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Non dimenticheremo mail gli orrori del 7 ottobre (a cura di Giorgio Pavoncello) 15/01/2024


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La Stampa - La Gazzetta dello Sport - Corriere della Sera Rassegna Stampa
25.07.2014 Antisemitismo: l'esodo degli ebrei francesi, l'aggressione al Maccabi in Austria, il curriculum dell'ambasciatore nominato dell'Ungheria in Italia
Cronache di Aline Arlettaz, Maria Antonietta Calabrò; analisi di Pierluigi Battista

Testata:La Stampa - La Gazzetta dello Sport - Corriere della Sera
Autore: Aline Arlettaz - g.d.f. - Mari Antonietta Calabrò - Pierluigi Battista
Titolo: «In Francia si apre il secondo fronte. Quadruplicato l’esodo degli ebrei - Tifosi pro Palestina in campo: botte agli israeliani - Da Budapest a Roma il caso dell’ambasciatore 'È un noto antisemita' -L’antico veleno del pregiudizio»
Riprendiamo dalla STAMPA di oggi a pag. 7 l'articolo di Aline Arlettaz dal titolo " "In Francia si apre il secondo fronte. Quadruplicato l’esodo degli ebrei ", dalla GAZZETTA dello SPORT , a pag. 19, l'articolo firmato g.d.f. dal titolo " Tifosi pro Palestina in campo: botte agli israeliani ", dal CORRIERE della SERA a pag. 3 l'articolo di Maria Antonietta Calabrò dal titolo "Da Budapest a Roma il caso dell’ambasciatore «È un noto antisemita» ", preceduto da un nostro commento,  e  da pag. 1 l'articolo di Pierluigi Battista dal titolo "L’antico veleno del pregiudizio".

Di seguito, gli articoli:


Assedio alla Sinagoga a Parigi

LA STAMPA - Aline Arlettaz:  " In Francia si apre il secondo fronte. Quadruplicato l’esodo degli ebrei "
 

