mercoledi` 24 aprile 2024
CHI SIAMO SUGGERIMENTI IMMAGINI RASSEGNA STAMPA RUBRICHE STORIA
I numeri telefonici delle redazioni
dei principali telegiornali italiani.
Stampa articolo
Ingrandisci articolo
Clicca su e-mail per inviare a chi vuoi la pagina che hai appena letto
Caro/a abbonato/a,
CLICCA QUI per vedere
la HOME PAGE

vai alla pagina twitter
CLICCA QUI per vedere il VIDEO

Non dimenticheremo mail gli orrori del 7 ottobre (a cura di Giorgio Pavoncello) 15/01/2024


Clicca qui






Il Giornale - La Stampa Rassegna Stampa
19.07.2014 Quando la guerra è l'unica possibilità
Cronache di Fiamma Nirenstein, Maurizio Molinari

Testata:Il Giornale - La Stampa
Autore: Fiamma Nirenstein - Maurizio Molinari
Titolo: «Qui sotto i missili di Hamas la guerra è l'unica possibilità - Gaza, caccia ai tunnel con tank e caterpillar - Deif l'uomo dei razzi guida la lotta sotterranea»
Riprendiamo, dalla pagina Facebook di Fiamma Nirenstein, un posto sulla guerra in corso,  dal GIORNALE di oggi, 19/07/2014, a pag. 16, l'articolo di Fiamma Nirenstein dal titolo " Qui sotto i missili di Hamas la guerra è l'unica possibilità ", dalla STAMPA a pagg. 1-10-11 l'articolo di Maurizio Molinari dal titolo " Gaza, caccia ai tunnel con tank e caterpillar " e a pag. 11, sempre di Maurizio Molinari l'articolo dal titolo "Deif l'uomo dei razzi guida la lotta sotterranea  "

Riportiamo anche il link a un video di You Tube con una serie di immaggini di Tsahal, e come colonna sonor, una preghiera, cantata,  per i soldati israeliani

https://www.youtube.com/watch?v=v9ZMGOmsGKI



Di seguto, gli articoli:




Fiamma Nirenstein: "Post" su facebook


La pena più grande, in questa guerra, è quella dell’ incomprensibile impossibilità del mondo di rendersi conto di quello che sta accadendo qui. I giornalisti e l’opinione pubblica che si sentono virtuosi quando denunciano la morte di alcuni bambini palestinesi, ignorano completamente le ragioni per cui questo accade, ragioni penose per Israele ma anche e soprattutto per i palestinesi. Prima di tutto la prima cosa evidente è che c’è una sottintesa disapprovazione per il fatto che i bambini israeliani, invece, non muoiono, a fronte della perdita invece di bambini dell’altra parte. 
Il punto è tuttavia che anche se i bambini israeliani, al contrario di quelli palestinesi, sono l’oggetto dell’attacco spietato dei missili che a migliaia piovono su Israele, essi sono il tesoro di Israele che se prende una cura infinita, che li difende con rifugi, sorveglianza continua, orari prestabiliti di uscita, sistemi di difesa. Già due asili israeliani sono stati completamente distrutti, ma i bambini non erano in classe perchè il pericolo per i bambini è la prima preoccupazione di Israele, e le scuole il primo oggetto di attenzione.
Invece per Hamas è il contrario: si è avuta notizia da una denuncia dell’UNRWA (meglio tardi che mai) del fatto che la sua scuola era stata trasformata in un deposito di missili. L’UNRWA l’ha denunciato, ma certo le scuole comunali o statali o quelle dei privati di Gaza non lo possono fare, hanno paura dei terroristi di Hamas: sono loro che danno gli ordini, e quindi sono moltissime le istituzioni, le case, le scuole, le moschee che Hamas ha trasformato in depositi di armi. E spesso quelle armi stanno per essere lanciate e quindi devono essere fermate, o altre volte non si individuano le presenze di civili che potrebbero far richiamare indietro un’operazione militare.
Purtroppo le rampe missilistiche, i proiettili, le strutture militari di Hamas sono sparse PROPRIO in mezzo ai bambini, i bambini sono il loro scudo, anche il tragico missile che ha colpito quattro bambini che giocavano sulla spiaggia era diretto verso una struttura militare, forse una rampa di lancio pronta a lanciare il suo messaggio di morte su Israele. Israele deve continuamente distruggere strutture che stanno in mezzo alla gente, perchè esse stanno per sparare le migliaia di missili che ci fanno correre tutti continuamente nei rifugi, e che sono state appositamente nascoste fra i bambini. 
E’ un dolore senza fine vedere la società di Gaza costretta a subire queste perdite, ma è il diritto alla vita stessa che impone l’operazione in corso. Se si pensa che sono stati distrutti per ora circa 2000 obiettivi militari sparsi fra la gente, si capisce quanto sia difficile difendere oltre ai nostri bambini, anche i loro. Vorrei tanto che la gente di Gaza lo facesse, in sfida a Hamas. 

