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La Repubblica - Il Giornale Rassegna Stampa
20.04.2017 Free Ebrei pubblica 'Mein Kampf' in edizione critica: un'iniziativa meritoria, ben diversa da quella di propaganda del Giornale
Recensioni di Angelo Bolaffi, Matteo Sacchi

Testata:La Repubblica - Il Giornale
Autore: Angelo Bolaffi - Matteo Sacchi
Titolo: «Il»

Riprendiamo dalla REPUBBLICA online (http://www.repubblica.it/cultura/2017/04/19/news/il_mein_kampf_in_italiano_un_edizione_anti-fake_news-163329071/?ref=RHRS-BH-I0-C6-P24-S1.6-T1), con il titolo "Il "Mein Kampf" in italiano, un'edizione anti-fake news", la recensione di Angelo Bolaffi; dal GIORNALE, a pag. 15, con il titolo "Arriva un altro "Mein Kampf" ma stavolta nessuno protesta", la recensione di Matteo Sacchi.

Ecco gli articoli:

LA REPUBBLICA - Angelo Bolaffi: "Il "Mein Kampf" in italiano, un'edizione anti-fake new"

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Angelo Bolaffi

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Adolf Hitler

ADOLF Hitler continua a tormentare la coscienza europea. Anzi col passare dei decenni aumentano anziché diminuire gli interrogativi attorno a quello che appare sempre più un enigma storico, nonostante studi e ricerche sulla sua figura e sul movimento da lui guidato riempiano intere biblioteche. Proprio come aveva profeticamente intuito Salvator Dalí intitolando un suo quadro del 1939 "El enigma de Hitler". Il capo politico - vera e propria incarnazione del "male assoluto" - che nel giro di pochissimi anni fu capace di trascinare nella barbarie la Germania provocando la più traumatica frattura di civiltà dell'epoca moderna, sulla cui luciferina pericolosità i suoi contemporanei presero un abbaglio catastrofico commettendo un tragico errore di sottovalutazione, ci costringe sempre di nuovo a decifrare cause e dinamiche di un fenomeno politico evidentemente impossibile da storicizzare. Di più. Le inquietanti dinamiche dell'odierna crisi epocale che sta sconvolgendo i paradigmi culturali e geopolitici dell'Occidente impongono un supplemento d'indagine non solo sulle modalità storico-politiche che consentirono la presa del potere ma soprattutto un'analisi critica dei lemmi del messaggio grazie al quale Hitler riuscì a "convertire" una nazione al suo programma di odio e di violenza. Occorre esaminare, dunque, le parole di quella Lingua Tertii Imperii - questo il titolo della magistrale indagine condotta da Victor Klemperer (Giuntina, 2008) - grazie alla quale Hitler e il regime nazista riuscirono, con l'obiettivo politico di manipolare le masse, ad asservire il pensiero stesso e la cultura di un intero popolo. A cominciare da Martin Heidegger.

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Vincenzo Pinto

"Spero molto che tu faccia i conti in modo approfondito con il libro di Hitler", questa la calda esortazione rivolta dal filosofo al fratello Fritz in una lettera del 1931: "Che questo individuo abbia e abbia avuto uno straordinario e sicuro istinto politico quando tutti noi avevamo ancora la testa annebbiata, questo non lo può negare nessun individuo ragionevole (...) Non si tratta più di politica partitica ma della salvezza o del tramonto dell'Europa e della cultura occidentale". Per questo va salutato come un importante avvenimento politico-culturale la pubblicazione in italiano di una edizione finalmente critica del Mein Kampf (Adolf Hitler: La mia battaglia , Free Ebrei edizioni, da domani acquistabile online sulle principali piattaforme in formato digitale e cartaceo) curata da Vincenzo Pinto, studioso del sionismo e dell'antisemitismo. Free Ebrei è un'associazione nata nella primavera del 2012 come sito d'informazione, per promuovere lo studio e la comprensione dell'identità ebraica: La mia battaglia inaugura la loro collana editoriale "Documenti". A questo volume, introdotto da un saggio dello storico britannico Richard Overy, farà seguito un secondo nel quale autori italiani e stranieri approfondiranno i principali problemi del Mein Kampf e lo stesso curatore ripercorrerà criticamente la vicenda delle precedenti traduzioni italiane (alcune ancora presenti nelle librerie online, mentre lo scorso anno il testo è stato distribuito in edicola, tra le polemiche, dal quotidiano Il Giornale ). Come si ricorderà lo scorso anno, a cura dell'Istituto di storia contemporanea di Monaco di Baviera, era apparsa una edizione storico-critica del Mein Kampf (diventata poi bestseller): una scelta editoriale, quella degli storici tedeschi che ha sollevato nell'opinione pubblica, e non solo in Germania, un dibattito molto acceso, nel quale le valutazioni positive hanno ampiamente prevalso.

