Riduci       Ingrandisci
Clicca qui per stampare

Il Giornale - La Stampa - La Repubblica Rassegna Stampa
01.04.2015 Vicina l'intesa con l'Iran: ecco chi informa correttamente
Analisi di Fiamma Nirenstein, Maurizio Molinari, Alix Van Buren

Testata:Il Giornale - La Stampa - La Repubblica
Autore: Fiamma Nirenstein - Maurizio Molinari - Alix Van Buren
Titolo: «Iran, intesa vicina: più nucleare per tutti - Nucleare, gli Usa vedono l'intesa. Ma Israele: fermeremo l'Iran - Dai reattori dello Scià alle centrifughe segrete, ecco i nodi del negoziato sulle centrali di Teheran»

Riprendiamo dal GIORNALE di oggi, 01/04/2015, a pag. 14, con il titolo "Iran, intesa vicina: più nucleare per tutti", l'analisi di Fiamma Nirenstein; dalla STAMPA, a pag. 12, con il titolo "Nucleare, gli Usa vedono l'intesa. Ma Israele: fermeremo l'Iran", l'analisi di Maurizio Molinari; da REPUBBLICA, a pag. 7, con il titolo "Dai reattori dello Scià alle centrifughe segrete, ecco i nodi del negoziato sulle centrali di Teheran", l'analisi di Alix Van Buren.

Ecco gli articoli:

Risultati immagini per nuclear iran cartoon
La bomba atomica "ingentilita" dell'Iran

IL GIORNALE - Fiamma Nirenstein: "Iran, intesa vicina: più nucleare per tutti "

Risultati immagini per fiamma nirenstein
Fiamma Nirenstein

A meno che non vadano in porto gli sforzi drammatici dell'ultimora che hanno allungato ancora, fino ad oggi, la discussione, è in stallo l'accordo con l'Iran per ottenere il blocco della sua attività nucleare. Non è ancora chiaro dunque se si realizzeranno i desideri di Obama che dovevano giungere a compimento ieri sera, scadenza per l'annuncio di un accordo destinato a creare un'illusione in più, fonte di pericolo e confusione, e un Iran nucleare consolidato per strada. Addirittura, Benjamin Netanyahu, se l'intesa sarà raggiunta, ha previsto che gli ayatollah avranno l'atomica in appena un anno.

Ma la fragilità dell'alleanza dei P5+1, la debolezza del protagonista americano entusiasta ma strategicamente troppo perdente in Medio Oriente per fornire garanzie d'acciaio, hanno rallentato i lavori, e così l'opposizione della Francia dopo la scoperta che l'America trattava sottobanco con gli ayatollah, e la proverbiale prudenza della Germania. Alla fine un accordo ieri non è stato stretto, e se stanotte non si percorrerà la distanza fra le parti, solo a giugno riprenderà la discussione. L'Iran in una parola sta cercando di portare a casa il suo solito successo, quello cui ci ha abituato: la delegazione mostra un volto urbano, stavolta quello del ministro degli Esteri Mohammad Javad Zarif, poi, alla fine, avvizzisce, non è più d'accordo, rompe, riceve ordini da Teheran, e dunque guadagna tempo per proseguire nel suo progetto nucleare. Come fa?

Semplice, proprio come questa volta: dimostra buona volontà mentre sposta la discussione dalle centrifughe agli altri impianti, alle ispezioni, al trasferimento dell'uranio già arricchito fuori dei suoi confini. Tutto è discutibile. Su ognuno di questi temi dice quasi sì, e poi crea all'ultimo minuto un insuperabile problema. Stavolta, la questione è il trasferimento delle riserve arricchite in Russia: sembrava un risultato raggiunto, e poi la delegazione si è freddata. Le trattative sono una palestra per (islamicamente) perseguire il proprio fine anche usando l'inganno: Sayed Hossein Mousavar, lo spokesman di Rouhani, nel 2003 il capo della delegazione iraniana, spiegò uno degli aspetti della tecnica e il fine: «Abbiamo sfruttato le differenza fra Usa e Ue per raggiungere i nostri obiettivi...».