Il GIORNALE
- Fiamma Nirenstein:  "Qui sotto i missili di Hamas la guerra è l'unica possibilità "



Fiamma Nirenstein


(Confine di Gaza, Regione dell'Eshkol) Da quando giovedì notte l'esercito ha lanciato la sua offensiva di terra, Israele è un altro mondo. Non c'è famiglia di questo piccolo Paese che non abbia figli, nipoti, fidanzati della figlia impegnati in guerra. La trepidazione è senza confini, lungo il confine di Gaza vediamo i ragazzi ammassati nelle tende e sulla strada, c'è chi torna e chi sta per entrare, il campo formicola intorno ai carrarmati.
I soldati verificano le armi, stanno sovente ritti in cima alla torretta, la tv mostra le loro facce nel buio mentre l'uno mimetizza l'altro con colori della terra e nasconde i tratti di ragazzino. I giovani capi danno loro brevi viatici solenni prima di entrare: "Ecco, stiamo per fare quello per cui siamo qui, difendere il nostro Paese dai terroristi. Ci fidiamo di voi, forza e avanti".Il difficile scopo principale è quello di distruggere i tunnel con cui Hamas lancia attacchi terroristici su Israele. I telefoni dei giovani non funzionano, è impossibile conoscere la loro condizione, le famiglie tremano a ogni annuncio di feriti. C'è stato un primo soldati ucciso, Eitan Barak, 20 anni, e quattro feriti. Un'operazione di terra costa cara, Netanyahu ha riflettuto per 11 giorni prima di decidere che non ne poteva più fare a meno.La ragione risiede in buona parte qui, nell'Eshkol, su cui si scarica ieri la consueta scarica di missili nonostante l'ingresso delle truppe.
E' la zona più esposta, corre per 40 km lungo Gaza,ed è proprio qui, al kibbutz Sufa, che 13 terroristi usciti giovedì dalle gallerie scavate da Gaza fin dentro Israele, hanno tentato una strage. L'impresa, benchè fallita,ha fatto capire che le gallerie sono una fragilità intollerabile. Lo sanno bene questi 14mila cittadini di 32 comunità che oltretutto corrono senza tregua nei rifugi. Kerem Shalom, un altro kibbutz della zona insieme a Sufa è stato attaccato dalle gallerie, e nel kibbutz di Ein ha Shlosha sono state scoperte due nuove imboccature. Buchetti nella polvere, che coprono a volte tunnel in cui può passare un camion.Ein ha Shlosha è un kibbutz verde: "Abbiamo cercato di cooptare i nostri vicini alla coltivazione di patate e pomodori. I kibbutz dell'Eshkol sono ottimi agricoltori, ma pare che preferiscano i razzi" dice sconsolato Chaim Yelin, il presidente della regione che ci accompagna fino a una casa fra le palme. E' contento che l'ingresso di terra cerchi di porre fine al loro calvario,ma triste per la guerra che uccide. I "bum" si susseguono, un po' i cannoni di qua, un po' i missili di là. Qui ci sono solo 5 secondi per rifugiarsi, dato che la distanza è di 4 chilometri da Gaza da cui si vedono fumare gli obiettivi colpiti. Meno male che non era in casa alle 9 di sera l'84enne padrona di questa casetta fra le palme: il tetto è tutto un buco da cui pendono residui di soffitto, la libreria, il tavolo, gli oggetti... Tutto è a pezzi. Dani, un membro del kibbutz, si ricorda quando 25 anni fa si andava a Gaza sulla spiaggia, e poi al mercato si comprava il pesce fresco, e poi... ognuno data il disastro in momenti diversi. Boaz Kretchner il responsabile dell'organizzazione dei 32 fra kibbutz e moshav (una forma più moderata di collettivismo) ricorda che dal suo kibbutz, Tzeelim si organizzavano tre autobus di bagnanti. Fino all'Intifada, e poi fino al 2006, quando Hamas ha preso il potere. Boaz non dorme da venti ore, scuotendo la coda di cavallo mi prega di ripararmi nei rifugi del Consiglio Regionale dell'Eshkol, dove ci incontriamo.
Qui arrivano tutte le richieste, i bisogni, di un mondo sotto il fuoco. Se mancano il cibo o le medicine, Boaz spedisce ai kibbutz i camion fra un missile e l'altro. E mentre le case più prossime a Gaza sono munite, una a una, di una stanza blindata, ci sono kibbutz dove, spiega, "noi portiamo rifugi collettivi di cemento". Vede, dice, è la sua è soprattutto una domanda, che mondo strano, mentre qui dal passaggio Kerem Shalom lasciamo passare i camion per loro, Hamas li bombarda, così come hanno bombardato la centrale elettrica, e ora chi ci può andare a accomodarla? All'orizzonte si alzano colonne di fumo, l'operazione di terra dell'esercito israeliano è molto cauta, coperta dagli F16 e da informazioni continue. E tuttavia quelle maledette gallerie le puoi far saltare per aria solo andando a infilarti là sotto. "Ci vuole pazienza, coraggio, le troveranno" dice il presidente Yellin. In una stanza con molti computer due ragazzi ricevono tutte le richieste possibili:"Ma da 11 giorni le richieste sono crollate: i cittadini con la guerra sanno che i guai sono già tanti, inutile lamentarsi".
Ma i servizi sono attivi: vediamo un centro di assistenza per anziani, uno anti-trauma. Il confine brucia: l'esercito, lentamente, cerca di smantellare le gallerie, ma gli aerei bombardano, i palestinesi parlano di 24 morti, Hamas non vuole mollare, deve dimostrare la sua forza anche all'Egitto. Hamas lo vede come il capo dello schieramento anti Fratellanza Musulmana di cui fa parte. E sparando punta al grande disastro.

