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Non dimenticheremo mail gli orrori del 7 ottobre (a cura di Giorgio Pavoncello) 15/01/2024


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La Stampa - Il Fatto Quotidiano - Avvenire - Il Manifesto Rassegna Stampa
20.08.2014 Razzi da Gaza, ma la colpa della fine della tregua viene comunque data a Israele
Rassegna di cronache scorrette

Testata:La Stampa - Il Fatto Quotidiano - Avvenire - Il Manifesto
Autore: Francesca Paci - Al. Sch. - Susan Babbous - Michele Giorgio
Titolo: «Venti di guerra tra Hamas e Israele. Razzi e nuovi raid - Gaza torna a morire. Missili sulla maceria della tregua - Hamas viola la tregua Ripartono i raid su Gaza - Stop alla tregua impossibile»
Riprendiamo dalla STAMPA di oggi, 20/08/2014, a pag. 14, l'articolo di Francesca Paci dal titolo "Venti di guerra tra Hamas e Israele. Razzi e nuovi raid ", dal FATTO QUOTIDIANO a pag. 12 l'articolo firmato Al Sch. dal titolo "Gaza torna a morire. Missili sulla maceria della tregua ", da AVVENIRE a pag. 16 l'articolo di Susan Dabbous dal titolo "Hamas viola la tregua Ripartono i raid su Gaza ", dal MANIFESTO a pag. 6 l'articolo di Michele Giorgio dal titolo "Stop alla tregua impossibile ".

La rottura della tregua da parte con il lancio di razzi da Gaza è riferita in modo ambiguo o disinformante da molti quotidiani italiani.
Per Francesca Paci sulla STAMPA la mancanza di accordo tra Israele e Hamas sull'apertura di un porto a Gaza è stata
"una palizzata che con i razzi sparati verso Israele (ma di cui Hamas nega la paternità) è diventata un muro".  Il paragone tra un nodo della trattativa e il lancio di razzi è improponibile, e si dovrebbe spiegare che la riapertura del porto, in assenza di garanzie sulla smilitarizzazione della Striscia, significherebbe la possibilità per Hamas di armarsi insisturbata in vista di nuove aggressioni a Israele. Ma Paci se ne guarda bene dallo scriverlo.
La titolazione del FATTO QUOTIDIANO omette completamente il lancio di razzi. Nell'articolo si sostiene falsamente che i razzi sarebbero stati sparati appositamente verso zone disabitate di Israele.
Per Susan Dabbous su AVVENIRE tra Israele e Hamas vi sarebbe un "rimpallo di responsabilità", e nel suo articolo non è nemmeno chiaro che la delegazione israeliana ha abbandonato il Cairo dopo il lancio di razzi. Per Michele Giorgio sul MANIFESTO la responsabilità è tutta di Israele, colpevole di non aver accettato le richieste di Hamas, cioé di non aver messo a repentaglio la propria sicurezza.
Tutte queste cronache riportano poi i dati sulle vittime civili a Gaza, senza ricordare che Hamas, controlla tutte le fonti di informazione nella Striscia.



La delegazione palestinese al Cairo

Di seguito, gli articoli:


LA STAMPA - Francesca Paci: " Venti di guerra tra Hamas e Israele. Razzi e nuovi raid "


Francesca Paci


È durata 5 giorni la speranza che il cessate
il fuoco rinegoziato al Cairo dai mediatori israeliani e palestinesi durasse il tempo necessario a trovare un accordo. Ieri a poche ore dalla fine della tregua che aveva dato un po’ di respiro alla popolazione di Gaza (dopo un mese di combattimenti i morti sarebbero almeno duemila) sono riprese le ostilità. «La possibilità di un cessate il fuoco duraturo è definitivamente sfumata» twitta in serata il capo della delegazione di Hamas al Cairo, Izzat Risheq. La responsabilità, aggiunge, «è di Israele». Ma poche ore prima a violare la calma apparente del cielo sopra Gaza erano stati tre razzi lanciati contro Netivot, nel Neghev (in seguito ne sono stati intercettati altri in direzione di Ashdod). Una provocazione a cui il premier Netanyahu ha risposto con la ripresa dei raid a nord e sud della Striscia. «Per l’undicesima volta (nelle ultime settimane, ndr) Hamas ha violato la tregua e ha continuato a sparare razzi su Israele» afferma l’ufficio del primo ministro prima di autorizzare la nuova incursione ma dopo aver richiamato i propri messi al Cairo. L’annuncio rimbalza a Gaza dove prima ancora di udire il rombo dei jet (che poi hanno colpito almeno 10 obiettivi: una vittima, un bambino di 5 anni, 15 feriti) gli abitanti delle case a ridosso del confine si sono riversati in strada. Cos’è andato storto in Egitto? Secondo Azzam al-Ahmad, rappresentante di Fatah, Israele non ha risposto alla road map proposta dal gruppo capitanato da Hamas. Netanyahu, che in casa propria fronteggia i falchi della destra ostili alla decisione di interrompere l’operazione Margine di Difesa iniziata l’8 luglio, punta l’indice contro i signori di Gaza e incassa il sostegno degli Stati Uniti concordi nell’accusare Hamas della nuova rottura. L’impressione è che con l’attenzione internazionale rivolta all’Iraq il pressing sui negoziatori riuniti al Cairo si sia allentato. Fino a ieri mattina, sebbene i palestinesi denunciassero «l’intransigenza» di Netanyahu, circolavano voci di una possibile intesa e della disponibilità israeliana ad allentare l’embargo. Pare però che poi ci sia arenati sull’apertura «duratura» di un porto commerciale a Gaza, una palizzata che con i razzi sparati verso Israele (ma di cui Hamas nega la paternità) è diventata un muro.