Come oggi. Quando Mohammed Khatami, il «moderato» era presidente, il programma nucleare avanzò alquanto mentre l'Iran simulava una pausa, e Khatami se n'è vantato; fu costruita anche la centrale di Natanz, una delle più pericolose. Di certo Obama lavorerà per appianare i dissensi, ma intanto a Sharm el Sheikh uno schieramento di dieci paesi arabi capitanati dall'Arabia Saudita e dall'Egitto hanno annunciato, oltre alla guerra in Yemen contro gli Houti sostenuti dall'Iran, anche una solida, duratura, persino atomica opposizione all'accordo con l'Iran. I sauditi lasciano intendere di avere intrapreso un piano nucleare per contrapporsi a quello che ritengono uno sviluppo certo nel caso di un accordo: nucleare e mano libera del nemico sciita per espandere la propria egemonia in Medio Oriente. Il suo imperialismo ha incamerato parte di Siria, Iraq, Libano, Yemen.

Obama e Kerry suggeriscono che l'Iran possa essere un alleato ma chi è un alleato dell'Iran non può essere alleato anche dell'Egitto e dell'Arabia saudita, e neppure della Giordania, o dei Paesi del Golfo. Esiste una parte del mondo sunnita che si batte contro l'Isis, ma anche contro l'imperalismo iraniano. È strano che Obama, invece di gestire il rapporto con l'Iran con inutile energia, non abbia speso i suoi sforzi per alleati più plausibili, come l'Egitto. Adesso l'Iran secondo l'accordo manterrebbe 6000 centrifughe, comprese quelle ultraveloci, non spianerebbe Natanz e Fordo, le due centrali fatali, e chissà che cosa cuoce sull'uranio arricchito. Nel marzo del 2005 aveva 200 centrifughe, oggi ne ha 19mila. Durante le trattative precedenti, doveva trattenere 1500 centrifughe, ora 6000. A giugno, di più.

LA STAMPA - Maurizio Molinari: "Nucleare, gli Usa vedono l'intesa. Ma Israele: fermeremo l'Iran "


Maurizio Molinari e il suo recente libro "Il Califfato del terrore"

A Losanna i negoziati sul nucleare iraniano vengono prolungati di 24 ore per redigere una «dichiarazione comune» che testimonia i progressi compiuti, dando tempo fino a giugno per trasformarli in accordo, ma Israele ritiene che si tratti di una «luce verde» a Teheran che aumenta le minacce per la propria sicurezza nazionale.

È il premier Benjamin Netanyahu a dirlo parlando alla Knesset in occasione dell’inaugurazione della nuova legislatura: «L’intesa che stanno scrivendo a Losanna lascerà all’Iran gli impianti sotterranei, il reattore nucleare di Arak e le centrifughe più avanzate» e ciò significa che «secondo le nostre stime il tempo necessario all’Iran per creare una bomba atomica sarà ridotto a meno di un anno, o forse a molto meno di questo».

Al Beau Rivage Palace Hotel di Losanna si consuma la maratona negoziale fra l’Iran e il Gruppo 5+1 (Usa, Russia, Cina, Francia, Gran Bretagna più Germania) in un clima di cauto ottimismo che si riflette nelle parole del ministro degli Esteri russi Sergei Lavrov: «È possibile un buon accordo». Ma Netanyahu esprime la convinzione che «si sta materializzando la più grande minaccia alla nostra sicurezza ed al nostro futuro» ovvero «il tentativo dell’Iran di armarsi con ordigni nucleari». Da qui l’impegno, esplicito e solenne, a «fare di tutto per proteggere la sicurezza e il futuro di Israele».