LA STAMPA
- Maurizio Molinari:  "Gaza, caccia ai tunnel con tank e caterpillar
"


Maurizio Molinari


Da un lato un diluvio di bombe, proiettili d’artiglieria e missili, dall’altro la calma surreale di donne che fanno la spesa, uomini che bevono il tè, bambini che guidano carretti. La Striscia di Gaza è divisa in due dalla tattica militare con cui l’esercito israeliano sta conducendo l’intervento di terra.

Il confine invisibile passa a meno di 5 km dalla frontiera con Israele. Le aree urbane di Beit Lahiya e Beit Hanoun a Nord, come i quartieri orientali di Shishaya sono bersaglio dei bombardamenti, teatro delle incursioni di terra, sotto il tiro di droni, navi, tank ed elicotteri Apache. È un diluvio di fuoco «dall’aria, dal mare e ora anche da terra», come dice il premier israeliano Benjamin Netanyahu, che mira ad aprire la strada alle unità di truppe speciali, Nahal, fanteria e paracadutisti che proteggono i genieri militari impegnati nella caccia ai tunnel. Sono i genieri i veri protagonisti di quanto sta avvenendo. La missione è «trovare e distruggere i tunnel che Hamas usa per le infiltrazioni terroristiche» spiega Benny Gantz, capo dello stato maggiore. Durante la prima notte di incursioni di terra i genieri ne hanno trovati almeno 7 e i parà che li difendevano hanno eliminato 15 miliziani di Hamas, arrestandone altri 13 che sono nelle mani dello Shin Bet, il servizio di sicurezza. Per comprendere come operano i genieri bisogna andare nelle retrovie, sulle strade impolverate del Negev. In mezzo a campi arati, protetti da alberi o impegnati in addestramenti, i militari mettono in mostra le armi più importanti di cui dispongono: i mega-trattori blindati D-9 e le squadre di mini-robot cerca-bunker. I D-9 sono dei giganti corazzati. L’altezza sfiora i venti metri, hanno un abitacolo da Iron Man e tenaglie metalliche in grado di muovere tonnellate di materiale. Ma ciò di cui i genieri più hanno bisogno è una sorta di trivella posteriore che assomiglia a un aratro gigante ed è in grado di arrivare a oltre 30 metri di profondità.
Megatrattori e mini-robot
Quando le truppe speciali individuano l’apertura del tunnel, sono i D-9 che - quasi sempre sotto il fuoco - intervengono per distruggerlo, seguiti da autobotti blindate con tubi protetti da cui esce l’acqua che inonda i bunker. I comandi militari sono intenzionati a setacciare ogni millimetro di terra lungo i confini di Gaza per demolire la rete di tunnel che «Hamas ha creato in alternativa ai razzi, con l’obiettivo di colpirci alle spalle» dice il portavoce Peter Lerner. Nel kibbutz di Ein Shlosha, a poche centinaia di metri dal confine, il quarantenne Dani Cohen illustra la sua casa colpita dai razzi osservando come «peggio dei Qassam è il pericolo delle incursioni che spinge molti a fuggire». Il motivo è che per difendersi dai razzi Israele ha l’Iron Dome ma le incursioni via tunnel di commandos jihadisti non hanno antidoti. L’esercito israeliano non dispone ancora della tecnologia per identificare i rumori in profondità. Da qui la presenza a fianco dei genieri di «unità di mini-robot»: guidati a distanza cercano le aperture nel terreno. Sono loro ad affiancare ovunque i genieri e fonti militari, chiedendo l’anonimato, assicurano che «fanno un ottimo lavoro».
Hamas: noi come i Vietcong