Anche se non sono mancate autorevoli voci di dissenso come quella del britannico Jeremy Adler, studioso della letteratura della Shoah. Questa edizione italiana, che tiene ovviamente conto di quella tedesca, è la prima che appare in un paese dell'Europa occidentale (in Francia è prevista una edizione per l'anno prossimo presso l'editore Fayard, mentre in Inghilterra verrà pubblicata una traduzione integrale dell'edizione tedesca), ed è accompagnata da un imponente apparato storico-critico pensato non solo per una cerchia ristretta di specialisti, ma anche a scopi didattici. Infatti il lettore avrà a disposizione non solo una minuziosa cronologia della vita di Hitler fino al 1926, anno in cui apparve il secondo volume de La mia battaglia , ma anche un notevole glossario e un completo indice dei nomi. Inoltre ognuno dei 27 capitoli in cui è suddiviso il Mein Kampf viene introdotto da una sinossi contenente genesi, riassunto, analisi, parole chiave, bibliografia e un approfondimento in due sezioni: analisi retorica e analisi storico-culturale. A parere del curatore Vincenzo Pinto, la cultura italiana "non ha ritenuto l'opera degna di rilevanza, finendo per mitizzare un testo molto disprezzato e sottovalutato", commettendo lo stesso errore compiuto dalla Germania di Weimar che lo fece oggetto di feroci stroncature: un libro "noioso, confuso, scritto male e fumoso" lo definì un recensore, mentre un altro parlò di "un guazzabuglio di frasi costruite male oppure sbagliate dal punto di vista grammaticale, che non ha alcun valore intellettuale".

Contro tale superficiale e autolesionistico atteggiamento di colpevole incomprensione, La mia battaglia intende guardare in faccia l'incarnazione del "male" scoprendo che non è né metafisico né folle ma terribilmente "umano, troppo umano". Niente esoterismo, niente magia, dunque. Hitler ha usato l'ebreo per creare il suo movimento populista facendo dell'ebreo il "nemico" della civiltà occidentale. Per riuscire a "scardinare in profondità il meccanismo retorico che alimenta il messaggio hitleriano", come spiega Pinto, esso va vivisezionato. Hitler e come lui anche altri politici populisti non possono essere "compresi attraverso una logica deduttiva o induttiva, semmai serve quella abduttiva", "nel senso indicato filosoficamente da Charles S. Peirce, elaborato storicamente da Carlo Ginzburg e semanticamente da Umberto Eco". Scopriremo così che l'antisemitismo di Hitler non è un semplice assioma del nazionalsocialismo, né il prodotto (più o meno distorto) di singoli episodi della vita reale. È invece "la deduzione "a ritroso" del medico detective che analizza i "presagi": i sintomi di decadenza fisica e morale lo portano a "scoprire" una "malattia" più profonda che va "giustificata" sul campo. Qui sta la grande forza del mito nazionalsocialista nelle democrazie di massa, ma anche la sua intrinseca debolezza: è l'espressione di un sentimento atavico (il bisogno di un capro espiatorio) che può essere risvegliato, ma che può anche essere messo a tacere dalle armi dei "semplici" fatti".

Nel saggio intitolato La tecnica dei nostri miti politici - l'ultimo scritto prima di morire nel 1945, nel suo esilio americano - Ernst Cassirer sostiene che nel periodo tra le due guerre mondiali sarebbe avvenuto non solo un mutamento radicale nelle forme della vita politica e sociale ma anche una completa trasformazione nelle forme del pensiero politico giacché "il tratto forse di maggior rilievo, ed è insieme il più allarmante, nell'evoluzione della nostra vita politica è il sorgere improvviso di un nuovo potere: il potere del pensiero mitico". Una diagnosi stilata dal grande pensatore tedesco per decifrare l'enigma Hitler e più in genere il fenomeno del totalitarismo, e che suona terribilmente attuale in un mondo in cui l'agire politico è dominato da un nuovo potere: quello delle fake news.

