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Il Foglio Rassegna Stampa
30.09.2016 'Il libro di Aron', di Jim Shepard
Orfano a Varsavia durante la Shoah

Testata: Il Foglio
Data: 30 settembre 2016
Pagina: 3
Autore: la redazione
Titolo: «Il libro di Aron»

Riprendiamo dal FOGLIO di oggi, 30/09/2016, a pag. 3, la recensione a "Il libro di Aron", di Jim Shepard.

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La copertina (Bompiani ed.)

"Il libro di Aron” è uno sguardo nell’Abisso. Sbaglia chi crede che sulla Shoah sia ormai stato detto e scritto tutto. Nel raccontare la storia dell’orfanotrofio ebraico di Varsavia, Jim Shepard ci regala un romanzo struggente e bellissimo, tale da collocare l’autore fra i grandi della narrativa americana contemporanea. Il piccolo Aron ricorda molto da vicino il suo coetaneo Momo, protagonista de “La vita davanti a sé”. Nel romanzo di Gary, lo sguardo di un bambino scorre su un mondo degradato di prostitute e travestiti; in questo, invece, fissa sbalordito il Male Assoluto, nel ghetto della Varsavia occupata. Come Momo, anche Aron è uno spettatore ingenuo e innocente, attonito fino ai limiti dell’autismo. L’orrore che racconta ne risulta trasfigurato, ma ugualmente sconvolge l’animo del lettore. “Adina disse che al suo ultimo compleanno l’avevano beccata a girare nella parte ariana. Una donna polacca l’aveva afferrata e aveva urlato all’intera strada che aveva un naso da ebrea. Zofia le chiese cos’era successo a quel punto e Adina le disse che nessuno aveva dato retta alla donna e che lei le aveva risposto: ‘E lei che naso crede di avere? Si guardi allo specchio!’ e a quelle parole la donna l’aveva lasciata andare, allora Adina era scappata”.

La guerra e l’occupazione costringono i bambini ebrei a trasformarsi in una banda di teppistelli, in lotta per la sopravvivenza. Praticano il furto e il contrabbando, la violenza e la sopraffazione. Aron deve tacitare i suoi sentimenti e rendersi complice di misfatti che ripugnano alla sua coscienza. “Boris passò l’intera giornata contento perché uno dei nostri contatti al di là del muro gli aveva detto che nel ghetto era stato contrabbandato talmente tanto pane che dall’altra parte ne era rimasto davvero poco. Il passaggio che Lutek aveva aperto a colpi di scalpello in via Przejad era stato chiuso con dei mattoni e riaperto talmente tante volte che la gente aveva cominciato a chiamarlo il Buco Immortale. Boris disse che il buco era la prova che al mondo c’erano solo tre forze invincibili: l’esercito tedesco, la marina britannica e il contrabbando ebreo”. Se Aron è l’Io narrante, l’altro protagonista del romanzo è Janusz Korczak, il vecchio dottore, direttore dell’orfanotrofio del ghetto, che sogna la Palestina e si fa accompagnare dal suo prediletto alla ricerca di cibo e denaro. “Dopo qualche isolato, gli domandai se si voleva sedere perché sembrava molto stanco. Korczak si lamentò che eravamo arrivati al punto in cui i bambini morti non ci facevano più impressione. La vita dell’uomo che non si mostra impassibile di fronte alla morte di un altro uomo vale cento volte di più”.

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