Aline Arlettaz

In Francia, sulla scia delle manifestazioni pro-palestinesi che hanno scatenato ondate di violenza e di atti di antisemitismo a Parigi e nella sua banlieue, il governo ha dimostrato fermezza, dichiarando che chiunque scandisca slogan come «Morte agli ebrei» dovrà essere arrestato e condannato.
Il governo ha riconosciuto anche la gravità della tensione tra le comunità. Una tensione che allarma gli ebrei francesi: sempre più pervasi da un crescente senso di ansia che rischia di accelerare l’esodo verso Israele. Quasi 1.500 persone hanno fatto la loro «Aliyah» (in ebraico la «salita», il ritorno a Israele) nei primi mesi del 2014, quattro volte di più rispetto allo stesso periodo dello scorso anno. Questo movimento, all’inizio modesto, è cresciuto nel tempo. 3280 ebrei sono emigrati dalla Francia verso Israele nel 2013 contro i 1.900 nel 2012. Secondo l’Agenzia ebraica in Francia, queste cifre rappresentano un dato senza precedenti dalla nascita di Israele nel 1948.
Quattro grandi fattori favoriscono questa migrazione. Innanzitutto, la percezione di un certo numero di ebrei che un clima antisemita e quindi pericoloso sia ormai radicato in Francia. E molti fatti stanno contribuendo a questa sensazione. Tutti ricordano il caso di Mohamed Merah, nel marzo 2012. Questo giovane aveva ucciso in modo tanto vile quanto brutale quattro ebrei, tre bambini e un adulto, davanti alla scuola Israelita Ozar Hatorah, a Tolosa. In precedenza, nel 2006, c’era stato il caso di Ilan Halimi nella regione di Parigi, un giovane ebreo rapito, sequestrato e orribilmente torturato a morte da un gruppo di venti persone, soprannominato la «banda dei barbari». Avevano rapito Ilan Halimi perché apparteneva alla comunità ebraica e quindi per i suoi carcerieri e torturatori doveva essere ricco. Più recentemente, il 24 maggio, il francese di origine araba Medhi Nemmouche, ha ucciso quattro persone al Museo Ebraico di Bruxelles. Nel gennaio scorso, il divieto posto agli spettacoli del comico Dieudonné, a causa delle sue osservazioni antisemite e le successive manifestazioni di suoi sostenitori e oppositori, hanno contribuito a radicalizzare le parole e i comportamenti.
Durante una di esse, si sono sentiti giovani, estremisti di destra e di sinistra, o arrivati dalle banlieue, scandire uno slogan che era scomparso dalle strade della capitale francese fin dagli Anni Trenta «Ebreo, la Francia non fa per te». I giovani francesi partiti per Israele esprimono sia il dolore che hanno provato lasciando il loro Paese sia il sollievo per non avere più un’auto della polizia in permanenza davanti alla loro scuola e alla sinagoga o per non essere più costretti a togliere la kippà per timore di essere aggrediti in strada. Sono felici di poter infine vivere in pace la loro identità.
Il secondo fattore dell’emigrazione è economico. La Francia sta andando male, appare sclerotica e paralizzata, mentre, al contrario, Israele sembra giovane, dinamico, in crescita, e offre tutte le opportunità per realizzare un progetto professionale.
La religione rappresenta evidentemente il terzo motivo per partire. Molti ebrei francesi vogliono vivere pienamente la loro fede e per esempio, partono per andare a studiare il Talmud. Uno di loro racconta che ha lasciato la Francia perché molti corsi nella la sua università si svolgevano durante lo Shabbat.
Infine, Israele si muove in aiuto degli ebrei francesi. È stato messo a punto un piano per farne arrivare 42 mila entro il 2017, facilitando le pratiche burocratiche e accordando diverse agevolazioni. Nel 2012, su suolo francese, il primo ministro israeliano, Benjamin Netanyahu, alla domanda «dove dovrebbero vivere gli ebrei?» aveva risposto in Israele, facendo infuriare François Hollande. Tuttavia, questo movimento verso Israele dev’essere anche relativizzato. In primo luogo, perché riguarda solo l’1% della popolazione ebraica francese. Poi, perché molti ebrei delusi dalla vita in Israele rientrano in Francia. La Terra Promessa non sempre è facile. 

LA GAZZETTA dello SPORT - g.d.f - Tifosi pro Palestina in campo: botte agli israeliani


L'aggressione agli atleti del Maccabi

Mancavano appena 5 minuti alla fine di un'amichevole senza storia a Bischofshofen, in Austria: il Lilla stava battendo 2-0 il Maccabi Haifa, con gol di Mendes e Kjaer. Poi un ciclone di violenza inatteso, almeno in queste proporzioni: una dozzina di spettatori, che già si erano fatti notare sulle tribune per gli slogan contro Israele e pro-Palestina, hanno fatto invasione sventolando le bandiere contro i giocatori del Maccabi, ne è nato un parapiglia di un paio di minuti in cui sono volati calci e pugni prima che la squadra israeliana riuscisse a ripararsi dentro gli spogliatoi e l'arbitro decretasse la fine. Reazioni Se il tutto si è risolto con tanta paura ma senza feriti, resta il valore politico dell'atto in uno dei momenti più violenti di sempre del conflitto israelo-palestinese: quasi 800 morti nelle ultime due settimane di combattimenti nella striscia di Gaza. Il Maccabi Haifa ha rilasciato un comunicato duro: «Siamo stati attaccati perché rappresentavamo Israele. Siamo stati ingiuriati fin dall'inizio, poi hanno attaccato due dei nostri che si sono difesi e ci hanno lanciato pietre. È una violenza che condanniamo, siamo venuti a giocare a calcio». Il capitano degli israeliani, l'ex Chelsea Yossi Benayoun, conferma: «Non abbiamo potuto fare altro che difenderci». La polizia ha identificato gli invasori come cittadini austriaci di origine turca, non ci sono stati arresti ma il ministro degli esteri austriaco Kurz ha chiesto un'indagine sulla vicenda («I responsabili devono rendere conto, non tolleriamo la violenza antisemita»). E per l'altra amichevole che il Maccabi giocherà sabato a Wörgl contro il Paderborn sono già state predisposte misure di sicurezza eccezionali.