Clausola del tramonto
A breve distanza dalla Knesset, nel quartiere di Montefiore è l’ex stretto collaboratore di Netanyahu, Dore Gold, a incontrare i reporter per spiegare quanto sta maturando a Gerusalemme. «Israele non può accettare due aspetti dell’intesa di Losanna» afferma, indicando il primo nella «clausola del tramonto» ovvero «la decisione di siglare un accordo a tempo, che verrà meno dopo 10 o 15 anni, come mai è avvenuto nei precedenti negoziati sul disarmo internazionale». E il secondo «nel fatto che saranno lasciate a Teheran le centrifughe che sono macchine per accelerare l’arricchimento dell’uranio e denotano la volontà di violare le intese prima ancora di firmarle». Uno scenario «che obbligherà Israele ad adottare delle contromisure» d’intesa con i Paesi sunniti, accomunati dal timore di «un’egemonia regionale iraniana». Alla domanda su quali saranno le contromosse israeliane, Gold risponde così: «Il pericolo maggiore viene dagli aspetti militari del programma iraniano, rivelati dall’Agenzia atomica Onu nel 2011».

Flotta di sottomarini
Di più Gold non dice ma sui quotidiani israeliani campeggiano foto e resoconti sul sottomarino «Tanin» - il più sofisticato, acquistato dalla Germania - spiegando che «altri due saranno consegnati nei prossimi mesi» portando a sei la flotta di sommergibili con cui, come scrive «Yedioth Aharonot», Israele «potrebbe rispondere in caso di aggressione iraniana». A confermare il clima di corsa agli armamenti in Medio Oriente c’è quanto afferma Gold: «L’Arabia Saudita ha fatto sapere che in risposta all’Iran nucleare si doterà delle stesse potenzialità».

LA REPUBBLICA - Alix Van Buren: "Dai reattori dello Scià alle centrifughe segrete, ecco i nodi del negoziato sulle centrali di Teheran"

Risultati immagini per nuclear iran

COM’È NATO IL PROGRAMMA NUCLEARE IRANIANO? È stato il presidente americano Eisenhower nel 1953 a spingere Teheran nella “nuova era atomica”. I rapporti fra gli Usa e lo scià erano all’apice. Nel 1967 Washington gli fornisce reattori e uranio altamente arricchito. Nuovi ingegneri nucleari vengono formati al MIT americano. Lo Scià aderisce al Trattato di non proliferazione; vuole dotarsi di 23 stazioni nucleari entro l’anno 2000.

COS’È CAMBIATO CON LA RIVOLUZIONE DI KHOMEINI? Nel 1979 finisce la collaborazione ufficiale con l’America e l’Europa. Khomeini blocca un programma clandestino per la costruzione di armi nucleari, dichiarandolo immorale secondo l’Islam. Il programma riprende (a scopo civile, secondo l’Iran) con l’aiuto di Cina, Pakistan, Russia e Argentina. Nel 2012 l’Intelligence americana conclude che l’Iran ha abbandonato ogni progetto di arma atomica dal 2003, e benché conduca ricerche potenzialmente utili a produrre ordigni, non è quello il suo scopo. L’Aiea però sospetta che l’Iran abbia nascosto per 18 anni un piano clandestino per arricchire l’uranio.

QUANTI E QUALI SONO GLI IMPIANTI NUCLEARI IN IRAN? Ci sono almeno 7 impianti nucleari sottoposti all’ispezione dell’Aiea: Natanz è il principale sito di arricchimento dell’uranio. Tre edifici sotterranei possono ospitare fino a 50 mila centrifughe, in grado di alimentare impianti a scopo civile, ma anche a produrre armi. Fordow, costruito nel segreto e blindato sotto una montagna, arricchisce uranio dal 2011. Secondo Teheran, serve alla produzione di isotopi medici. Ma per l’Aiea può sostituire Natanz. Arak ha un reattore che produce acqua pesante. Il combustibile esaurito contiene plutonio, potenzialmente utile nella costruzione di una bomba nucleare. Gachin, una miniera d’uranio, fornisce un concentrato uranifero che, secondo l’Aiea, può servire a fini militari. Isfahan trasforma il “yellow cake” in gas, ossido o metallo usati nell’arricchimento dell’uranio, in certi combustibili e nelle bombe nucleari.

