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Il Giornale Rassegna Stampa
24.01.2017 Verso l'incontro Trump-Netanyahu: buoni auspici
Analisi di Fiamma Nirenstein

Testata: Il Giornale
Data: 24 gennaio 2017
Pagina: 16
Autore: Fiamma Nirenstein
Titolo: «La nuova Casa Bianca apre le porte a Israele»

Riprendiamo dal GIORNALE di oggi, 24/01/2017, a pag. 16, con il titolo "La nuova Casa Bianca apre le porte a Israele", l'analisi di Fiamma Nirenstein.

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Fiamma Nirenstein

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Donald Trump con Benjamin Netanyahu

Nessuno sa ancora bene, nel mondo, cosa aspettarsi da Donald Trump, e molti si preoccupano alquanto: ma c'è chi spera per il bene, ovvero gli israeliani, anche se il Primo Ministro Benjamin Netanyahu, si dice, ha ormai fra i suoi impegni quotidiani quello di calmare gli entusiasmi di Ministri che si spenzolano troppo, ansiosi di affiliarsi. La telefonata che il nuovo Presidente degli Stati Uniti ha fatto al PM israeliano domenica sera ha suscitato soddisfazione anche se i due non sono entrati in dettagli: gli accenni sono allegri ("Molto carina", dice Trump; "Amichevole", Bibi), in confronto ai toni sempre nuvolosi dei colloqui con Obama, Trump ha promesso di "consultarsi intensamente" sulla minaccia iraniana, finalmente chiamata di nuovo come merita; ha dichiarato che l'aiuto alla sicurezza israeliana sarà "senza precedenti" e così anche la "determinazione a raggiungere la pace".

Nessun accenno agli insediamenti, niente "confini del '67", niente "due Stati per due popoli", o almeno non si sa. Invece, un invito in tempi brevi alla Casa Bianca, "nella prima parte di febbraio". Non si sa se i due abbiano parlato dell'intenzione di muovere l'Ambasciata americana a Gerusalemme, ma anche il fatto che il portavoce di Tump abbia detto "siamo nelle primissime fasi perfino di una discussione" è sufficiente per far sperare bene; si dà anche per certa la ricerca di una casa nella zona di Talpiot. Il progetto fa minacciare ai palestinesi un'Intifada mondiale, una guerra dei mondi in cui l'Islam prende la loro parte. Ma chissà. Intanto, si è visto un incontro fra Abu Mazen e Re Abdullah, dato che i giordani sono i custodi dei beni del Waqf a Gerusalemme, fra cui la moschea di Al Aqsa, e una presa di posizione dei sauditi, anche loro custodi dei luoghi santi islamici.

Netanyahu non si è scoperto più di quello che serviva a mostrare una evidente soddisfazione: si capisce che naviga verso un cambio di comportamento; l'incubo maggiore di Israele, ovvero le minacce iraniane di distruzione totale che egli ha profetizzato fin dentro il Congresso, e che tanto gli sono costate la sim patia di Obama che invece voleva l'accordo, vengono ora prese in considerazione seriamente. Trump parla anche di "combattere l'Isis e gli altri gruppi terroristi islamici", mentre Obama non aveva mai messo insieme l'aggettivo "islamico" col concetto di terrore. Terroristi islamici sono anche gli emissari in Occidente, lo sono gli Hezbollah; Hamas; per finanziamenti, adesione ed esaltazione, anche la leadership di Fatah; l'Iran è tuttora un Paese dichiarato terrorista da tutti i centri di indagine... È molto impegnativo svoltare, e Israele l'ha fatto da tempo. Bisogna vedere quali siano le vere intenzioni di Trump.

Certo è che Bibi ha subito deciso di dargli subito un segno di fiducia bloccando l' annessione del grande sobborgo di Maale Adumim, sul confine di Gerusalemme in Giudea, per non turbare l'eventuale riconoscimento della capitale. Trump si è esposto durante la campagna elettorale, nel condannare l'atteggiamento USA sulla Risoluzione dell'ONU 2334, che sradica Israele da Gerusalemme Est; nel ribadire che la pace può solo nascere da trattativa diretta; nel designare come Ambasciatore David Friedman, un grande amico di Israele; nel fare consigliere il genero ebreo Gerald Kushner. Ci sono molte cose che Trump può fare per ristabilire un ruolo equilibrato degli USA in Medio Oriente: prima di tutto cancellare la "maledizione di Obama" che stabilisce che i confini del '67 sono le linee su cui creare uno Stato palestinese, condanna Israele a un'esistenza grama e assediata, sradica centinaia di migliaia di persone: Trump può benissimo ricondurre il gioco nell'ambito della lettera del 1994 in cui George Bush riconosceva che alcuni insediamenti sono parte imprescindibile di Israele.

Prima di Obama, questa era comune consapevolezza anche fra i palestinesi: la sua intransigenza ha fatto fare grandi passi indietro al processo di pace. Trump potrebbe anche riconoscere le alture del Golan come parte di Israele: è impensabile che diventino parte di una Siria contesa fra Assad e l'Isis col patrocinio di Iran e Hezbollah. Inoltre può smascherare tutte le sciocchezze che delegittimano Israele criminalizzandolo con gigantesche menzogne, come quando lo definiscono "Stato di apartheid" o parlano di "pulizia etnica" dei palestinesi. Gli aiuti ai palestinesi quando si dedichino alla diffamazione antisemita e a chi li aiuta, come l'ONU, potrebbero essere decurtati. Se Trump ci si mette, molto può cambiare e chissà che questo finalmente non spinga una parte almeno del mondo arabo a considerare che questa è l'occasione non per una nuova Intifada contro gli USA, ma un invito per mettersi a sedere a discutere con Israele. Questa sarebbe davvero per Trump una bella vittoria.

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