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Il Foglio Rassegna Stampa
09.09.2017 Francia: l'invasione islamica senza più freni
Analisi di Mauro Zanon

Testata: Il Foglio
Data: 09 settembre 2017
Pagina: 2
Autore: Mauro Zanon
Titolo: «Islam Island»

Riprendiamo dal FOGLIO di oggi, 09/09/2017, a pag.II, con il titolo " Islam Island " il commento di Mauro Zanon

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Se Emmanuel Macron ha veramente intenzione di salvare la laicità del proprio paese, legga questo pezzo di Mauro Zanon, una analisi che non lascia spazio a ambiguità o fraintendimenti. Ma lo leggano anche i governanti di casa nostra, oggi succede in Francia, domani sarà vero in Italia, se non prendiamo prima tutti i provvedimenti indispensabili per fermare l'islamizzazione che minaccia anche il nostro paese.

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Mauro Zanon

E' formidabile", dice Ahmed Jamaleddine, tesoriere dell'associazione islamica Amal, mentre assiste agli ultimi ritocchi della nuova grande moschea di Saint-Denis, situtata a rue Henri-Barbusse. Il sogno dello "sceicco Ahmed", come viene soprannominato dai fedeli, è diventato realtà grazie al "mosquéethon", una raccolta fondi lanciata su internet, che ha permesso di raggranellare '7 milioni di euro. 800 mila sono giunti direttamente dall'Arabia Saudita, ma Jamaleddine fa finta di nulla. "La maggior parte dei finanziamenti è arrivata dai fedeli. Tutto è stato fatto in maniera trasparente", afferma con fierezza, sostenuto dal vice sindaco musulmano della citta, Hakim Rebiha, che applaude "la volontà politica" del primo cittadino, Laurent Russier, eletto in quota Partito comunista francese (Pcf).
Con 2.500 posti e 1.200 metri quadrati di superficie, sovrastata da una cupola trasparente e da un minareto di 36 metri, la nuova cattedrale di Allah si aggiunge agli altri 160 luoghi di culto musulmani del dipartimento SeineSaint-Denis, il 93. Epicentro nel 2005 delle rivolte delle banlieue, oggi il quatre-vingt-treize è invece noto per essere il crocevia del jihad francese, con il maggior numero di partenze verso la Siria e di segnalazioni per radicalizzazione, secondo l'ultimo rapporto della Dgsi, l'intelligence di Parigi. E Saint-Denis, capitale del dipartimento, è la sua Mecca.
"L'antica città dei re, della Rivoluzione e della classe operaia è divenuta la Mecca dell'islam di Francia", sentenziava, già nel 2012, il politologo e specialista del mondo arabo Gilles Kepel. Oggi SaintDenis non è soltanto una delle città più povere di Francia, devastata dalla criminalità e dai traffici di droga, ma è anche quella con il più alto numero di musulmani del 93 e di immigrati per abitante (130 nazionalità), dove la "grande sostituzione" etno-identitaria denunciata dallo scrittore Renaud Camus è una realtà sotto gli occhi di tutti.
A Saint-Denis, le moschee hanno sorpassato le chiese, le macellerie halal hanno sostituito quelle tradizionali, le librerie islamiche pullulano e le famiglie musulmane preferiscono mandare i loro figli nelle scuole coraniche, invece di iscriverli all'école républicaine dove vanno i "kouffars", i miscredenti. L'Institut européen des sciences humaines (Iesh), che nonostante il nome ingannevole è il più importante centro di formazione islamico di Francia, ha da poco annunciato la realizzazione di un campus universitario Allah-compatibile di 8 mila metri quadrati "per soddisfare la forte domanda" dei fedeli, come spiegato dal rettore, Ahmed Jaballah, ex presidente dell'Uoif (Union des organisations islamiques de France), ossia della branca francese dei Fratelli musulmani.
Nei negozi di abbigliamento islamico, la vendita del niqab è autorizzata, nonostante la legge vieti di indossarlo negli spazi pubblici, e gli istituti di bellezza, di cui trabocca l'arteria principale di Saint-Denis, rue Gabriel Péri, sono dotati di sale apposite per le donne velate, dove non si pratica più la depilazione perché è "haram", proibita. Il minareto della nuova grande moschea di Saint-Denis svetta a poche centinaia di metri dalla basilica gotica, celebre per ospitare le tombe dei re di Francia e le spoglie di Carlo Martello, che nel 732 fermò a Poitiers l'invasione arabo-musulmana. E la sua punta si intravede persino dalle vetrate della Maison d'Education de la Legion d'Honeur, istituto frequentato dalle figlie degli ufficiali superiori insigniti della Legion d'onore, che Napoleone Bonaparte inaugurò nel 1809 sulle fondamenta dell'abbazia di Saint-Denis.