QUANTE SONO LE CENTRIFUGHE IN GRADO DI ARRICCHIRE L’URANIO? L’Iran ha circa 19 mila centrifughe in grado di estrarre l’isotopo fissile uranio - 235. La produzione di un ordigno richiede uranio arricchito al 90 %. Teheran sostiene che Natanz, il sito più controverso, produca uranio con una concentrazione di U-235 limitata al 3-4%. Il dato è confermato dall’Aiea. Fordow produce uranio al 20%. Tuttavia una concentrazione al 20% può essere portata al 90%, cioè alla soglia del “weapons-grade”, dell’uso militare. Dopo l’accordo del 2013, l’Iran ha limitato a Fordow la concentrazione al 5%. Ferme anche molte centrifughe, con l’eccezione di 6000.

COS’È IL “BREAKOUT TIME” E PERCHÉ È CENTRALE ALL’INTESA? La quantità di centrifughe è strettamente legata al “breakout time”, cioè al tempo indispensabile all’Iran per accumulare uranio arricchito necessario per una singola arma atomica, se Teheran infrangesse l’accordo. Il “breakout time” dovrebbe essere di un anno, e il numero di centrifughe operative limitato. Secondo alcuni esperti Aiea, 6500 centrifughe permetterebbero in 9 mesi all’Iran di accumulare uranio arricchito sufficiente a una bomba.

QUAL È IL REGIME DI ISPEZIONI NECESSARIO A UN ACCORDO? Per garantire la solidità di un’intesa, l’Aiea dovrebbe ispezionare i siti nucleari in ogni tempo e luogo. Un team di ispettori dovrebbe risiedere in Iran. Questo, secondo l’Intelligence Usa, permetterà all’America di garantire agli alleati che ogni tentativo iraniano di sviluppare in segreto un programma di armi nucleari verrà sventato. I “falchi” chiedono che il regime di ispezioni sia imposto per oltre 15 anni.

QUANTO PESANO LE SANZIONI E COME ELIMINARLE? Dal 2002, l’Iran è sottoposto a sanzioni da parte degli Usa, l’Onu, la Ue, che hanno colpito il settore finanziario ed energetico, piegando l’economia del Paese. Soltanto l’embargo petrolifero è costato a Teheran 26 miliardi di dollari dal 2012, pari a metà della spesa pubblica. L’isolamento dal sistema bancario ha fatto crollare la valuta: il rial ha perso 2/3 del valore contro il dollaro. L’inflazione ha superato il 40 %. l’Iran chiede l’immediata eliminazione dell’embargo. Ma il compito sarà complesso poiché le sanzioni si sono stratificate nei decenni, imposte da una quantità di organismi internazionali.

CHI GUADAGNA E CHI PERDE DALLA FINE DELL’ISOLAMENTO DELL’IRAN? Le ricchezze dell’Iran fanno gola a molti. Innanzitutto le risorse petrolifere, che hanno segnato la storia del Paese. L’Iran ha il 10 % delle riserve mondiali, al quarto posto dopo Venezuela, Arabia Saudita e Canada, e quasi il 20 % delle riserve di gas. In prima linea ci sono BP, Shell, Eni e Total, con la Cina e l’America in coda. L’Italia è fra i primi partner commerciali. Fra i Paesi avversi all’intesa ci sono il Qatar, che perderebbe il primato del gas, l’Arabia Saudita che vedrebbe il rafforzamento politico ed economico di Teheran, e Israele che considera l’Iran una minaccia alla propria sicurezza.

Per inviare la propria opinione ai quotidiani, telefonare:
Il Giornale 02/85661
La Stampa 011/65681
La Repubblica 06/49821
Oppure cliccare sulle e-mail sottostanti


segreteria@ilgiornale.it
lettere@lastampa.it
rubrica.lettere@repubblica.it

Condividi sui social network:



Se ritieni questa pagina importante, mandala a tutti i tuoi amici cliccando qui