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La Stampa - Corriere della Sera Rassegna Stampa
23.07.2015 Renzi alla Knesset: 'Voi non avete il diritto ma il dovere di esistere'
Cronache e commenti di Maurizio Molinari, Davide Frattini

Testata:La Stampa - Corriere della Sera
Autore: Maurizio Molinari - Davide Frattini
Titolo: «'No al boicottaggio di Israele, uniti contro il terrorismo' - 'Voi non avete il diritto ma il dovere di esistere'»

Riprendiamo dalla STAMPA di oggi, 23/07/2015, a pag. 8, con il titolo "No al boicottaggio di Israele, uniti contro il terrorismo", la cronaca e commento di Maurizio Molinari; dal CORRIERE della SERA, a pag. 11, con il titolo "Voi non avete il diritto ma il dovere di esistere", la cronaca e commento di Davide Frattini.

Ecco gli articoli:

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LA STAMPA - Maurizio Molinari: "No al boicottaggio di Israele, uniti contro il terrorismo"

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Maurizio Molinari

«No al boicottaggio di Israele»: il premier Matteo Renzi sceglie il podio della Knesset, il Parlamento di Gerusalemme, per denunciare chi persegue isolamento e delegittimazione dello Stato ebraico. «Chi pensa di boicottare Israele non si rende conto di boicottare se stesso, tradire il proprio futuro» afferma Renzi, indicando nella «Start Up Nation», culla dell’alta tecnologia, una miscela di «ricchezza intellettuale ed energia mentale» della quale lui stesso è stato testimone nei laboratori dell’Università di Tel Aviv.

Partner strategici
Il premier identifica nello Stato ebraico un partner per le sfide che attendono l’Italia: «Dobbiamo essere non solo orgogliosi del passato ma gelosi del futuro» e «gli accordi universitari ci aiutano» a cominciare dal «Cern di Ginevra dove siamo insieme protagonisti nell’esplorazione della materia costitutiva dell’universo». «Il vostro destino è il nostro destino» ripete più volte il premier, sovrapponendo la comune possibilità di «crescere assieme» alla comune necessità di «battere il terrorismo che ci minaccia tutti».

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Enzo Sereni


«Le truppe italiane sono in campo in più Paesi contro la barbarie, chi ha commesso l’attentato contro il nostro Consolato al Cairo voleva intimidirci ma ha ottenuto il risultato opposto» sottolinea Renzi, aggiungendo: «Siamo uniti contro i terroristi» e nella «scelta di investire nella vita contro chi scommette sulla morte». È un discorso tutto proiettato in avanti, a cui i deputati rispondono con applausi e standing ovation. In tale cornice Renzi fa un passo in più, toccando le sensibilità più profonde di chi lo ascolta: «Israele non esiste a causa della Shoà ma nonostante la Shoà» e «non ha solo diritto ma anche dovere di esistere, per me, per i miei tre figli, per tutti».

La legittimità di Israele, per Renzi, è nelle radici del popolo ebraico non nelle persecuzioni subite: è un’idea del sionismo che richiama i padri del Risorgimento e tradisce un legame con la Bibbia che affiora dalla citazione del passaggio su Gerusalemme «luogo dei seggi del giudizio, dei seggi della casa di Davide». Per questo Renzi parla del suo viaggio come di un «pellegrinaggio laico», nel quale ricorda tre figure che riassumono il legame Italia-Israele: il partigiano antinazista Enzo Sereni, il rabbino capo di Roma Elio Toaff e il veterano della Brigata ebraica, Asher Dishon, «che ha combattuto per la nostra libertà».

La tappa a Betlemme
Sui nodi mediorientali, Renzi ribadisce la difesa dell’accordo sul nucleare iraniano, avversata da Israele, e la necessità dei due Stati per poi tornare sul negoziato di pace incontrando il presidente palestinese Abu Mazen a Betlemme. «Contiamo sull’Europa e sui Paesi arabi per far ripartire la trattativa» gli dice Abu Mazen. Anche per questo, la cena Renzi-Netanyahu nella serata di martedì è durata quattro ore con un confronto a tutto campo - condito dalla comune passione per i sigari - sulla fitta agenda dei prossimi mesi.

