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Non dimenticheremo mail gli orrori del 7 ottobre (a cura di Giorgio Pavoncello) 15/01/2024


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Il Giornale - La Repubblica Rassegna Stampa
23.10.2014 Canada: attacco jihadista al Parlamento
Analisi di Fiamma Nirenstein - Commento di Federico Rampini

Testata:Il Giornale - La Repubblica
Autore: Fiamma Nirenstein - Federico Rampini
Titolo: «Il Canada paralizzato da un uomo e due fantasmi: com'è fragile l'Occidente - Il nemico in casa»

Riprendiamo dal GIORNALE di oggi, 23/10/2014, a pagg. 1 e 15, con il titolo "Il Canada paralizzato da un uomo e due fantasmi: com'è fragile l'Occidente", l'analisi di Fiamma Nirenstein; da REPUBBLICA, a pagg. 1 e 36, con il titolo "Il nemico in casa", l'analisi di Federico Rampini.


Ottawa: l'attentato al Parlamento canadese

IL GIORNALE - Fiamma Nirenstein: "Il Canada paralizzato da un uomo e due fantasmi: com'è fragile l'Occidente"


Fiamma Nirenstein

Ieri i Parlamenti democratici di tutto il mondo hanno avuto il loro 11 settembre. Se fino a oggi era facile entrare nella sede delegata delle democrazie occidentali, visitarne le affascinanti, grandi strutture, andare a incontrare i parlamentari; se le misure di sicurezza erano ragionevolmente lievi, da ora in avanti non sarà più così: l'attacco al Parlamento di Ottawa cambia tutto.
Mentre scriviamo l'evento conta due morti: uno dei probabili terroristi, e un giovane soldato di guardia vicino al Parlamento. L'imponente costruzione gotica, il suo immenso corridoio paragonabile al nostro Transatlantico sono stati violati da un'irruzione terrorista che l'ingenuità democratica del Canada non ha saputo fermare. Le tv di tutto il mondo hanno trasmesso la violazione della sede della democrazia canadese filmata dal telefonino di un giornalista: si è vista la rincorsa di un largo, disordinato gruppo di poliziotti che inseguono qualcuno sparando nell'andito monumentale. Cercano, gridando, l'uomo o forse gli uomini (inizialmente si parlava di tre individui) entrati correndo e hanno sparato nella fortezza della storia canadese: i poliziotti avanzavano dietro uno sbarramento di fuoco sparano trenta colpi, mentre la guerra terrorista occupa la città intera che mostra i segni di una debolezza insostenibile, su cui in queste ore tutte le democrazie del mondo devono riflettere.
Il primo ministro Stephen Harper, un gentiluomo canadese tutto quiete e ragionamento che si trovava per caso sul posto è stato costretto praticamente a fuggire verso un «luogo sicuro». Come in un film thriller tramite cellulari e internet i deputati sono stati tutti avvisati della necessità di chiudersi a chiave dentro le loro stanze, di barricarsi in qualche modo, di non avvicinarsi alle finestre e di guardarsi dall'uscire. Una foto mostra un accumulo di sedie davanti alla porta di una sala dove si svolge una riunione: l'apparenza di questa barriera è alquanto improbabile, persino patetica. Il parlamento è rimasto inerme, prigioniero. Intanto gli eventi si susseguivano nella maggiore confusione.
Tutta la città, ospedali, scuole, negozi, è rimasta nelle mani dei terroristi. Lo stato di assedio si è propagato: l'ambasciata americana è stata chiusa; casa per casa la polizia ha chiesto di non uscire e di non avvicinarsi alle finestre, e ai genitori di non andare a prendere i bambini a scuola.
Perfino la Banca centrale ha rimandato la sua conferenza stampa. Il panico è rimasto per molte ore il padrone della Capitale.
Non conosciamo ancora la natura di questo attentato. Sappiamo però che accade a poche ore da quando, due giorni fa, un veterano di 53 anni, Patrice Vincent, è stato volontariamente travolto con un'auto e ucciso da un 25enne islamista convertito Martin Couture Rouleau che da mesi era sorvegliato dalla polizia. Il suo passaporto era stato ritirato per proibirgli di raggiungere l'Isis in Siria. Ma la sua «libertà di opinione» ha portato comunque alle estreme conseguenze. Secondo i consueti «post» su internet, Couture Rouleau ha agito per vendetta contro il Canada in quanto parte della coalizione anti Isis. La stessa ragione con cui si tagliano tante teste.
Venerdì scorso il livello di allarme antiterrorista era stato elevato per la prima volta dal 2010.
L'intelligence e la polizia erano in stato di allerta, e questo, a prescindere se la natura dell'attentato sia islamista o no, ci dice che non siamo pronti alle nuove prove che aspettano il mondo occidentale. Esse sono travolgenti quanto lo è l'irrazionalità, la ferocia, la determinazione a dominare, tutti temi che inutilmente cerchiamo di censurare.


