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La Stampa - Avvenire Rassegna Stampa
04.10.2017 Gaza: Hamas e Fatah verso un compromesso? Sarà decisivo il controllo delle armi nella Striscia
Commento che informa di Giordano Stabile, la disinformazione di Federica Zoja

Testata:La Stampa - Avvenire
Autore: Giordano Stabile - Federica Zoja
Titolo: «Gaza, Hamas cede il potere ma non le armi - L'Anp governa a Gaza Israele studia sanzioni»
Riprendiamo dalla STAMPA di oggi, 04/10/2017, a pag.14 con il titolo "Gaza, Hamas cede il potere ma non le armi" il commento di Giordano Stabile; da AVVENIRE, a pag. 15, con il titolo "L'Anp governa a Gaza Israele studia sanzioni", il commento di Federica Zoja.

Ecco gli articoli:

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La "soluzione" palestinese

LA STAMPA - Giordano Stabile: "Gaza, Hamas cede il potere ma non le armi"

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Giordano Stabile

Il governo palestinese ritorna a Gaza dopo dieci anni di regno di Hamas ma il movimento islamista sembra disposto a cedere soltanto i ministeri, e non le armi. La «riconciliazione» fra le due anime palestinesi è arrivata dopo mesi di lavoro diplomatico, e ai fianchi, di Egitto e Arabia Saudita. Il presidente egiziano Al-Sisi ha imposto una stretta durissima sulla Striscia, in tandem con il raiss palestinese Abu Mazen, che ha bloccato per mesi i pagamenti del gasolio per l’unica centrale elettrica di Gaza e ha messo con le spalle al muro la leadership di Hamas. Senza luce 21 ore su 24, con il sistema fognario al collasso, gli ospedali al lumicino, il malcontento popolare che cresceva ogni giorno, i dirigenti del movimento legato ai Fratelli musulmani hanno dovuto cedere alle richieste di Abu Mazen e del suo partito, Al-Fatah, spalleggiati dagli alleati arabi e, discretamente, da Israele. Il mai decollato governo di unità nazionale, formato nel 2014, ha così potuto prendere finalmente i poteri anche a Gaza. L’altro ieri il premier Rami Hamdallah è arrivato nella Striscia, accolto da migliaia di persone festanti, che sventolavano anche bandiere egiziane e ritratti di Al-Sisi. Ieri si è tenuta la prima riunione ministeriale ma è anche ripartito il braccio di ferro fra le due «anime».

 

 

Abu Mazen, intervistato da una tv egiziana, ha chiarito subito quale dovrà essere il prossimo passo, il disarmo del braccio militare di Hamas, le temibili Brigate Ezzeldim Kassam che contano su 25 mila uomini e un arsenale missilistico di tutto rispetto. «Non voglio un modello Hezbollah in Palestina», ha detto il vecchio presidente, pur dicendosi disposto a lasciare il posto a un concorrente di Hamas, «se il popolo lo voterà». Il modello Hezbollah significa una milizia che non risponde a nessuno se non ai leader di partito, uno Stato nello Stato. Il leader di Hamas Ismail Haniyeh ha però replicato che «finché ci sarà un’occupazione sionista della Palestina» il popolo ha diritto a resistere in tutti i modi: «Ci sono le armi di esercito e polizia e ci sono le armi della resistenza». Il difficile arriva ora e il premier israeliano Benjamin Netanyahu ha avvertito tutti: non accetterà una «riconciliazione» che metta «a rischio l’esistenza di Israele». Cioè che lasci Hamas libero di agire e non tagli i legami con l’Iran.

 

 

Avvenire - Federica Zoja: "L'Anp governa a Gaza Israele studia sanzioni"

Federica Zoja definisce Hamas "movimento islamico", guardandosi bene dallo specificare le attività terroristiche di questo "movimento". Hamas è una organizzazione terroristica riconosciuta, nasconderlo significa dipingere i terroristi come interlocutori con cui è possibile un dialogo e un confronto. Continua in questo modo, dunque, la disinformazione sul quotidiano cattolico.

Ecco il pezzo:

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Ieri a Gaza, per la prima volta dal 2014, si è riunito il governo del premier Rami Hamdallah. Il Consiglio dei ministri ha segnato il ritorno dell'Autorità nazionale palestinese (Anp) nell'enclave amministrata dal movimento islamico Hamas dopo il golpe dell'estate 2007. Ma gli ostacoli sulla strada della riconciliazione con i rivali di al-Fatah sono ancora numerosi. Hamdallah, rientrato nella Striscia lunedì, ha cominciato a preparare il terreno a un trasferimento delle responsabilità da Hamas all'Anp, in primis finanziarie ed amministrative. Quanto a quelle militari e di gestione della pubblica sicurezza, non è ancora chiaro se e quando saranno cedute agli uomini di Abu Mazen. Hamdallah ha garantito che il governo è determinato ad assumersi tutti i suoi compiti nella Striscia «senza eccezioni» e sottolineato che «la riconciliazione spingerà i Paesi donatori a mantenere i propri impegni», facendo poi appello a Israele a «togliere l'assedio imposto alla Striscia».

Così anche il presidente Abu Mazen ha ricordato che «senza unità non pub esistere uno Stato palestinese». Tuttavia Abu Mazen ha lanciato un monito all'ala militare di Hamas: «Se qualcuno di al-Fatah ha un'arma illegittima in Cisgiordania, lo arresto. Lo stesso a Gaza». La risposta di Ismail Haniyeh, numero uno di Hamas, non si è fatta attendere. Intervistato dall'egiziana On Tv, Haniyeh ha rivendicato il diritto dei palestinesi ad armarsi contro Israele: «Ci sono due tipi di armi: quelle del governo, della polizia e delle forze di sicurezza, e le decisioni su questo tipo di armi sono di responsabilità del governo». Il secondo tipo «è l'arma della resistenza: e finché esiste un'occupazione sionista sulla terra palestinese, il nostro popolo palestinese ha il diritto di possedere le armi e di resistere», ha chiarito il politico.

Parole che avvalorano i timori della destra conservatrice israeliana e del governo di Gerusalemme. Il premier Benjamin Netanyahu, a margine di una seduta del Likud tenutasi a Maale Adumin - città-colonia situata in Cisgiordania fra Gerusalemme est e Gerico, nella quale, ha promesso, verranno costruiti «migliaia» di nuovi alloggi -, ha dichiarato: «Chi vuole fare riconciliazioni deve riconoscere Israele, smantellare l'ala armata di Hamas, spezzare i legami con l'Iran». Mentre Naftali Bennett, leader del partito nazionalista Focolare ebraico, ha invitato l'esecutivo a congelare i fondi all'Anp perché «Israele non può accettare di fungere da Bancomat per il terrorismo». Finora, determinante è stato il ruolo della diplomazia egiziana, che ha saputo ammorbidire la dirigenza di Hamas nei confronti dei "fratelli" di al-Fatah. Adesso, secondo indiscrezioni, sono in corso contatti con alti funzionari israeliani. Ottimismo è stato espresso dal presidente egiziano al-Sisi: «Sono sicuro che le maggiori potenze mondiali, quando vedranno che i partiti palestinesi sono pienamente consapevoli dell'importanza del dialogo per raggiungere l'obiettivo della pace, contribuiranno a realizzarla».

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