I miliziani di Hamas tentano di fermare le incursioni via terra di soldati, trattori e robot disseminando il terreno di trappole, ingaggiando scontri ravvicinati e fuggendo nei nascondigli. È in uno di questi agguati che cade il primo soldato israeliano, il sergente Eitan Barak di 20 anni, e almeno altri tre militari gravemente feriti. «Trasformeremo la vostra campagna di terra in un inferno - ripetono i portavoci di Hamas dalle radio - finirete nel fango come gli americani in Vietnam». Lo scontro di terra si limita alle fasce a ridosso del confine perché Israele è intenzionato a bonificarle dai tunnel trasformandole in zone-cuscinetto da cui poi estendere eventualmente le operazioni mentre Hamas è qui che tenta di uccidere più soldati nemici, per spingere Netanyahu a richiamare le truppe.
Famiglia distrutta
Superando il confine di Erez ci si trova sotto incessanti bombardamenti frutto di questa dinamica mentre a breve il campo profughi di Jabaliya vive in maniera surreale. Strade piene, mercati in cui si vende frutta, gruppi di persone che si incontrano, parlano e un fiume di ragazzi che vanno e vengono dalle scuole dell’Onu dove hanno trovato rifugio i profughi di Beit Lahiya e altre aree minacciate di attacchi. Nelle strade di Jabaliya, l’area più popolosa del Nord di Gaza, nessuno parla di invasione di terra israeliana. Pare di essere in un universo parallelo. «Davvero sono entrati?» chiede incredulo Bassem, 43 anni e cinque figli sul carretto, affermando di «non saperne nulla e non averne sentito parlare da nessuno». Vista da Jabaliya l’invasione deve ancora iniziare e il maggior incubo restano gli attacchi dal cielo che hanno già fatto almeno 280 vittime che, secondo fonti dell’ospedale Shifa, «in gran parte sono civili». E ieri sera, a Beit Hanoun, nel nord della Striscia, un colpo di cannone da un tank ha distrutto un’intera famiglia: tra le vittime due donne, due uomini e un bambino.
Il portiere dell’hotel Adam
La contrapposizione fra la battaglia campale in corso lungo i confini Nord e Est della Striscia e la calma apparente dei maggiori centri abitati termina quando l’orologio segna le 21. «È questa l’ora in cui gli israeliani iniziano a bombardare» afferma Mahmud, portiere dell’Hotel Adam nei pressi della spiaggia dove due giorni fa i colpi della Marina hanno ucciso quattro bambini, ferendo altre sette civili. I bombardamenti notturni scuotono l’intera Striscia perché aerei, navi e artiglieria bersagliano gli obiettivi individuati durante il giorno e approvati dai comandi. Israele ha già effettuato circa 2000 raid ma «abbiamo molti altri obiettivi da colpire» dice Gantz. Possono trovarsi ovunque perché, spiega Netanyahu «i terroristi si nascondono fra i civili» ma per gli abitanti di Gaza la verità è diversa: «Colpiscono di tutto, non solo quelli Hamas e viviamo dal terrore» assicura Samir, 23 anni, che ha fatto le elementari e si guadagna da vivere come inserviente di alcuni venditori del mercato della moschea centrale di Gaza.
Obama chiama Netanyahu
Sul fronte diplomatico Netanyahu incassa il sostegno del presidente americano Barack Obama durante una telefonata che coincide con un allarme a Tel Aviv, bersagliata ancora - come le città del Sud - da grappoli razzi. Oltre mille sono caduti su Israele in 11 giorni di combattimenti. «È così che viviamo» dice il premier al presidente, secondo il quale «Israele ha il diritto di difendersi ma bisogna limitare le vittime civili». In Giordania e Turchia montano le proteste anti-israeliane che contagiano alcuni centri della Cisgiordania. Le speranze di tregua restano appese alla mediazione di Al Sisi e agli sforzi di Abu Mazen: entrambi convinti che il cessate il fuoco possa ancora avere successo.

