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Tutti i quotidiani puublicano oggi, 14/06/2016, cronache, commenti e analisi sulla strage omofoba/islamica di Orlando. Scegliamo, fra i molti, due commenti, il primo di Fiamma Nirenstein, sul GIORNALE a pag.14, che, unico fra tutti, affronta il problema dell'omofobia senza limitarlo all'islam (per altro definito 'primo inferno'), ma esamina e cita l'omofobia delle nostre civiltà, delle quali critica il peso del richiamo alla famiglia patriarcale. Il secondo, di Paul Berman, sul CORRIERE della SERA, a pag.9, autore del non dimenticato libro " Terore e liberalismo"(pubblicato da Einaudi) nel quale spiegava l'identità del nemico da combattere, scritto nel 2004. Ecco l'identità del nemico. In questa sua nuova analisi dimostra come non si potrà sconfiggere nessun terrorismo se non lo si chiama con il suo nome: islamico. Il che ci fa dubitare dalla capacità di Hillary Clinton, nel caso dovesse essere eletta presidente degli Stati Uniti, di saper affronatre nei giusti termini il terrorismo. Con questo non sposiamo Trump, e questo rende ancora più drammatico lo scenario elettorale americamo.
Il Giornale-Fiamma Nirenstein: " Carcere e pena di morte. Così l'islam è diventato il primo inferno dei gay"
E' un gioco stupido e dannoso quello per cui i vari commenti sulla carneficina di Orlando si dividono fra chi dà tutta a responsabilità alla matrice islamica dell'attentato, e chi invece a quella omofobica. Un certo Islam è omofobico, punto. Peggio ancora, quando si attribuisce la strage al facile commercio delle armi negli Usa: gli attentatori della strage di Parigi non avevano comprato oltreoceano i loro mitra né i terroristi palestinesi a Tel Aviv. E risulta scoraggiante che Obama, che pure è stato giusto nel sostegno nazionale alla comunità gay tanto colpita, non sia riuscito a trascinare la sua oratoria oltre la parola «terrorismo» (già difficile per lui) e «crimine d'odio», hate crime, fino a sillabare finalmente la parola «musulmano» o «Islam». La strage di Omar Mateen, di cui repugna ricordare solo il nome perché era quello che lui e l'Isis volevano, è sia islamica che omofobica. Punto. Non c'è contraddizione. Certo, esistono moltissimi islamici che non sono omofobici, e, come dicevamo, molti omofobi che non sono islamici. I primi oggi devono essere abbracciati, incoraggiati, e soprattutto deve esser richiesto loro di agire presso i loro fratelli per comunicare il loro Islam, e non quello dell'odio antigay. I secondi, anche se non hanno sparato, non si devono sentire al di sopra degli eventi di questo momento terribile per tanti essere umani con diritti pari ai nostri. Forse, anzi, è un momento opportuno per capire le loro famiglie, i loro compagni violati da una crudeltà che ogni giorno, sia pure in modo meno terribile, si awenta contro persone che dovrebbero essere protetti dal principio di eguaglianza sottoscritto dalle democrazie Sulla mappa degli attacchi contro i gay nel nostro Paese, le botte e i delitti sono all'ordine del giorno. Il peso della tradizione giudaico-cristiana è forte, può passare dalla nostalgia per la famiglia patriarcale alla violenza. Succede continuamente, specie quando l'identificazione della comunità gay viene insieme a quella dei danni della «modernità». Angelo Pezzana ricordava ieri in un suo editoriale su Informazione Corretta come l'istigazione a uccidere i gay sia molto più diffusa di quello che si pensi, tanto da esprimersi a volte quasi inconsciamente. Con l'Islam l'attacco è invece del tutto esplicito, e non soltanto nel caso dell'Isis che butta gli omosessuali dai tetti e manda in giro le fotografie dei delitti per testimoniare la sua fedeltà alla sharia: ci sono parecchi paesi dominati dalla sharia che hanno nei loro ordinamenti giuridici la pena di morte per gli omosessuali, e la praticano. Le immagini degli impiccati appesi alle gru in Iran sono note a tutti, e sono migliaia. I paesi islamici in cui si applica la pena di morte ai gay, cioè si compara la loro sessualità all'adulterio punito con la lapidazione sono: Afghanistan, Brunei, Iran, Mauritania, Nigeria, Arabia Saudita, Sudan, Emirati Arabi, Yemen, e Turlanenistan (solo i maschi). In molti altri Paesi a maggioranza musulmana l'omosessualità è illegale, punita con carcere e frustate e talora da squadroni della morte. La vita degli omosessuali è impossibile in quasi tutti questi Paesi e la fuga frequente, dall'Autonomia Palestinese per esempio è molto comune scappare in Israele. Le «sure» del Corano e i hadith sono espliciti e puntivi sull'omosessualità, e spiegano che «se ogni donna ha un demone, allora un bel giovane ne ha 17», e paragonano i «figli di Loth» ai criminali passibili di terribili punizioni. La Turchia, il Libano e un'altra ventina di Paesi a maggioranza islamica più propensi ad accettare la modernità (fra questi l'Albania, l'Azerbaigian, la Bosnia, e vari Paesi africani come il Ciad o il Burkina Faso) non considerano l'omosessualità un crimine, e discutono leggi di parificazione. Dunque ci sono vari fronti: il primo è il mostro che impugna le armi e la mannaia; il secondo è durissimo comunque, e ancora sa di carcere e frustate; il nostro è il fronte ideologico contro l'irresistibile avanzare della società democratica. Certo, le strategie di guerra sono ben diverse, e l'Islamismo richiede la più aspra.