Ricordiamo che un ambasciatore può non essere accolto nel paese in cui è inviato. Ci auguriamo pertanto che il governo italiano rimandi il noto antisemita  Péter Szentmihályi Szabó, nominato Ambasciatore d'Ungheria in Italia, da dove è venuto.

CORRIERE della SERA - Maria Antonietta Calabrò: "Da Budapest a Roma il caso dell’ambasciatore «È un noto antisemita» "

                   
Maria Antonietta Calabrò
      Péter Szentmihályi Szabó          


ROMA — Alla Farnesina non è arrivata, al momento, nessuna richiesta di accreditamento da parte della Repubblica ungherese per Péter Szentmihályi Szabó , 69 anni, poeta, scrittore , e commentatore politico di destra. Ma da quattro giorni il «caso» della nomina del nuovo ambasciatore in Italia tiene banco a Budapest, sul web e negli ambienti giornalistici ed intellettuali. Perché l’uomo che sarebbe stato scelto dal governo retto dal partito nazionalista di destra, guidato da Viktor Orban, sarebbe, secondo l’Anti-Defamation League, la più importante organizzazione mondiale che combatte contro l’antisemitismo, «un noto antisemita». Adesso, il caso è diventato internazionale.
Il direttore dell’ADL, Abraham H. Foxman, mercoledì 23 luglio, ha inviato da New York una lettera al ministro degli Esteri italiano Federica Mogherini, in cui chiede che l’Italia non conceda il gradimento. «Noi speriamo — ha scritto Foxman — che risulterà chiaro al governo ungherese che il signor Szabó non sarebbe gradito a Roma».
Nella missiva, l’ADL ha sottolineato che Szabó ha pubblicato testi contenenti teorie cospirative antisemite e ha descritto gli ebrei in Ungheria come «agenti di Satana» , accusando inoltre gli ebrei di aver tratto benefici dall’«industria dell’Olocausto». Foxman ha fatto appello anche al presidente della Repubblica, Giorgio Napolitano, insignito l’anno scorso del più alto riconoscimento dell’ADL, affinché «rifiuti di accettare le credenziali» del nominato.
«Tra il suo ministero — conclude Foxman nella lettera alla Mogherini — e l’Ufficio del presidente, noi speriamo che il governo italiano troverà il modo appropriato di incoraggiare il governo ungherese a provvedere, come ambasciatore nella vostra capitale, con un rappresentante più adatto di un uomo di odio».
Szabó, che ha vissuto a Londra (1974) e Los Angeles (1984) con borse di studio statali (ai tempi del regime comunista), è stato un addetto stampa del ministero degli Esteri alla fine degli anni Ottanta, e ha insegnato nei primi anni Novanta all’Università cattolica Pázmány Péter (ma attualmente non vi ha nessun incarico). Il 14 dicembre 2000 ha pubblicato «Gli agenti di Satana» su Magyar Fórum . Eccone un estratto: «Vivono qui in Ungheria, parlano e scrivono in ungherese, ma ci odiano. Io davvero non capisco perché rimangono, se è così male qui, in questo Paese accogliente che è così stupidamente paziente. Non è difficile riconoscerli perché sono vili e impertinenti allo stesso tempo. Il denaro è il loro Dio, la loro lingua madre in cui hanno fiducia da tempo immemorabile». E poi continua con i peggiori pregiudizi razziali: «Cerchi scuri sotto gli occhi, la pelle flaccida, palme sudate, piedi freddi(...) Essi possono essere trovati ovunque sulla terra. Sono gli agenti di Satana».
Nel 2002 l’ambasciatore si è iscritto al partito antisemita della destra radicale (Miép). E i suoi scritti sono diventati sempre più fortemente antiglobalizzazione e contrari alla politica americana e di Israele. In essi persino l’ex presidente repubblicano George W. Bush viene accusato di essere «un fantoccio» della plutocrazia americana, «il prototipo dell’utile idiota» che ha fatto «un voltafaccia biblico».
Altri esempi degli scritti di Szabó sono contenuti «Nell’ombra della storia» pubblicati da Magyar Demokrata , il 27 marzo del 2003. Oppure nel «Terrore democratico» del 13 febbraio 2003.
Fonti ungheresi sottolineano che l’ambasciatore designato non parla una parola di italiano e lo descrivono «come uno dei membri del circolo della moglie di Viktor Orban».

