venerdi 29 marzo 2024
CHI SIAMO SUGGERIMENTI IMMAGINI RASSEGNA STAMPA RUBRICHE STORIA
I numeri telefonici delle redazioni
dei principali telegiornali italiani.
Stampa articolo
Ingrandisci articolo
Clicca su e-mail per inviare a chi vuoi la pagina che hai appena letto
Caro/a abbonato/a,
CLICCA QUI per vedere
la HOME PAGE

vai alla pagina twitter
CLICCA QUI per vedere il VIDEO

Non dimenticheremo mail gli orrori del 7 ottobre (a cura di Giorgio Pavoncello) 15/01/2024


Clicca qui






Il Foglio Rassegna Stampa
07.12.2016 Le eredità del terzomondismo, che in Occidente va sempre di moda
Editoriale, analisi di Giulia Pompili

Testata: Il Foglio
Data: 07 dicembre 2016
Pagina: 3
Autore: la redazione - Giulia Pompili
Titolo: «La grande eredità di Castro - Taiwan è già nel governo di Donald Trump»

Riprendiamo dal FOGLIO di oggi, 07/12/2016, a pag. 3, l'editoriale "La grande eredità di Castro", con il titolo "Taiwan è già nel governo di Donald Trump" l'analisi di Giulia Pompili.

La drammatica situazione in cui versano milioni di venezuelani è da attribuire in primo luogo all'esasperante terzomondismo dei suoi governi. Come a Cuba Castro, in Venezuela Chavez ha scelto la strada della distruzione delle infrastrutture economiche funzionanti in nome di un "socialismo" che continua a seminare morti e povertà per chi è ancora vivo.

Ecco gli articoli:

"La grande eredità di Castro"

Immagine correlata
Fidel Castro con Hugo Chavez

Ogni giorno sempre più venezuelani salgono su imbarcazioni di fortuna per sfuggire al collasso economico del loro paese. Come riporta il New York Times, “il Venezuela una volta era uno dei paesi più ricchi dell’America latina e attraeva gli immigrati provenienti da luoghi diversi come l’Europa e il medio oriente”. Ma dopo che il presidente Hugo Chávez ha promesso di distruggere l’élite economica del paese per redistribuire la ricchezza ai poveri, il ceto medio ha preso la strada dell’esilio, scatenando quella che i demografi descrivono come “la prima diaspora del Venezuela”. Adesso però anche i venezuelani poveri, che stanno morendo di fame, scelgono l’emigrazione (120 mila sono già fuggiti). Le donne dal Venezuela stanno attraversando il confine in massa per vendere i loro capelli in una città al confine colombiano, al fine di permettersi di comprare beni primari come cibo, pannolini o medicinali. La tendenza, che è esplosa nelle ultime settimane, è un altro segno della profonda crisi del paese un tempo omaggiato dagli antagonisti di tutto il mondo.

Decine di intermediari, noti come “trascinatori”, sostano su un ponte che collega San Antonio, in Venezuela, alla Colombia tramite La Parada, gridando: “Compriamo capelli!”. Circa duecento donne al giorno scelgono questo mezzo di sostentamento (i capelli sono usati in Colombia per fare le extension). Il cibo non sovvenzionato oggi in Venezuela è troppo costoso, con un sacchetto di riso a volte così caro che arriva a costare circa un decimo dei guadagni mensili. Molti sono costretti a sopravvivere con gli avanzi trovati nella spazzatura. Fidel Castro è morto e sepolto, ma l’orrore del castrismo socialista sopravvive in Venezuela. La credulità occidentale sul socialismo è eterna, il che spiega gli elogi lacrimevoli per Cuba, che Pascal Bruckner ha definito “totalitarismo con un tocco piccante”. Ma basta guardare i poveri in barca, disperati e affamati, che fuggono dal Venezuela per sapere dove si trova la vera eredità di Fidel.