Il FATTO QUOTIDIANO - Al. Sch.:  " Gaza torna a morire. Missili sulle macerie "

I negoziatori del governo di Netanyahu abbandonano i colloqui del Cairo, ma ancora non si sa se si tratti di una decisione definitiva Sono bastati tre razzi lanciati contro una zona disabitata del Neghev per fare saltare l'ultima, fragile tregua di 24 ore tra Israele e Palestina. Nella giornata di ieri, Israele ha annunciato per bocca del premier Benjamin Netanyhau che le ostilità sarebbero riprese. Promessa mantenuta: già nel pomeriggio una ventina di edifici sono stati colpiti dai raid dell'esercito israeliano. La risposta della Striscia non si è fatta attendere: svariati altri razzi sono stati sparati in direzione del territorio israeliano. Tra le vittime palestinesi, stando a fonti mediche, ci sarebbe anche un bambino di cinque anni. Nessuna vittima invece tra gli israeliani. Il peggio però potrebbe avvenire durante la notte: Israele ha infatti ordinato agli abitanti lungo il confine con la Striscia di Gaza di "rimanere nei rifugi" fino a nuovo ordine, un segnale che normalmente precede un'intensificarsi delle operazioni militari. Forse per questo, migliaia di palestinesi hanno lasciato le loro case alla ricerca di rifugi più sicuri. Con quest'escalation, le possibilità di successo dei negoziati di pace al Cairo sono crollate, dopo che nella serata di lunedì si era intravista la possibilità di un cessate il fuoco permanente. Sembrava infatti che Israele potesse acconsentire alla principale richiesta palestinese: la cessazione del blocco imposto sulla Striscia. Ieri invece Netanyahu e il ministro della Difesa Moshè Yaalon hanno dato istruzioni alla delegazione di negoziatori di ritornare in Israele, anche se non è ancora chiaro se l'abbandono del tavolo sia definitivo. Hamas ha negato ogni responsabilità nel lancio dei razzi che ha giustificato la ripresa delle ostilità, mentre - tra i negoziatori palestinesi - si sospetta che l'attacco possa essere opera di un gruppo salafita. Hamas accusa Israele di aver colto l'occasione per riprendere la sua azione militare e porre fine al negoziato. Un tema, quest'ultimo, rilanciato anche dal capo negoziatore palestinese, Azzam al-Ahmad, vicino al presidente moderato Abu Mazen. Per converso, l'opinione pubblica israeliana è convinta che l'operazione Protective Edge sia una guerra giusta: secondo un sondaggio diramato ieri dall'Israel Democracy Institute, il 92% degli israeliani non arabi è a favore dell'intervento, mentre solo il 7% pensa che il conflitto non sia giustificato. Intanto ieri, dopo tre giorni di ricerche, nei pressi di Tel Aviv è stato trovato il cadavere di un soldato di leva israeliano, David Gordon, con la doppia nazionalità israelo-statunitense. Aveva accanto il fucile di ordinanza. Sembra si tratti di un suicidio. Gordon abitava da solo in Israele e, secondo alcune testimonianze, era tornato molto turbato dopo aver combattuto a Gaza, nella brigata di fanteria Ghivati.

