fredda non si sono associati né al blocco sovietico, né al blocco occidentale, allineandosi di fatto contro l’Occidente.
Il Movimento dei Non Allineati ha scelto l’Iran come portavoce, nominato in carica l’anno scorso per una durata di tre anni. Inoltre, la maggioranza degli Stati dell’ONU, che appartengono al più grande blocco di voti costituito dal movimento dei non-allineati, sono i 56 membri dell’Organizzazione della Cooperazione Islamica (Organization of Islamic Cooperation). Pertanto, i più agguerriti antagonisti dello Stato di Israele, quelli che nemmeno hanno relazioni diplomatiche con Israele e che rifiutano la stessa esistenza dello Stato di Israele, rappresentano il più grande blocco di voto unitario delle Nazioni Unite. Di conseguenza, la campagna politica contro Israele si traduce nel controllo dell’Assemblea Generale delle Nazioni Unite.
Per quanto riguarda il diritto internazionale, non è vero che una risoluzione dell’Assemblea Generale equivale a legge e la Carta delle Nazioni Unite è piuttosto chiara a riguardo: il solo organo dell’ONU che può produrre legge è il Consiglio di Sicurezza. Di fatto alcuni giuristi hanno tentato di affermare che la ripetizione continua di una singola risoluzione dell’Assemblea Generale, che non era legge alla sua creazione, in un qualche modo trasformi magicamente una non-legge in legge. Come si dice che l’acqua diventa vino bevendone molta, così questa argomentazione giuridica è fallace, eppure è un’opinione diffusa tra coloro che vorrebbero che l’Assemblea Generale diventasse un parlamento.
All’Assemblea Generale, Israele è molto attivo nella promozione, per esempio, dell’accesso dei Paesi in Via di Sviluppo alla tecnologia. Questa attività è considerata un tentativo di distrarre l’attenzione del mondo dalle violazioni presunte del diritto internazionale da parte di Israele. Si può considerare questo un altro esempio di attivismo politico anti-israeliano?
Ogni tentativo da parte di Israele di normalizzare la sua partecipazione all’arena internazionale è continuamente soggetto a un attacco politico di demonizzazione da parte dei nemici dello Stato Ebraico che ne perseguono la distruzione. Gli esempi sarebbero troppi da elencare.
Gli sforzi di Israele per contribuire all’avanzamento tecnologico presso le Nazioni Unite, per esempio nel campo dell’agricoltura con la desalinizzazione, così come in altri contesti differenti, come nel campo della salute o dei diritti delle donne, è sottoposto a una critica continua. Che queste critiche non siano genuine è evidenziato dal modo in cui Israele è isolato.
Si pensi ad esempio alla Commissione sullo Status delle Donne, che si è di recente riunita per la 57° sessione dal 4 al 15 marzo, e ha adottato una risoluzione di condanna di un singolo Stato per la violazione dei diritti delle donne. Di tutti i Paesi del mondo, la risoluzione cui potevano pensare è stata la risoluzione di denuncia dello Stato di Israele perché danneggerebbe i diritti delle donne, ma non delle donne israeliane, bensì i diritti delle donne palestinesi. Quindi è chiaro che la critica è politica. Se fossero veramente preoccupati per i diritti delle donne palestinesi, si concentrerebbero sulle donne palestinesi che soffrono di violazioni da parte di altri uomini palestinesi, ma di questo non si parla mai, come nemmeno degli altri milioni di donne che soffrono in tutto il mondo a causa dei loro stessi governi.
Ancora più lampante è la critica politica mossa a Israele quando tenta di esercitare il diritto riconosciuto a ogni Paese normale, che è il diritto all’autodifesa. Israele è l’unica nazione al mondo la cui autodifesa è soggetta a condanne isteriche, ingiuste e discriminatorie, che sia diretta all’eliminazione di combattenti illegali come i militanti di Hamas, o terroristi individuali che parlano degli ebrei come di “scimmie e porci”, o leader violenti che promuovono gli attentati suicidi contro gli israeliani.