CORRRIERE della SERA - Pierluigi Battista:  " L’antico veleno del pregiudizio"



Pierluigi Battista


In un’Europa dove a Berlino, attorno a una moschea, hanno gridato «viva Hitler» e in Francia militanti pro Hamas danno l’assalto a una sinagoga con lo slogan « Mort aux juifs », in quest’Europa fragile e intossicata bisogna almeno prestare ascolto all’Anti-Defamation League quando denuncia un ambasciatore europeo in pectore , reo di aver bollato gli ebrei come «agenti di Satana» e beneficiari dell’«industria dell’Olocausto». Péter Szentmihályi Szabó, l’autore di queste dichiarazioni antisemite, sta infatti per occupare il ruolo di ambasciatore d’Ungheria in Italia.
L’Anti-Defamation League chiede alle autorità italiane, e in primo luogo al presidente della Repubblica, di bloccare la sua nomina. È un segnale di allarme, non un’interferenza. La velocità con cui si stanno propagando i veleni dell’antisemitismo richiede risposte rapide, nitide, gravi quanto grave è il contesto che le giustifica.
L’Italia non è immune da questo catastrofico degenerare della critica anti israeliana nella resa agli stereotipi antisemiti mascherati da antisionismo. Hanno imbrattato le mura della sinagoga di Vercelli con scritte in cui si accusano tout court «gli ebrei» di esser complici del massacro di Gaza. Ogni critica, anche la più feroce, alla politica dello Stato di Israele è legittima. Si può pensare tutto il male possibile di una protesta davanti alle ambasciate e ai consolati israeliani: ma è libera contestazione di un governo, di una condotta bellica. Invece sembra che si sia sbriciolata la frontiera che divide la critica allo Stato di Israele e l’accusa indiscriminata agli «ebrei» sparsi nel mondo e in Europa in particolare. C’è qualcosa di mostruoso in un’Europa in cui le scuole ebraiche sono sotto il mirino dei terroristi, in cui i cortei sfociano negli assalti ai quartieri a forte insediamento ebraico (anche questo è accaduto a Parigi), in cui vengono minacciati e fatti bersaglio di raccapriccianti ingiurie i rabbini, come è successo in Olanda, in cui i pregiudizi del vecchio e repellente antisemitismo nazistoide si saldano con i nuovi pregiudizi «antisionisti», in cui è pericoloso indossare la kippah, in cui i bambini ebrei vanno a scuola con la paura disegnata sul volto dei genitori.
I primi a denunciare questa spaventosa deriva antiebraica e giudeofobica dovrebbero proprio essere i sostenitori della causa palestinese, gli spiriti più critici nei confronti dello Stato di Israele e della sua invasione della Striscia di Gaza. Dovrebbero essere loro a tracciare una linea di demarcazione invalicabile, a cacciare dalle loro manifestazioni gli energumeni antisemiti, a non permettere che a Roma ancora oggi si possano immaginare assalti al Ghetto ebraico dove il 16 ottobre del ‘43 i nazisti deportarono uomini e donne sulla strada senza ritorno per Auschwitz. E invece tacciono. Fanno finta di non capire. Accettano commistioni intollerabili, si adeguano alla linea che non riconosce a Israele nemmeno il diritto di esistenza accanto a uno Stato palestinese, non spendono nemmeno una parola sui razzi sparati da Hamas per terrorizzare la popolazione civile delle città israeliane.
E allora, dentro un’Europa di nuovo così ostile nei confronti degli ebrei, è bene che le autorità italiane prendano sul serio l’appello accorato dell’Anti-Defamation League e si uniscano alla protesta contro un ambasciatore che avrebbe definito gli ebrei «agenti di Satana». Un piccolo segnale. Per una battaglia che vale la pena combattere.

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