AVVENIRE - Susan Dabbous: "Hamas viola la tregua Ripartono i raid su Gaza "


Susan Dabbous

Gerusalemme -  Prende sempre più i contorni di una guerra di logoramento il conflitto tra Israele e Hamas. Senza rispettare le rinnovate 24 ore di cessate il fuoco pattuite lunedì scorso al Cairo, ieri, a sette ore dalla mezzanotte hanno ricominciato a prevalere le armi sul dialogo. Una selva di razzi sarebbero stati lanciati dalla Striscia di Gaza verso la regione israeliana del Neghev - dove è stato impartito l'ordine di riaprire i rifugi -, due sono piombati sull'area di Tel Aviv. E non è stata risparmiata neanche Gerusalemme, sfiorata - secondo Hamas - «da un missile M75». Immediata la risposta dell'Idf (Israeli defence forces) che ha bombardato dal cielo le zone di Beit Lahya, Sajaya, Rafah e Khan Yunes. Una bimba di due anni e una donna sono rimaste uccise da un raid su Gaza. Nonostante i toni provocatori assunti più volte nei giomi precedenti, Hamas non ci sta a passare per il responsabile del fallimento dei negoziati al Cairo da dove la delegazione israeliana è stata richiamata di tutta fretta dal premier Benjamin Netanyahu interrompendo di fatto i lavori negoziali che andavano avanti dal 5 agosto scorso. Uno dei portavoce di Hamas, Sami Abu Zuhri, ha negato il lancio dei razzi. Ma il rimpallo di responsabilità appare quanto meno strumentale di fronte a una nuova fuga di massa degli abitanti di Gaza. Migliaia di palestinesi sono fuggiti nell'est della città di Gaza, per paura di una ripresa dei raid israeliani contro la Striscia. Con poche cose raccolte in dei sacchi, chi ha potuto ha portato con sé materassi, pentole, vestiti; così i gazawi hanno abbandonato precipitosamente il quartiere di Shajaiya per andare a cercare un riparo nelle scuole delle Nazioni Unite riadattate a rifugi. Nei giorni precedenti, molte famiglie avevano approfittato della tregua per andare a vedere in che condizioni stessero le proprie case. Il risultato, come raccontano molti testimoni, è stato a dirpoco sbalorditivo: bastava un tetto rimasto in piedi per vedere i capi famiglia risistemare divani e fornelli tra le macerie. C'è chi dissotterra zaini, giocattoli, computer mentre tutti si ingegnano per trovare un modo per ricostruire le case senza materiali edili, interdetti dall'embargo imposto da Israele. Lunedì scorso al Cairo si era stabilito che la ricostruzione di Gaza sarebbe stata coordinata e finanziata da un gruppo di Paesi donatori guidati dalla Norvegia, a patto che neanche un dollaro passasse per le mani di Hamas. Secondo le Nazioni Unite durante l'operazione "Margine protettivo" iniziata l'8 luglio scorso sono stati 2.016 i palestinesi a perdere la vita, fra cui 541 bambini mentre sarebbero più di 11 mila le case distrutte. La ricostruzione è stimata in 6 miliardi di dollari, ma la Norvegia ha posto come condizione per iniziare le operazioni una tregua duratura. La battuta d'arresto inflitta ieri obbligherà probabilmente anche la comunità internazionale a rivedere i piani d'aiuti. La vera emergenza sottolinea l'Unrwa (agenzia Onu per i profughi palestinesi) è l'emergenza abitativa, gli sfollati ospitati nelle scuole vivono in condizioni igieniche precarie, senza dimenticare che nelle aule adibite a dormitori, domenica prossima dovrebbero partire le lezioni. Netanyahu dal canto suo si è detto pronto a ricominciare i bombardamenti a tappeto in caso di nuova escalation, sostenuto da ben il 58 per cento degli israeliani. Secondo un sondaggio pubblicato dal Jerusalem post, quasi il 60 per cento dell'opinione pubblica sarebbe favorevole, infatti, a portare avanti la guerra fino alla sconfitta totale di Hamas. La possibilità di una tregua duratura tra Israele e palestinesi a Gaza è definitivamente «sfumata»: ha twittato il capo negoziatore di Hamas al Cairo, Izzat Risheq. La responsabilità «è di Israele», ha scritto. Da parte loro, gli Stati Uniti - «molto preoccupati» per la rottura della tregua -, attribuiscono ad Hamas la responsabilità del precipitare della situazione. A molti analisti non sfugge peraltro che la prosecuzione della guerra è l'unica speranza per Hamas di sopravvivere ad un oblio internazionale mentre tutto il mondo ha gli occhi puntati sull'Iraq.