Corriere della Sera-Paul Berman: " Ma occorre dare un nome al radicalismo"
I terroristi della jihad dovranno essere sconfitti su tre fronti contemporaneamente: dalle forze dell’ordine, dagli interventi militari, e nel dibattito ideologico. In questo frangente è difficile identificare quale di questi tre fronti appaia il più sguarnito. Le forze di polizia non hanno un compito facile, ma è anche vero che in Florida, come in altri Stati, gli agenti in strada hanno dato prova di grandissimo valore e dedizione. Ma si può dire altrettanto del settore investigativo? Ormai ci siamo abituati a venire a sapere, in occasione di ogni nuovo attentato, che polizia e autorità federali e locali erano già a conoscenza dei terroristi, ma per qualche motivo non era stato possibile intervenire prima per bloccarli. In Florida, l’Fbi conosceva Omar Mateen, il jihadista, e per ben due volte lo aveva sottoposto a indagini, senza però riuscire a emettere un mandato di arresto. Stessa cosa a Parigi e Bruxelles. La reazione davanti a questi insuccessi delle forze dell’ordine tuttavia non ci dovrà spingere a rinunciare alla legalità. La legge è il nostro punto di forza, non di debolezza. Ma per essere efficace, la legge dev’essere calibrata a seconda delle criticità. E' davvero impossibile ripensare in modo intelligente le leggi e gli interventi di polizia? Nel caso del massacro di Orlando, il terrorista ha potuto legalmente acq uista re le s ue a rmi . E q uesta è una follia . S ul fronte militare? Potrebbe anche darsi che negli ul- timi mesi la coalizione ufficiosa degli Stati Uniti e delle potenze occidentali con i nostri alleati arabi e musulmani abbia inferto colpi decisivi contro lo Stato Islamico in Siria, Iraq e Libia. Purtroppo, però, 15 anni dopo l’11 settembre ci ritroviamo ancora qui, a parlare di coalizioni ufficiose, invece che di salde ed efficaci alleanze militari. Come si giustifica l’assenza di strategie a lungo termine? Ad ogni modo, nel 2001 l’impero dei jihadisti, sotto la guida di Osama bin Laden, era limitato esclusivamente all’Afghanistan. Oggi l’impero dei terroristi è un arcipelago di regioni sparpagliate da un capo all’altro del pianeta, compresi vasti tratti dell’ Afghanistan. Malgrado tutte le Corriere della Sera- Giovanna Grassi:" Abbiamo fatto grandi passi,eppure l'umanità 'diversa' genera ancora odio e violenza Il sito di Ellen DeGeneres, popolarissima in Usa come conduttrice televisiva e attrice, è stato preso d’assalto ieri dopo il massacro a Orlando. Ellen, appartenente con la sua compagna Portia DeRossi alla comunità Lgbt, impegnata in questi giorni nel lancio del film Disney, Alla ricerca di Dory, in cui presta la voce alla pesciolina coprotagonista nel precedente Alla ricerca di Nemo, ha fatto coming out anni fa ed è da sempre una leader dei diritti civili Lgbt. Non esita a dire: «È stato un atto di violenza discriminatoria e che, quindi, ci siano oppure no collegamenti politici, è di per se stesso sociale e politico nella mani er a peggiore. Inoltre è importantissimo sottolineare ancora una volta l’endemico problema delle armi a portata di tutti negli Stati Uniti. Molto cammino è stato fatto, ma avvenimenti tragici come quello avvenuto in Florida testimoniano, oltre alla diffusione delle armi non certo solo a scopo difensivo, la cancrena di atteggiamenti aggressivi, la violenza repressa o esplicita che l’umanità “diversa” genera. Il mio cuore, le mie emozioni sono feriti e tutta la mia solidarietà va anche alla Lgbt di Orlando e a tutti i nostri fratelli e sorelle». «Come prevenire quanto è accaduto? — prosegue —. Non so, non possiamo dare una risposta generica in un mondo che sempre più spesso appare impazzito, percorso da rabbie e discriminazioni, ma questo è un autentico, radicato atto di terrorismo che deve far pensare tutti e farci singhiozzare, farci meditare su ogni estremismo “religioso”, assolutista in maniera distorta, malata». «Specialmente in questi giorni non bisogna avere paura, non bisogna sentirsi intrappolati dall’odio dimostrato da un 29enne: bisogna anche sottolineare che il terrorismo oggi ha molte facce, una di questa si è palesata a Orlando, contro centinaia, migliaia di musulmani che rigettano ogni forma di estremismo e diramazione del cancro della violenza». Riprende su un tema che le sta a cuore: «Quando io feci coming out alla fine degli anni Novanta subii ostracismi di ogni sorta, la mia sitcom registrò, dopo l’annuncio, un calo di ascolti, vennero cancellate proposte di lavoro che prima delle mie dichiarazioni mi era-no state fatte, ma io, come dissi anche a una cerimonia degli Emmy dopo l’attacco dell’11 Settembre, cercai di Viviana Mazza: " E' stupido negare che esista l'omofobia nelle società islamiche"
