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Non dimenticheremo mail gli orrori del 7 ottobre (a cura di Giorgio Pavoncello) 15/01/2024


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Varie
Datato, ma purtroppo non superato
di Marcello Cicchese (da Notizie su Israele n°73)
Pubblichiamo, commentandolo, un discorso tenuto da Feysal al-Husseini lo scorso anno. L'ex capo dell'Orient House,fino all sua morte in Libano per infarto lo scorso inverno, era il referente di Arafat per Gerusalemme. Sempre dipinto sui media occidentali come il massimo esponente dell'ala "moderata".

Lasciamo ai nostri lettori giudicare la qualità del suo moderatismo.



Dal discorso del 21 marzo 2001 di Faysal al-Husseini a Beirut:



HUSSEINI - Sia benedetta Beirut, che ha sconfitto il nemico e in questo modo ha dimostrato che noi possiamo vincere le superpotenze. Benedetta sia la resistenza che ci ha dato la speranza che il futuro è nelle nostre mani. La vittoria libanese è il più grande esempio della realtà in cui vive il nemico israeliano, la cui sconfitta è cominciata poche settimane dopo la sconfitta araba del 1967.



COMMENTO - Husseini si riferisce alla resistenza degli Hezbollah, che, secondo la sua interpretazione, con le loro azioni di guerriglia hanno costretto l¹esercito israeliano a ritirarsi dalla zona di sicurezza sudlibanese. Gli accordi di Oslo del 1993 sono patti stipulati per la pace, e per questo i loro firmatari, tra cui Yasser Arafat, sono stati insigniti del Premio Nobel per la pace. Il ritiro di Israele dal Libano era una delle condizioni, e Israele l¹ha adempiuta, anche prima della scadenza fissata. Per Husseini questo non è un atto di buona volontà del partner con cui si sta trattando la pace, ma una vittoria sul nemico con cui si è in guerra. Questo fa capire in che modo intendono gli arabi, e in particolare i palestinesi, le azioni unilaterali di pace: come vittorie sul campo dovute alla tenacia dei combattenti e alla debolezza degli avversari. Gli Hezbollah libanesi hanno ³sconfitto il nemico² e fatto vedere come si possano ³vincere le superpotenze² costringendole per stanchezza, con continui attacchi terroristici, a sgombrare il campo spontaneamente in nome della ³pace². E¹ questo il modello a cui attenersi, non per arrivare alla pace, ma per vincere la guerra.



HUSSEINI - Durante il periodo di Barak, nonostante tutte le tragedie e i comportamenti barbarici [di Israele], abbiamo infranto molti tabù, e adesso Sharon cerca di far tornare indietro tutto questo. Barak aveva consentito che fosse restituito il 95% del territorio palestinese occupato. Per questo non dobbiamo permettere che Sharon abbia successo. L¹Autonomia Palestinese non offrirà nessuna rete di protezione a Sharon, anche se lui usa toni più moderati quando mantiene la sua politica.



COMMENTO - I colloqui con Barak hanno avuto lo scopo di ³infrangere molti tabù². A questo servono i dialoghi di pace: a incassare in modo irreversibile dei riconoscimenti pubblici che servano come base per ottenere tutto il resto. Con i colloqui si prende tutto quello che l¹altro è disposto a dare ³per amor di pace², e quello che manca si prende con la guerra. Ecco perché Husseini dice che non bisogna permettere che Sharon abbia successo: perché potrebbe riprendersi quello che i Palestinesi hanno ottenuto, anche se solo in forma di un diritto riconosciuto, e impedire che ottengano quello che si propongono dalla continuazione della lotta. In che modo questo si può impedire? Risponde lo stesso Husseini.



HUSSEINI - Noi ci aspettiamo molti scontri con gli Israeliani nei prossimi mesi, soprattutto a Gerusalemme. Ci sono tutti gli elementi per un¹esplosione. Noi siamo convinti che gli scontri in Gerusalemme scuoteranno il mondo dall¹Indonesia al Marocco. E questo sarà un segno per gli USA, che saranno costretti a capire che il loro appoggio a Israele distruggerà la stabilità in tutta la regione. Ci troviamo davanti a una battaglia, e a questa adesso ci stiamo preparando. Non dobbiamo permettere che Sharon abbia successo sulla questione della sicurezza, perché questo significherebbe la nostra sconfitta politica.



COMMENTO - Chi parla non è un fanatico estremista islamico: a quel tempo era un ministro dell'Autorità Palesinese e braccio destro di Arafat. ³Noi ci aspettiamo molti scontri con gli Israeliani², provocati da chi? Non certo da Sharon, perché se lui avesse successo ³sulla questione della sicurezza², questo ³significherebbe la nostra sconfitta politica², dice il ministro palestinese. Dunque gli Israeliani non si devono sentire sicuri, e quindi avranno molti scontri con noi, dice sempre lo stretto collaboratore del premio Nobel per la pace. Ma questi scontri non sono ancora la vera e propria battaglia, perché, dice Husseini: ³Ci troviamo davanti a una battaglia, e a questa adesso ci stiamo preparando². In che modo? A quel tempo le decisioni dell¹Autonomia Palestinese sulla nave da guerra Karine A erano già state prese!