Così, ad esempio, c’è una regola per Israele e un’altra per gli europei che svolgono operazioni in Afghanistan. Un altro esempio è la critica che la Turchia ha mosso contro Israele per l’intercettazione della Mavi Marmara, la nave turca che trasportava un gruppo di estremisti con l’intento di violare l’embargo su Gaza. La Mavi Marmara era una delle navi della cosiddetta “Freedom Flotilla”, i cui partecipanti sono stati descritti come degli operatori umanitari, ma in realtà volevano violare l’embargo che Israele ha imposto su Gaza e levare l’embargo su Gaza vorrebbe dire che l’Iran potrebbe avere uno sbocco sul Mediterraneo. Pertanto viene da chiedersi, poiché l’Iran fornisce congrui quantitativi di armi a Gaza e ai terroristi palestinesi e poiché l’Iran si è impegnato in un progetto genocida, è forse un’impresa umanitaria facilitare gli obiettivi iraniani? La risposta è ovviamente “no”, ma le critiche mosse a Israele e l’istituzione di una Commissione di Inchiesta (Fact-Finding Commission) su questo caso dimostra che, quando si parla di autodifesa, c’è una regola per Israele e un’altra per il resto del mondo.
Considerate le attività di delegittimazione contro Israele in seno alle Nazioni Unite, in che misura Israele può fare affidamento nell’ONU, che è la principale organizzazione internazionale la cui missione è di mantenere la pace e la sicurezza internazionali?
Per quanto riguarda l’autodifesa, Israele non può chiaramente fare affidamento nei buoni propositi delle Nazioni Unite. Prova ne è che l’Assemblea Generale ha convenuto solo dieci sessioni di emergenza in tutta la storia dell’ONU. Le sessioni di emergenza hanno ad oggetto la pace e la sicurezza internazionali quando il Consiglio di Sicurezza non agisce perché Russia, Cina o gli Stati Uniti esercitano il diritto di veto su una risoluzione.
Nel caso di Israele, per esempio, quando gli Stati Uniti appoggiano Israele al Consiglio di Sicurezza contro la schiacciante maggioranza anti-isrealiana, l’Assemblea Generale si è riunita per condannare Israele in occasione delle sessioni straordinarie di emergenza.
Delle dieci sessioni straordinarie di emergenza finora convenute dalla fondazione dell’ONU, nessuna di queste ha trattato del genocidio in Ruanda, del genocidio in Sudan, ma invece sono state ormai convenute 17 o 18 volte negli ultimi 15 anni per focalizzarsi su Israele.
Non è stata convenuta una sessione di emergenza nemmeno quando la Russia e la Cina hanno imposto il veto sulla risoluzione contro la Siria, per esempio. C’è una serie di prove schiaccianti che alle Nazioni Unite Israele non può difendere i propri cittadini mentre qualsiasi altro Stato nel mondo ha l’obbligo morale, politico e giuridico di difendere la propria popolazione.
A suo avviso, si può sostenere che c’è una chiara campagna di delegittimazione e demonizzazione portata avanti in seno all’ONU?
La maggioranza degli Stati membri dell’ONU usa le Nazioni Unite per promuovere la delegittimazione e la demonizzazione dello Stato di Israele. Gli organi dell’ONU sono stati “sequestrati” da quanti cercano di distruggere Israele.
In effetti, l’ONU del XXI secolo rappresenta l’arena mondiale più importante per il dilagare dell’antisemitismo. L’ONU ha permesso la propria manipolazione, pur tentando di distinguere tra Stati Membri e ONU organizzazione, ma è una distinzione che non fa differenza.
I funzionari dell’ONU, come l’Alto Commissario per i Diritti Umani, che ad esser precisi sarebbe un funzionario di segreteria, sono al centro di questo turbine tossico di incorreggibile antisemitismo. Si può sicuramente affermare che ad oggi, nel XXI secolo, l’ONU è l’arena mondiale principale dell’antisemitismo e dell’antisionismo.