Nella culla della storia cristiana della Francia, oggi il canto del muezzin risuona più forte delle campane, e il tasso di criminalità è talmente elevato che la prefettura si rifiuta di fornire le cifre esatte.
Nei quartieri nord di Saint-Denis, la polizia non mette piede: lì, nei casermoni grigi tutti uguali, dove negli anni Sessanta e Settanta vivevano gli operai con la tessera della Cgt che lavoravano nelle fabbriche circostanti, la quotidianità, oggi, è ritmata dalla sharia. Ma l'immigrazione scriteriata e il comunitarismo islamico hanno stravolto l'intera città, non solo la sua periferia. Al 13 di boulevard Carnot, a pochi passi dalla sede del comune, c'è il più grande fast-food halal d'Europa, che si estende su 400 metri quadrati e dove le dipendenti sono autorizzate a portare il velo: si chiama Mak d'Hal, riprende i codice grafici del McDonald's, dal menù alla cassa automatica dove si può acquistare il panino "le croisé", il crociato.
Per le famiglie musulmane, è un indirizzo "incontournable", imperdibile durante i fine settimana, per i pochi francesi laici e cristiani rimasti in città è il simbolo della conquista degli spiriti, dell'islamizzazione capillare di tutti gli aspetti della vita quotidiana.
Come raccontato nel documentario "De l'autre côté du periph': Saint-Denis, la ville aux deux visages", trasmesso dalla rete televisiva M6, nel centro della città è rimasta soltanto una macelleria tradizionale. Il proprietario si chiama Carlos, è di origine portoghese, e spiega all'intervistatore di doversi battere quotidianamente per mantenere il suo esercizio e di sopravvivere grazie a una trentina di clienti fedelissimi, in maggioranza pensionati nostalgici della Saint-Denis d'antan.
Delle formaggerie, salumerie, pescherie e dello spirito gaudente che durante le Trente Glorieuses aveva reso la città dei re di Francia una "piccola Parigi", non c'è nemmeno l'ombra, e per riempire il frigo con prodotti non halal, Sophie, agente immobiliare, dice di essere costretta ad aspettare il mercato. Come lei, gli altri "stranieri" della Saint-Denis di oggi, per dimenticare la trasformazione inesorabile della città, si ritrovano ogni domenica in un piccolo bar à vin, ultimo baluardo della vita all'occidentale.
"C'è un'enoteca a Saint-Denis!", dice tra il tragico e l'ironico Sophie.
E Florence, la proprietaria, mentre prepara un tagliere di salumi e formaggi e distilla consigli sui vini, figura come l'ultima resistente all'islamizzazione circostante. Il Figaro Magazine, lo scorso anno, aveva dedicato un reportage a Saint Denis, raccontando attraverso numerose testimonianze l'avanzata implacabile del salafismo più radicale, che stava mutando l'estetica e i costumi della città, trasformandola in una "Molenbeek-sur-Seine".
Ma per quel titolo, in riferimento al comune belga di Molenbeek, noto per essere un covo di islamisti, il magazine conservatore era stato oggetto di scomuniche e fatwe da parte della gauche e il quotidiano Libération aveva pubblicato addirittura una petizione per denunciare il carattere "islamofobo" dell'articolo.
Soltanto Mohamed Sifaoui, scrittore franco-algerino di confessione musulmana, era corso in aiuto dell'autrice, Nadjet Cherigui. "Che cosa mostra? Che gli islamisti si appropiano dello spazio pubblico, che l'halal, monoeconomia, simbolo per eccellenza del comunitarismo e della ghettizzazione, è onnipresente; che i salafiti, compresi i più violenti, tentano di diffondere i loro messaggi e le loro idee. Nadjet Cherigui dice la verità non solo perché è una giornalista onesta, ma anche perché tutti coloro che si sono interessati alla città di Saint-Denis e alla sua deriva islamista conoscono l'ampiezza dei danni", scrisse sul Figaro Sifaoui, finito nel mirino dei jihadisti per le sue inchieste sull'islam radicale (il 15 luglio 2016, il suo nome è citato tra i bersagli dell'Isis in un video del jihadista Larossi Abballa, assassino di una coppia di poliziotti a Magnanville).
Nella città di San Dionigi, il primo vescovo di Parigi, venerato dalla Chiesa cattolica come santo e martire, il 13 novembre 2015 hanno trovato rifugio due dei terroristi islamici che avevano appena insanguinato la capitale francese: Abdelhamid Abaaoud, la mente delle stragi, e Chakib Akrouh, tra gli autori delle sparatorie contro le terrazze dei bar dell'Undicesimo arrondissement.