LA STAMPA - Maurizio Molinari: "Deif l'uomo dei razzi guida la lotta sotterranea "

Artificiere perfezionista, comandante carismatico, ideatore di blitz sotterranei e di razzi a lungo raggio: a difendere la Striscia di Gaza dall’invasione di terra è Mohammed Deif, il più spietato nemico di Israele fra i comandanti di Hamas. Nato nel 1960 in una famiglia di profughi palestinesi, Deif è uno degli allievi di Yahya Ayyash, l’artificiere degli attacchi kamikaze degli Anni Novanta, e quando viene eliminato dagli israeliani nel 1996 è lui a sostituirlo non solo nella fattura perfezionista degli ordigni ma anche nel ruolo di leader dentro le Brigate Izz ad-Din al-Qassam, il braccio armato di Hamas, di cui diventa comandante nel luglio del 2002.

Ciò che lo distingue è la miscela fra abilità di comando, visione strategica della guerra contro Israele e creatività nel dotare Hamas di armi sempre più innovative al fine di sorprendere il nemico: è considerato il disegnatore dei missili Qassam, che bersagliano da anni le città israeliane, come anche l’ideatore delle fabbriche di J-80, i vettori a lungo raggio grazie ai quali Hamas ha dimostrato di poter colpire anche Gerusalemme e Tel Aviv. Per non parlare dei droni sfoggiati in questi giorni sui cieli di Ashdod e Ashkelon che sempre lui avrebbe chiesto, e ottenuto, dall’Iran.
Già arrestato dall’Autorità nazionale palestinese nel 2000, più volte sospettato di legami con Al Qaeda e associato a molteplici sigle jihadiste e salafite, Deif in realtà è sempre e solo rimasto fedele a Hamas con l’obiettivo di perseguire un progressivo rafforzamento dell’ala militare, arrivata a contare sei brigate e migliaia di effettivi. Fra i diplomatici arabi, dal Cairo ad Amman, sono in molti a ritenere che durante l’attuale crisi militare con Israele Deif sia riuscito a imporsi come leader di Hamas sui più conosciuti volti politici, da Mussa Abu Marzuk a Ismail Haniye fino a Khaled Mashaal. Questi leader non sono mai riusciti a condizionare le scelte di Hamas come invece a lui è riuscito fare.
L’alternarsi di conferme e smentite sull’adesione di Hamas a ipotetici accordi di cessate il fuoco ha visto - finora - prevalere in seno all’organizzazione palestinese sempre le posizioni più rigide, che vengono associate con il suo nome. Il prestigio di cui gode fra i propri uomini nasce anche dal fatto di essere sopravvissuto ad almeno quattro attacchi mirati da parte degli israeliani, incluso quello del settembre 2002, in cui venne dato per morto, e un altro, nell’ottobre 2004, in cui a perdere la vita fu il suo braccio destro Adnan al-Ghoul. Colpi e ferite ne hanno segnato il fisico ma ciò non ha in alcuna maniera diminuito la sua capacità di guidare le Brigate, anche nelle guerra dei tunnel appena iniziata con Israele.
Ciò in cui crede lo ha scritto nel «Cammino verso la vittoria», il contributo che diede alla pubblicazione del 2010 per il 23° anniversario della nascita di Hamas, nel quale scrisse che “le Brigate al-Qassam sono quelle meglio preparate, protagoniste del cammino della Jihad e del combattimento contro i nemici della nazione dell’Islam e dell’umanità per unire l’intera Palestina». 

Per esprimere la propria opinione al Giornale e alla Stampa telefonare ai numeri seguenti oppure cliccare sulle e-mail sottostanti


Il Giornale: 02/85661


La Stampa: 011/6568111


segreteria@ilgiornale.it
lettere@lastampa.it

Condividi sui social network:



Se ritieni questa pagina importante, mandala a tutti i tuoi amici cliccando qui

www.jerusalemonline.com
SCRIVI A IC RISPONDE DEBORAH FAIT