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9/4/02 Saddam agita uno spettro cancellato dalla Storia
Riflessione di Emanuele Ottolenghi
Il Nuovo

8 APRILE 2002, ORE 16:00



Saddam agita uno spettro cancellato dalla storia

di Emanuele Ottolenghi(*)

Quella di Saddam è una mossa retorica

Il pericolo dell'embrago non è reale...

...ma anche se non siamo nel '73 lo spettro resta

Con l’acuirsi del conflitto tra Israele e palestinesi, ritorna periodicamente lo spettro dell’embargo petrolifero operato dai paesi Opec contro l’occidente nell’ormai lontano 1973. Questo timore è alimentato dalla recente proposta iraniana di imporre un embargo di 30 giorni all’occidente, per mettere pressione su Israele. Il ricordo delle file di auto alle pompe di benzina e del razionamento del gasolio del riscaldamento fa tremare gli europei.



A ciò si aggiunge la dichiarazione di quel burlone di Saddam Hussein di bloccare il flusso di petrolio iracheno per trenta giorni. La proposta naturalmente si limita agli oleodotti e non intacca quindi i vari milioni di barili al giorno che l’Iraq contrabbanda in barba all’embargo Onu via Siria, o via autocisterne vendute a basso prezzo alla Giordania (ancora in barba all’embargo Onu). Tale mossa si allinea con il vecchio nemico iraniano (che sollecita, ma si guarda bene dall’attuare per ora l’embargo), sfida gli altri paesi arabi nella solita corsa retorica a dimostrare chi è il miglior campione della causa palestinese (e quindi chi merita la posizione di leadership nel mondo arabo), e potrebbe mettere in crisi i mercati petroliferi. Che si erano calmati invece la settimana scorsa a seguito del discorso di Bush che annunciava la nuova missione americana in Medio Oriente guidata dal segretario di stato Powell.



L’illusione europea della potenza dei paesi arabi (e la conseguente acquiescenza politica nei loro confronti) deriva da quel trauma mai completamente assorbito. Ciò che gli europei trascurano è che la potenza dell’Opec nel 1973 è oggi notevolmente ridimensionata. Ci sono svariate ragioni per questo cambiamento.



La prima sta nel fatto che la Russia sta ritornando a essere un importante fattore nel mercato del petrolio. Grazie al suo accesso aggressivo ai mercati petroliferi (ed energetici in generale con l’aumento di produzione di gas naturale e la prossima apertura di nuovi oleodotti), la Russia ha contribuito a tenere basso il prezzo del greggio e a fornire all’Occidente la possibilità di ridurre la propria dipendenza nel settore energetico dai paesi Opec. Specialmente dopo l’11 settembre i rapporti con la Russia si stanno rafforzando, visto che Occidente e Russia condividono alcuni degli obbiettivi principali nella lotta al terrorismo e temono l’avanzata del fondamentalismo islamico in Medio Oriente e Asia centrale con simile preoccupazione. La felice combinazione di interessi politici ed economici rende la Russia e tutta l’area caucasica un potenziale contrappeso al monopolio del cartello Opec sul prezzo del petrolio e scoraggia quindi mosse avventate da parte del cartello petrolifero.



La seconda ragione è che il Medio Oriente di oggi è, a differenza di trent’anni fa, una regione stretta dalla morsa del sottosviluppo e della sovrappopolazione. In questo senso, la ricchezza petrolifera che donava potere politico e capacità di pressione negli anni settanta oggi non basta neppure a soddisfare il fabbisogno nazionale. Questo fattore frena le tentazioni di embargo contro l’Occidente non soltanto perchè i paesi arabi produttori di petrolio non si possono permettere una guerra dei prezzi (che sollecita sempre la ricerca di risorse alternative) ma anche perchè non possono facilmente rinunciare agli introiti petroliferi che sostengono le loro affannate economie.



La terza ragione sta nel fatto che le risorse strategiche e commerciali dell’Occidente oggi sono in grado di contrastare almeno nel breve termine la pressione di un possibile embargo. In più la dipendenza energetica dell’Occidente (in particolare degli Stati Uniti) sul Medio Oriente si è ridotta negli ultimi dieci anni, e le lezioni del 1973 e delle due guerre del Golfo hanno sollecitato diversificazione di fornitori e di risorse.



Lo spettro dell’embargo resta naturalmente, perchè avrebbe importanti ripercussioni politiche sia su una regione come il Medio Oriente che ha vitale importanza (commerciale e strategica) per l’Europa, sia sui rapporti tra mondo arabo e Occidente. Ma i principali attori Opec – Iran, Iraq e Arabia Saudita – dovranno fare molta attenzione. La posta in gioco questa volta non è soltanto un cambio di politica nei confronti di Israele. Un embargo in questa fase cruciale del conflitto mediorientale (e della lotta contro il terrorismo) potrebbe spingere l’Occidente ancor più nelle braccia dei russi, sollecitare gli Stati Uniti (anche se forse non i pavidi europei) a ridurre ancor di più la propria dipendenza energetica, ma soprattutto a riconsiderare l’atteggiamento americano nei confronti di dittatori, despoti e autocrati della regione, assisi sul loro petrolio come sul trono di Serse, bravi a far ricatti ma poi, alla fin fine, privi della forza militare, della legittimità politica e della credibilità morale per dettar legge nella regione.



(*) docente di politica israeliana e storia del conflitto mediorientale all’Università di Oxford, St. Antony’s College




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