Il MANIFESTO - Michele Giorgio: "Stop alla tregua impossibile "



Michele Giorgio


 GERUSALEMME Migliaia di civili delle cittadine orientali di Gaza erano in fuga già ieri nel timore di nuovi pesanti bombardamenti israeliani dopo la rottura della tregua avvenuta nel pomeriggio quando tre razzi sono stati lanciati verso Beersheva, nel Neghev. Un attacco improvviso che non è stato rivendicato - a Gaza lo attribuivano a un gruppo armato minore - mentre Hamas ha negato con forza di aver ripreso i lanci di razzi e ha accusato Israele di aver violato di proposito il cessate il fuoco, prolungato la notte prima di altre 24 ore. Poco prima il premier israeliano Netanyahu aveva ordinato ai suoi rappresentanti al Cairo di rientrare subito a Tel Aviv in risposta al lancio di razzi, decretando così la fine del negoziato. In serata anche la delegazione palestinese ha lasciato la capitale egiziana e nonostante qualche voce che girava a proposito di un ulteriore prolungamento della tregua in scadenza a mezzanotte, a Gaza ci si preparava a nuovi pesanti bombardamenti aerei e di artiglieria dopo i 25 già compiuti in giornata dalle forze armate israeliane su Beit Iahiya, Shujayea, Deir al Balah, Khuzaa, Rafah, Maghazi e Zaytun che hanno fatto almeno cinque feriti, tra i quali due bambini. Preparativi anche in Israele, dove la difesa civile e diverse municipalità entro i 40 Km di distanza da Gaza, hanno disposto l'apertura dei rifugi pubblici e chiesto alla popolazione di adottare misure di precauzione. La possibilità di una tregua duratura tra Israele e palestinesi a Gaza è definitivamente «sfumata», ha scritto ieri sera il capo negoziatore di Hamas al Cairo, Izzat Risheq, via Twitter. Che non esistessero margini reali di arrivare all'accordo era chiaro sin dall'inizio. Gli egiziani pur di riaffermare un loro ruolo nella regione hanno continuato per giorni ad insistere per il proseguimento di un negoziato senza futuro. Come aveva spiegato bene qualche giorno fa l'analista Avi Issacharoff su Times of Israel, il governo israeliano non ha alcun interesse ad accogliere le principali richieste palestinesi, a cominciare dalla revoca del blocco di Gaza, per non offrire ad Hamas la minima possibilità di proclamarsi vincitore della «terza guerra di Gaza». E Netanyahu non ha alcun interesse anche ad accogliere la proposta egiziana che garantisce un ruolo di primo piano nel futuro della Striscia all'Autorità Nazionale del presidente palestinese Abu Mazen, percepito dal premier israeliano non come un partner bensì come un avversario. Israele che potrebbe rilanciare anche l'offensiva di terra, punta prima di tutto ad infliggere una nuova pesante punizione a tutta Gaza, non solo contro Hamas, e quindi a rilanciare la sua proposta di «calma per la calma» che gli lascerebbe le mani libere per colpire militarmente tutte le volte che riterrà di doverlo fare, con la silenziosa approvazione degli alleati Usa e dell'Unione europea. Sul versante palestinese, Hamas ha ancora l'appoggio di gran parte della popolazione di Gaza che dal confronto militare con Israele spera di ottenere la libertà e di cambiare radicalmente la propria condizione. Ma sino a quando? Gli islamisti hanno promesso molto, hanno proclamato che non ci sarà una tregua a tempo indeterminato fino a quando Israele non revocherà totalmente l'assedio di Gaza. Tuttavia le settimane passano e non ancora si vedono i risultati sperati dalla gente mentre la brutale azione militare israeliana ha costretto centinaia di migliaia di palestinesi ad abbandonare le loro case (migliaia delle quali distrutte) e a vivere da sfollati in condizioni difficili in scuole ed edifici abbandonati. I morti sono già stati oltre duemila e i feriti più di 10mila. Dati e situazioni che rischiano di aggravarsi nei prossimi giorni e nelle prossime settimane. Se non arriverà la revoca dell'embargo cercato sino ad oggi invano al Cairo e altri risultati attesi, Hamas potrebbe essere costretto ad accettare la «calma per la calma» che intende imporre Israele. Su questo punta Netanyahu. Intanto si è appreso che da oltre un mese gli operatori di Amnesty international e di Human Rights Watch tentano di ottenere da Israele il permesso di entrare a Gaza, ma vengono respinti con motivazioni varie. Lo ha scritto il quotidiano di Tel Aviv, Haaretz. Un portavoce del ministero degli esteri, Ygal Palmor, ha spiegato al giornale che in base ai criteri fissati dal governo, Israele ha autorizzato l'ingresso a Gaza a varie categorie, fra cui diplomatici, giornalisti e rappresentanti di organizzazioni umanitarie. Amnesty, ha aggiunto, non rientra in quei criteri, mentre il caso di HRW non gli sarebbe noto.

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