CORRERE della SERA - Davide Frattini: "Voi non avete il diritto ma il dovere di esistere"

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Davide Frattini

Il richiamo pronunciato da Zeev Jabotinsky in italiano e ripetuto da Benjamin Netanyahu è «Basta»: «Basta all’antisemitismo, al boicottaggio, alla violenza contro di noi», proclama dal podio della Knesset. Il padre del premier israeliano è stato per anni il segretario dell’ideologo della destra sionista, da lui ha imparato a rigettare le interferenze straniere, una diffidenza che ha educato anche il giovane Netanyahu e che sembra ammorbidirsi solo negli abbracci «all’amico Matteo» prima di lasciargli la parola. Alla Knesset aveva già accolto un primo ministro italiano considerato amico di Israele, cinque anni fa aveva elogiato il sostegno di Silvio Berlusconi.

Adesso ascolta seduto tra i ministri della sua coalizione. Gira la testa verso la tribuna a cercare il volto di Asher Dixon quando Renzi lo ringrazia («ci inchiniamo davanti a lei, giovane membro della Brigata Ebraica che venne a combattere in Italia per liberarci»), annuisce convinto quando scandisce «qualcuno oggi prova ancora a mettere in dubbio il diritto all’esistenza di questo Stato. Per tutto quello che ci siamo detti fino ad adesso appare chiaro a tutti e a ciascuno che voi non avete semplicemente il diritto a esistere. Voi avete il dovere di esistere», fa partire l’applauso dei parlamentari alle parole «chi pensa di boicottare Israele non si rende conto di boicottare se stesso», si esalta quando sente «l’esistenza dello Stato d’Israele non è una gentile concessione della comunità internazionale dopo la Shoah. L’esistenza di Israele precede di secoli ogni accordo internazionale. E lo Stato di Israele esiste nonostante l’Olocausto».

Un paio di ore prima tra le colline di Gerusalemme erano state attivate le sirene, l’esercitazione costante per un Paese che non ha mai smesso di combattere fin dalla sua fondazione. Quell’urlo meccanico di allarme entra nel discorso del premier italiano: «Solo un anno fa le vostre città erano sotto attacco. Solo un anno fa la sirena non suonava per esercitazione. La popolazione costretta a correre nei rifugi ha trovato protezione sotto l’ombrello delle nuove tecnologie di difesa. A Gaza distruzione e morte hanno lasciato un segno profondo. E subito prima tre ragazzi israeliani erano stati rapiti e barbaramente uccisi. Voglio ricordare i loro nomi: Naftali, Eyal, Gilad. Perché li sentiamo anche “nostri” ragazzi». Renzi rievoca i cinquantanove giorni di guerra dell’estate scorsa per provare a rilanciare quei negoziati che da congelati sembrano ormai aver superato la data di scadenza: «La pace che domandiamo per Gerusalemme sarà possibile solo quando sarà interamente compiuto il progetto due Stati per due popoli».

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Abu Mazen con la fotografia di Yasser Arafat

Di fiducia nelle trattative Abu Mazen, il presidente palestinese, ammette di averne ancora poca, quando accoglie nel pomeriggio il premier nella «città che è stata la culla di Cristo»: «La continua costruzione di insediamenti fa perdere la speranza al mio popolo che attende la patria da settant’anni. Le trattative sono in fase di stallo, l’Italia e l’Unione Europea devono aiutarci a superarla».

A Betlemme Renzi chiede e promette «l’impegno di tutti» per realizzare «la prospettiva nella nostra generazione di raggiungere finalmente il risultato storico della pace in questa regione». Al tramonto, prima di ripartire dopo la visita di due giorni, cammina sulle pietre lisciate nella Città Vecchia di Gerusalemme, incontra il patriarca latino Fouad Twal che gli dona un’icona della Madonna, segue i passi dei pellegrini fino alla chiesa del Santo Sepolcro e al Muro del pianto per chiudere quello che alla Knesset ha chiamato un viaggio «laico» eppure pieno di emozione religiosa verso la città che «evoca brividi solo a nominarla».

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