Giulia Pompili: "Taiwan è già nel governo di Donald Trump"

Immagine correlata
Giulia Pompili

Immagine correlata
Nel riquadro, l'isola di Taiwan

Roma. La prima, seria, gaffe di Trump che ha scosso i giornali asiatici – ovvero la telefonata tra il presidente eletto e la presidente di Taiwan Tsai Ing-wen che ha fatto innervosire la Cina di Xi Jinping – forse non è stata esattamente una gaffe. Lo ha spiegato pure l’ex ambasciatore americano in Cina durante l’Amministrazione Obama, Jon Huntsman, che ha detto di non credere alla teoria secondo la quale i collaboratori di Trump abbiano fatto trapelare la notizia senza pensare alle conseguenze, soprattutto considerato l’attenzione di Pechino alla “one China policy”. Ma c’è anche un altro dettaglio che corrobora l’idea di un cambio di strategia della presidenza Trump nei confronti dei paesi asiatici. “La scelta di Elaine Chao a capo del dipartimento dei Trasporti sarebbe la più normale finora”, ha titolato Vox a fine novembre. E in effetti Elaine Chao – se fosse confermata al Congresso come ministro dei Trasporti – sarebbe una scelta di livello per la squadra di Trump. La Chao è una veterana di Washington: è stata segretario al Lavoro dal 2001 al 2009, durante l’Amministrazione di George W. Bush.

Subito prima, dal 1989 fino al 1991, era stata vicesegretario dei Trasporti durante l’Amministrazione di Bush padre. Sessantatré anni, Elaine Lan Chao ha una preparazione impeccabile – laureata in Economia, Mba ad Harvard – ed è una repubblicana di ferro. Ma quando ha iniziato a circolare il suo nome per l’Amministrazione Trump, sui media asiatici si è sottolineato soprattutto un aspetto meno legato alle capacità politiche: le sue origini taiwanesi. Nella sua biografia ufficiale online, si legge che Chao è stata la prima donna americana di origini asiatiche a essere nominata nel gabinetto di un presidente americano, l’unica ad aver servito per tutti e otto gli anni di Bush. Ma sempre sul suo sito ufficiale non scrive mai né la parola “Taiwan” né la parola “Cina”. Si definisce semplicemente una “immigrata che è arrivata in America all’età di otto anni, senza parlare inglese”.

Con Pechino funziona così: se c’è qualcosa che può essere imbarazzante, meglio non parlarne. E Chao si è sempre tenuta fuori dalle rischiose polemiche riguardanti la sua nazionalità – a maggior ragione adesso, visto che potrebbe essere la protagonista del 9° Forum UsaCina sui Trasporti che si terrà nel 2017 in Cina, un Forum che sta assumendo una rilevanza sempre più strategica nel quadro di collaborazione economica tra le due potenze mondiali. Elaine Chao nel 1993 ha sposato Mitch McConnell, senatore repubblicano del Kentucky e leader della maggioranza. “Una moglie-tigre”, è stata descritta spesso, e in effetti la Chao è diventata, nel corso degli anni, un po’ il simbolo delle minoranze asiatiche in America che hanno superato, per studio, preparazione e dedizione al lavoro gli stessi studenti americani. La sua storia, ma soprattutto quella della sua famiglia, dice molto del rapporto degli asiatici-americani con il proprio paese d’origine e con la terra delle opportunità, gli Stati Uniti degli anni Sessanta.

Quando nel 1961 Elaine arrivò a New York, sbarcò da un cargo che arrivava da Taiwan. Ad accogliere lei e la madre Ruth Mulan Chu Chao, c’era James S.C. Chao, che oggi a 88 anni è ancora tra i businessman asiatici più famosi di New York. Ruth e James venivano da famiglie molto diverse: lui dalla provincia di Shanghai, studente di navigazione, lei dalla ricca regione di Anhui. Fuggita dall’invasione giapponese di Nanchino, si trasferì a Shanghai dove conobbe James. Messa su famiglia, e col rischio di una guerra civile alle porte, i due se ne andarono a Taiwan, dove nacque Elaine. Ma il successo arrivò dopo, a New York, dove James S.C. Chao fondò la Foremost Group, una compagnia di trasporti internazionali che oggi è una multinazionale e una fondazione filantropica. Rispetto alle sue cinque sorelle, tutte coinvolte negli affari di famiglia, Elaine Chao è l’unica a essere entrata attivamente in politica. Soltanto un paio di mesi fa, la presidente taiwanese Tsai Ing-wen ha incontrato Elaine e James Chao a Taipei.

Per inviare la propria opinione al Foglio, telefonare 06/589090, oppure cliccare sulla e-mail sottostante


lettere@ilfoglio.it

Condividi sui social network:



Se ritieni questa pagina importante, mandala a tutti i tuoi amici cliccando qui

www.jerusalemonline.com
SCRIVI A IC RISPONDE DEBORAH FAIT