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Riprendiamo dalla STAMPA di oggi, 26/09/2017, a pag.14 con il titolo "Kurdistan, voto di massa per l'indipendenza" il commento di Giordano Stabile; dal CORRERE della SERA, a pag. 19, con il titolo "Da Ankara all’Iran tutti contro il referendum Anche l’Onu", il commento di Lorenzo Cremonesi. Ecco gli articoli: LA STAMPA - Giordano Stabile: "Kurdistan, voto di massa per l'indipendenza"
Si sono vestiti a festa. Le donne con i lunghi abiti a disegni floreali, i veli trasparenti, a volte ricamati in oro, gli uomini in choka, il vestito tradizionale dalla larga fascia in vita. Arrivano con i bambini in braccio o per mano, come a un matrimonio, a una celebrazione. È il «grande giorno». Il battesimo del Kurdistan indipendente. Si sono messi in fila al mattino presto, prima ancora che aprissero i seggi. «Aspettiamo da tanti anni, non potevamo arrivare in ritardo», scherza Mahmoud Fahmi, un ottico di 37 anni, con un grande sorriso e gli occhi battaglieri: «Alle minacce siamo abituati, ci hanno sempre ricattati, non sarà peggio adesso che siamo indipendenti: se poi passano ai fatti, abbiamo tutti il kalashnikov in casa, vengano». CORRIERE della SERA - Lorenzo Cremonesi: "Da Ankara all’Iran tutti contro il referendum Anche l’Onu" Una vittoria sulla carta che nei fatti può trasformarsi in una catastrofe: dal relativo benessere e dalla simpatia conquistata tra la comunità internazionale nella lotta contro Isis, alla tragedia della guerra, delle divisioni interne, nell’isolamento quasi totale. Tanti sono i rischi presi dai dirigenti della regione autonoma curda in Iraq nell’aver scelto ieri di continuare imperterriti sulla via del referendum per l’indipendenza da Bagdad, nonostante il crescere del fronte contrario tra amici e nemici storici. A prima vista il progetto voluto con caparbia e coerenza dal presidente Massoud Barzani può apparire come il logico compimento di un meritato sogno nato dallo sfaldamento dell’Impero Ottomano un secolo fa e poi guadagnato in decenni di lotte e sofferenze. «Volete che la regione del Kurdistan e le aree curde limitrofe divengano un Paese indipendente?», recitava la domanda presentata nelle urne ieri ai 5,2 milioni di curdi iracheni (oltre il 15% della popolazione dell’Iraq). Il tasso di partecipazione ha superato il 76% e i media locali parlano di un «sì» scontato, che verrà annunciato nelle prossime ore. Per chi ricorda il dramma degli attacchi con le bombe chimiche da parte dell’esercito di Saddam Hussein contro i villaggi curdi tre decadi fa tutto ciò può sembrare giusto e legittimo. Eppure, già le prime reazioni sul terreno rivelano un futuro minaccioso. Bagdad prima tra tutti parla di una possibile invasione contro le forze che vogliono «smembrare l’unità del Paese». L’esercito nazionale, assieme alle milizie sciite, che sino a ieri combattevano spalla a spalla con i Peshmerga (le forze militari curde irachene) contro Isis, potrebbe nelle prossime ore puntare su Erbil e Sulaymaniyah. Simbolo delle tensioni è la città petrolifera di Kirkuk, con la sua massiccia popolazione turcomanna, sciita e sunnita, dove ieri i militari curdi avevano imposto il coprifuoco addirittura due ore prima della chiusura dei seggi. Più gravi ancora per Barzani sono però le critiche della Turchia di Erdogan. Da alleato e maggior partner economico dell’autonomia curda, il presidente turco si schiera adesso con Bagdad, dispiega i soldati sul confine e minaccia di chiudere il passaggio di uomini e merci. «Considero il risultato del referendum nullo e vuoto», tuona. La sua preoccupazione è quella di sempre. Erdogan teme che la febbre indipendentista possa diffondersi a macchia d’olio tra la minoranza curda in Turchia e farà di tutto per impedirlo, come del resto sta già facendo contro le milizie curde in Siria. Anche Teheran prospetta di bloccare gli scambi economici e reprimere ulteriormente la minoranza curda iraniana. Per una volta i toni degli Ayatollah non sono molto diversi da quelli di Washington, dove da mesi è categoricamente criticata la scelta del referendum. Tanto che in serata l’Onu ha emesso un comunicato sugli «effetti destabilizzanti» della mossa curda. Per inviare la propria opinione, telefonare:
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