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Il Giornale Rassegna Stampa
13.11.2017 Terroristi islamici: i nuovi fautori del totalitarismo
Commento di Gian Micalessin

Testata: Il Giornale
Data: 13 novembre 2017
Pagina: 14
Autore: Gian Micalessin
Titolo: «Una Norimberga contro la jihad»
Riprendiamo dal GIORNALE di oggi, 13/11/2017, a pag. 14, con il titolo "Una Norimberga contro la jihad" il commento di Gian Micalessin.

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Gian Micalessin

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Terroristi dello Stato islamico sullo sfondo di una bandiera svedese, uno dei paesi europei più islamizzati

«A Raqqa andavo in giro in bici e giocavo alla playstation. Avevo kalashnikov e divisa, ma non ho partecipato a nessuna battaglia e non ho ucciso nessuno. Ero lì per nascondermi e rilassarmi». Shabazz Suleman, jihadista inglese catturato al confine con la Turchia nelle scorse settimane, ha giustificato così le sue «vacanze» siriane. Quelle scuse non devono far sorridere perché coincidono perfettamente con l'idea che Shabazz e i suoi simili si son fatti della giustizia europea. Una giustizia pervasa dal politicamente corretto. Una giustizia fisiologicamente buonista e incapace di colpire con condanne esemplari chi ha partecipato a crimini simili a quelli per cui al termine della Seconda Guerra mondiale si organizzò il processo di Norimberga.

Nel secondo anniversario della strage di Parigi, e all'indomani della scoperta in Irak dell'ennesima fossa comune, proprio da Norimberga bisogna ripartire. Quel processo non fu organizzato soltanto per condannare gli autori del genocidio. Fu prima di tutto una rappresentazione pubblica indispensabile per spiegare che davanti a crimini così terribili non bastava il castigo, ma era necessaria l'esecrazione collettiva. Oggi i superstiti degli oltre quattromila volontari europei partiti per combattere sotto le bandiere del Califfato non rischiano nulla di tutto ciò. Secondo le statistiche del Centro Anti Terrorismo dell'Aja, più di un trenta per cento è già tornato a casa propria. In Gran Bretagna, Danimarca e Svezia, in molti continuano a restar uccelli di bosco per mancanza di un sistema legislativo in grado di garantirne l'arresto e la condanna. Eppure i reduci della jihad rappresentano un pericolo indiscutibile.

Nel secondo anniversario della strage di Parigi, e all'indomani della scoperta in Irak dell'ennesima fossa comune, proprio da Norimberga bisogna ripartire. Quel processo non fu organizzato soltanto per condannare gli autori del genocidio. Fu prima di tutto una rappresentazione pubblica indispensabile per spiegare che davanti a crimini così terribili non bastava il castigo, ma era necessaria l'esecrazione collettiva. Oggi i superstiti degli oltre quattromila volontari europei partiti per combattere sotto le bandiere del Califfato non rischiano nulla di tutto ciò. Secondo le statistiche del Centro Anti Terrorismo dell'Aja, più di un trenta per cento è già tornato a casa propria. In Gran Bretagna, Danimarca e Svezia, in molti continuano a restar uccelli di bosco per mancanza di un sistema legislativo in grado di garantirne l'arresto e la condanna. Eppure i reduci della jihad rappresentano un pericolo indiscutibile.

Le cellule in azione a Parigi erano composte da veterani del conflitto siriano e iracheno. E altri veterani agirono mesi dopo a Bruxelles. Per questo è necessario trovare un accordo in chiave europea per garantire una «Norimberga» anti Stato Islamico, un processo unico e simbolico nel quale vengano esaminate le motivazioni religiose e criminali che hanno ispirato i terroristi partiti dall'Europa. Un processo capace di spiegare alle opinioni pubbliche europee l'abiezione di chi - nel nome di Allah - ha contribuito al massacro di decine di migliaia d'innocenti. Un processo in cui siano garantite pene esemplari e a cui sia collegato un sistema detentivo in grado di garantire il totale isolamento dei detenuti. Per questo anche l'idea di una Guantanamo europea, depurata dagli eccessi vigenti nel centro di detenzione americano, è quanto mai attuale. Quel carcere unico e isolato rappresenterebbe il primo segnale di una giustizia europea decisa a cancellare dalle proprie società la cancrena jihadista.

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