IL GIORNALE - Matteo Sacchi: "Arriva un altro "Mein Kampf" ma stavolta nessuno protesta"

La posizione del Giornale è pretestuosa e fuorviante perché l'edizione di "Mein Kampf" pubblicata da Free ebrei è un'edizione critica, utile per lo studio e la comprensione del testo di Hitler. Il volume che invece il Giornale a giugno 2016 ha allegato al quotidiano, proponendolo come regalo ai lettori, mancava invece di queste caratteristiche ed era utile soltanto alla diffusione delle menzogne in quel testo contenute.

Ecco l'articolo:

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Qual è l'antidoto al nazismo? La risposta è abbastanza condivisa nel mondo occidentale: studiarlo. Ma nello studio del nazismo ci si è a lungo fatti condizionare da dei tabù. Uno di quelli più difficili da superare è stata la lettura del testo in cui Adolf Hitler (1889-1945) ha condensato il suo pensiero, il Mein Kampf. Su quanto il libro fosse disorganico, zeppo di citazioni rubate, disorganico ma anche profetico delle scelte naziste (se qualcuno lo avesse compulsato attentamente avrebbe avuto con anni di anticipo le idee chiare sulle linee di espansione tedesca della Seconda guerra mondiale) è stato scritto molto. Però l'accesso diretto alla fonte, o almeno il ristamparla, è stato a lungo illegale in molti Paesi. A partire dalla Germania dove il governo della Baviera, detenendone i diritti, ne ha vietato la ristampa sino a che non sono scaduti (il 31 dicembre 2015). Per carità, il testo circolava comunque ma proprio il fatto che sia diventato libero ha fatto sì che in Germania si sia optato per una riedizione critica. È stata curata da un team di storici dell'Institut für Zeitgeschichte (l'istituto di storia contemporanea) di Monaco di Baviera: due volumi, 59 euro, 2mila pagine, 3.500 note critiche. Scopo dichiarato: smitizzare il volume.

Ora la stessa operazione viene ripetuta in Italia dall'editore Free Ebrei. È una casa editrice e associazione culturale fondata da Vincenzo Pinto, storico del sionismo e dell'antisemitismo. Nata nella primavera del 2012 come sito web d'informazione, Free Ebrei ha dato vita, nel corso del tempo, anche a una rivista semestrale. Pubblica anche testi di storia e letteratura tedesca e yiddish. Il Mein Kampf (pagg. XXXIII+640, 9.99 euro per l'ebook, 29.99 euro per il cartaceo) inaugura la collana editoriale «Documenti». L'edizione, che dai prossimi giorni sarà venduta in rete, riprende quella tedesca ed è decisamente più ampia di quella italiana non autorizzata della Kaos edizioni (che pur vanta la pregevole introduzione di Giorgio Galli). I punti forti sono: il glossario dei termini notevoli, una buona sinossi introduttiva dei singoli capitoli che ne spiega anche in parte la genesi, l'indice dei nomi (molto utile per muoversi all'interno di un'opera così vasta). Interessante anche il fatto che sia stata svolta una ritraduzione integrale curata proprio da Vincenzo Pinto e dalla germanista Alessandra Cambatzu (mancata l'autunno scorso a Berlino). Tra gli scopi dichiarati del curatore, mostrare le radici del populismo nazista e le caratteristiche dell'antisemitismo di Hitler: «L'ebreo non è il nemico metafisico, ma è il nemico politico». Un testo che quindi mette in mano al lettore una fonte importante e rompe un tabù pericoloso. Non stupisce quindi che Repubblica dedichi al libro una pagina intitolata: «Il Mein Kampf in Italiano un'edizione anti-fake news».

Con un occhiello che chiosa: «Utile per capire le radici di tutti i populismi». Più stupefacente che quando una iniziativa simile fu portata avanti da il Giornale - ripubblicazione del Mein Kampf nell'edizione originale italiana del 1934 con una introduzione del professor Francesco Perfetti, in concomitanza con la pubblicazione di una storia del Terzo Reich firmata da alcuni dei maggiori storici contemporanei- si sia scatenata una polemica furiosa. Ma alla fine quello che conta, per chiunque abbia poca simpatia per i totalitarismi, è levare al Mein Kampf quell'aura di proibito che ne ha fatto la fortuna (enorme ad esempio nel mondo arabo dove piace agli islamisti per il suo sfondo antisemita). Quindi ben venga l'edizione, pregevole, di Free Ebrei, a cui a breve dovrebbe seguire anche un volume collettaneo di saggi critici studiosi italiani e stranieri (fra cui alcuni dei partecipanti all'edizione critica tedesca).

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