Tutte sacrosante le dichiarazioni di Saleem Haddad, ma nel pezzo di Viviana Mazza manca una precisazione indispensabile per capire le coraggiose dichiarazioni di Saleem, metà musulmano, con,tutto quello che comporta: vive a Londra con il suo compagno, è vivere in un paese democratico che gli permette di avere una vita libera di pensare e giudicare. «Avrei potuto esserci anch’io in quel club. Per noi i bar sono luoghi sicuri, un attacco del genere ci scuote tutti». Lo scrittore Saleem Haddad ha risposto alla strage nel nightclub gay di Orlando pubblicando su Facebook la foto di tre uomini arabi vestiti da donna (tra cui c’è anche lui) accomp agnata d a un messaggio contro l’omofobia, contro l’islamofobia e contro «gli ipocriti che usano l’una per giustificare l’altra». Haddad, 32 anni, è gay e arabo: nato in Kuwait da padre palestinese-libanese e madre tedesca-irachena, in una famiglia musulmana ma anche cristiana, ha raccontato nel suo romanzo «Ultimo giro al Guapa» (edizioni e/o) i bar gay del Medio Oriente soggetti a retate ed arresti; il «Guapa» come il «Pulse» sono per lui «luoghi politici» dove si può essere se stessi al riparo dall’omofobia. Qual è stata la reazione alla strage di Orlando nella comunità Lgbt musulmana? «Molti, non so lo tra i gay ma anche tra i miei amici musulmani eterosessuali, hanno detto che dovrebbe essere un’opportunità per noi per parlare dell’omofobia nelle nostre società. Non dovremmo aver paura di discuterne. Il dibattito e la lotta all’omofobia e al patriarcato nelle comunità arabe e musulmane è iniziato ben prima di questo attacco, e da allora abbiamo rafforzato le nostre voci in Medio Oriente». Ma ci sono divisioni all’interno della comunità Lgbt? «Noi queer arabi e musulmani siamo dalla parte delle vittime, perché siamo parte della comunità Lgbt. Ma a bbiamo sempre dovuto affrontare l’islamofobia anche all’interno della comunità Lgbt perché c’è chi vede i musulmani come ostili ai diritti gay. Noi siamo incastrati, ci sentiamo parte di entrambe le comunità. Mi infurio quando Donald Trump, che non ha fatto mai nulla per la comunità Lgbt, usa Orlando per giustificare l’odio contro i musulmani». Non si può riconoscere che c’è un problema nelle società musulmane e allo stesso tempo che non è un problema esclusivo? «Negare che l’omofobia esista nelle società musulmane è stupido e dobbiamo smettere di farlo. Allo stesso tempo, bisogna riconoscere che esiste in ogni comunità. Se si guarda ai diritti transgender, alle nozze gay, sulle leggi contro la discriminazione è evidente come l’omofobia faccia parte della società americana : tra i bianchi, i neri, i latinos, i musulmani. A Orlando, in Fl orida, gli omosessuali non possono donare il sangue alle vittime. Questa è omofobia. Non possiamo far finta che non ci sia un problema nelle società islamiche, ma questo problema va al di là dell’Islam. L’attacco di Orlando è un attacco omofobo. Stavolta è stato un musulmano ma, nello stesso giorno, la polizia ha impedito un altro attacco al Pride di Los Angeles per mano di un non musulmano» . Secondo un sondaggio del Pew Research center, nella maggioranza dei Paesi mediorientali l’omosessualità viene rifiutata. Qual è il problema: le leggi o la mentalità? «È difficile separare le due cose — le leggi omofobe e patriarcali contribuiscono a creare un clima omofobo, che a sua volta consente alle l eggi di restare in vigore. Ma spingendo Per inviare la propria opinione, telefonare: segreteria@ilgiornale.it lettere@corriere.it |
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