L'attentatore, Michael Zehaf-Bibeau

LA REPUBBLICA - Federico Rampini: "Il nemico in casa"


Federico Rampini

L’alleato più fedele degli Stati Uniti, il Canada, vive una giornata di terrore che rilancia l’incubo del “nemico in casa”.
La capitale Ottawa in stato d’assedio per il tiro a segno di Michael Zehaf-Bibeau, canadese convertito all’Islam. Il Parlamento bersagliato da raffiche di spari, una fortezza assaltata. Tutto il Nord America si riscopre di colpo vulnerabile. In centinaia di milioni, dal Canada agli Stati Uniti, seguono la cronaca minuto per minuto come un incubo che si ripete, le prove generali di un nuovo 11 settembre. L’angoscia è accentuata dalle immagini dei parlamentari canadesi che fuggono all’impazzata; mentre altri sono costretti a rinchiudersi negli uffici del Congresso, luci spente e tapparelle abbassate per non diventare bersagli di un tiro a segno. Il comunicato sul “premier Harper evacuato in un luogo sicuro, con i capi dell’opposizione”, riporta alla memoria proprio quel che accade l’11 settembre con George W. Bush, il presidente “scomparso e nascosto” a lungo. Washington soffre per la capitale gemella, quel che accade a Ottawa sembra un sinistro presagio di minacce che incombono anche sugli Stati Uniti. Nelle reazioni a caldo, sono gli ame- ricani i primi a puntare l’indice verso la pista islamica. Prima ancora che giunga la conferma ufficiale del Canada, l’Fbi sospetta un jihadista, e ne trae le conseguenze immediate anche sul territorio Usa: il Pentagono mette in stato di massima allerta l’intero comando aereo nordamericano (Norad), controlli speciali scattano alle frontiere e attorno alle sedi diplomatiche a Washington. Gli americani hanno visto giusto subito, grazie a un accumulo di indizi, coincidenze, segnali inquietanti. Anzitutto c’è il precedente di 48 ore prima, quando un recente convertito all’Islam ha investito due soldati canadesi, uccidendone uno. C’è il fatto che proprio ieri sera il premier Stephen Harper doveva presiedere una cerimonia per il conferimento della cittadinanza onoraria a Malala Yousafzai, l’adolescente pachistana invisa ai talebani, che ha ricevuto il Nobel della pace per la sua difesa del diritto all’istruzione per le donne. C’è il ruolo canadese nella coalizione anti-Stato islamico. C’è infine il fatto che numerosi cittadini canadesi di origine islamica hanno raggiunto i ranghi dei jihadisti in Siria e in Iraq: una legione straniera dalla quale possono emergere terroristi di ritorno, pronti a colpire in Occidente. Anche le modalità dell’attacco evocano analogie, parallelismi tutt’altro che rassicuranti. L’assalto armato a un Parlamento è una scenografia che fece le prove generali in India, a New Delhi, appena due mesi dopo l’11 settembre 2001. E, sempre in India, la strage di Mumbai (26 novembre 2008) avvenne come una scorribanda da un obiettivo all’altro: come ieri a Ottawa gli attacchi sono avvenuti prima in un monumento ai caduti, poi nella sede dell’assemblea legislativa. La dimensione dell’attacco a Ottawa è molto più piccola, il bilancio delle vittime modesto, ma l’effettopanico è enorme. Conferma i timori che da mesi l’intelligence Usa sta mettendo a fuoco. Dopo le decapitazioni di ostaggi occidentali da parte dello Stato islamico, avvisano gli esperti dell’anti-terrorismo, la tappa successiva nell’escalation può portare l’attacco in casa delle potenze occidentali. La logica è identica a quella delle decapitazioni: il “castigo” contro coloro che intervengono a contrastare il progetto del Grande Califfato. Si sa che nelle zone della Siria e dell’Iraq controllate dai jihadisti, si confrontano due anime e due strategie: coloro che privilegiano un progetto di conquista locale, di espansione in Medio Oriente; e le fazioni che vogliono continuare l’opera di Osama Bin Laden colpendo l’Occidente in casa sua. La pericolosità della “legione straniera” è stata sottolineata con la decisione di Washington di introdurre nuovi controlli mirati negli aeroporti, in vista di esplosivi “invisibili” alle attuali tecnologie. Una delle ragioni che convinsero Obama a dare il via libera ai bombardamenti sulla Siria, fu proprio la prospettiva di un andirivieni di jihadisti con passaporti americani, canadesi o inglesi, liberi di portare l’attacco dove vogliono. Ieri sera il profilo di Zehaf-Bibeau sembrava piuttosto quello del “lupo solitario”, un ex tossicodipendente convertito all’Islam, non necessariamente il membro di una cellula organizzata. Ma c’è anche questo effetto “copycat”, la sindrome dell’imitazione, tra i pericoli reali nelle frange estreme delle comunità islamiche. E l’Occidente è costretto comunque a fare i conti con tutte le proprie insicurezze.

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