HUSSEINI - C¹è anche una fine differenza che tutti devono ben capire. Io posso essere obbligato a mantenere i contatti con il governo di Sharon per ottenere alcune cose di importanza vitale per il nostro popolo. Ma questo non giustifica il mantenimento di relazioni con Israele da parte di altri [stati arabi]. Io mantengo i contatti [con Israele] PER PORRE FINE ALLA RELAZIONE. E¹ cosa ben diversa dalle relazioni che altri stati voglio mantenere fra di loro.



COMMENTO - Non so se tutti gli interlocutori arabi di Husseini avranno capito la fine differenza di cui parla. Ma non dovrebbe essere troppo difficile capirla. La differenza sta in questo: una cosa è arrivare ad un vero e proprio trattato di pace con Israele, cosa da cui le nazioni arabe devono assolutamente guardarsi; altra cosa è mantenere relazioni con Israele facendo finta di volere la pace ma avendo come unico scopo quello di vincere la guerra e con ciò porre fine alla relazione. Quello che Husseini sta pazientemente cercando di spiegare ai suoi alleati libanesi è la forza strategica della menzogna. Forse non tutti l¹avranno capita nelle più sottili sfumature, ma è certo che molti la stanno applicando su vasta scala.



HUSSEINI - C¹è differenza tra l¹obiettivo strategico del popolo palestinese, che non è pronto a concedere neppure un briciolo del territorio palestinese, e l¹obiettivo politico che si vuol ottenere con l¹equilibrio delle forze, secondo l¹attuale sistema internazionale.



COMMENTO - L¹obiettivo politico è quello che si può ottenere adesso con i finti colloqui di pace, con gli appelli all¹ONU, con i dialoghi a vari livelli. Non bisogna essere impazienti, avverte Husseini, e pretendere di vedere subito la vittoria sul nemico. Bisogna sapere accettare un obiettivo intermedio insoddisfacente avendo sempre in mente il raggiungimento dell¹obiettivo strategico finale. E qual è questo obiettivo strategico? Lo spiega subito Faysal al-Husseini.



HUSSEINI - Possiamo vincere o perdere [le singole battaglie], ma i nostri occhi continueranno a puntare l¹obiettivo strategico, cioè una Palestina che si estenda dal fiume al mare. Quali che siano le cose che adesso possiamo ottenere, esse non ci faranno dimenticare questa altissima verità.



COMMENTO - E¹ chiaro allora perché a Camp David, nel luglio del 2000, Arafat non ha potuto firmare un accordo definitivo con Barak. Anche se Arafat avesse ottenuto il 100% dei territori occupati da Israele dopo il 1948, anche se avesse ottenuto il governo dell¹intera Gerusalemme, accettare tutto questo come accordo definitivo di pace con Israele avrebbe significato ³dimenticare² l¹²altissima veritಠdell¹obiettivo strategico: UNA PALESTINA CHE SI ESTENDA DAL FIUME AL MARE. E per avere una Palestina che si estenda dal fiume al mare è evidente che bisogna buttare gli Ebrei a mare. E¹ questo, alla resa dei conti, il vero obiettivo strategico irrinunciabile di Arafat e compagni.



CONCLUSIONE - Arafat ha perso ormai ogni possibilità di raggiungere obiettivi politici attraverso colloqui di ³pace². Da quando ha scatenato l¹intifada dell¹autunno del 2000 l¹unica speranza per lui è che gli scontri con gli Israeliani di cui parlava Husseini raggiungano un tale livello di gravità da provocare o qualche intervento internazionale o un cedimento interno in Israele che lo spinga a fare spontaneamente un ³atto di buona volontಠper far cessare le violenze, come in parte è avvenuto con il ritiro anticipato dell¹esercito dal Libano del sud. Il disprezzo per la vita umana permette ad Arafat di strumentalizzare giovani vite per usarle come bombe e ottenere risultati che non sarebbero mai stati possibili in una guerra o anche in una guerriglia convenzionali. Sharon ha capito il gioco di Arafat e quindi sa che un cedimento in queste condizioni sarebbe come ³pagare il pizzo² a una banda di mafiosi. Ma è chiaro che anche per lui non dev¹essere facile capire qual è la cosa migliore da farsi in circostanze come queste.



Pregate per la pace di Gerusalemme!

Quelli che ti amano vivano tranquilli.

Ci sia pace all'interno delle tue mura

e tranquillità nei tuoi palazzi!

Per amore dei miei fratelli e dei miei amici,

io dirò: «La pace sia dentro di te!»

Per amore della casa del SIGNORE, del nostro Dio, io cercherò il tuo bene.

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