Entrambi erano stati aiutati dalla cugina di Abaaoud, Hasna Alt Boulahcen, che grazie ad alcuni complici era riuscita a trovare un nascondiglio, a rue de Courbillon, fino al 18 novembre, giorno del blitz dell'antiterrorismo.
All'indomani dell'assalto che ha portato alla loro uccisione, il professore universitario Fewzi Benhabib, minacciato di morte dagli islamisti in Algeria per la sua battaglia in favore della laicità, aveva rilasciato la sua testimonianza al settimanale Marianne, sulla situazione della città dove aveva deciso di stabilirsi nel 1994 e dove ora l'ideologia salafita ha fatto breccia. "A Saint-Denis, si è aperta una frattura che la mia esperienza algerina mi impedisce di ignorare. Si sta amplificando lungo i marciapiedi, in mezzo alla strada, al mercato della domenica, tuttavia alcuni cittadini politicizzati fanno finta di non sapere che un progetto di società alternativo, oscurantista e comunitarista sta consumando il cemento democratico di una società che vogliamo plurale. Questa cecità volontaria non urta soltanto il mio spirito scientifico; porta con sé un pericolo per la democrazia e per l'umanità intera, che va indicato, anche se forse è troppo tardi". E ancora: "Sono qui, sono in Francia, cammino in una strada che osa ancora portare il nome di rue du Jambon (prosciutto, ndr), mi avvicino a una delle librerie recentemente inaugurata e mi dispero. Dove sono i poeti, dove sono i romanzieri? In vetrina, dei manifesti destinati ai bambini insegnano le buone pratiche dell'islam, a non prendersi gioco degli altri, a dormire sul lato destro e a bere in tre sorsi. In bella vista sugli scaffali, troneggiano le grandi star dell'islam politico, Hani e Tariq Ramadan, ovviamente, così come Sayyid Qutb e Hassan elBana". Prima dell'inchiesta del Figaro Magazine e del duro intervento di Benhabib, era stato un deputato del Partito socialista, Malek Boutih, a tentare di scuotere l'opinione pubblica con un rapporto intitolato "Génération radicale".
Al suo interno, sulla base di cifre dettagliate e numerose interviste, veniva evidenziata la pericolosa deriva dei giovani del 93, sempre più tentati dal jihad.
Ma i suoi compagni di partito, invece di trarne le dovute conseguenze, lo avevano rapidamente cestinato, bollandolo come "rapporto di destra".
In realtà, il primo a rompere la legge del silenzio sulla minaccia islamista che pesa su Saint-Denis e le banlieue adiacenti era stato lo storico Georges Bensoussan nel 2002, con un'inchiesta che è ancora attualissima: "Les territoires perdus de la République", ossia quei territori dove lo stato non riesce più a imporre la sua legge e i servizi pubblici si rifiutano di andare. In quel libro choc già si raccontava la diffusione dell'ideologia islamista nei collège e nei licei delle periferie multiculturali francesi e l'ascesa di un nuovo antisemitismo, che costringeva i professori, insultati dai loro allievi, a smettere di tenere corsi sulla Shoah o a parlare degli anni Trenta evocando gli ebrei.
Il dipartimento Seine-Saint-Denis funge ugualmente da sfondo all'ultima inchiesta di Bensoussan, "Une France soumise", dove la sottomissione all'islam si registra in tutti i settori della vita pubblica, non solo nella scuola. Proprio a Saint-Denis, Olivier, medico di base, racconta la difficoltà di trattare i pazienti musulmani, soprattutto le donne, che reclamano di essere curate e visitate soltanto da dottoresse.
La maggior parte dei pazienti di origini maghrebine, poi, sono convinti che la Francia debba oggi "pagare per quello che ha fatto" nel passato, essere a servizio di quei musulmani che un tempo ha colonizzato. "La Francia è riconosciuta per la qualità, e ancor di più per la gratuità delle sue cure mediche. Da studente, trovavo ciò formidabile. Eppure, questa generosità non è vista come una forza della Francia che merita di essere ringraziata, bensì come un normale tributo di un paese colonialista che deve pagare per quello che ha fatto"', racconta Olivier. Negli ultimi dieci anni, secondo i dati Insee, i nomi arabo-musulmani sono aumentati del 42 per cento, e Mohamed è il più diffuso tra i nuovi nati. Vale per Saint-Denis, come per la Francia, l'avvertimento di Houari Boumedienne, ex presidente dell'Algeria: "Sarà il ventre delle nostre donne a darci la vittoria".

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