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Il Foglio Rassegna Stampa
11.09.2014 Le instabili alleanze tra i gruppi di ribelli in Siria, una galassia favorita dall'inazione occidentale
Analisi di Daniele Raineri

Testata: Il Foglio
Data: 11 settembre 2014
Pagina: 1
Autore: Daniele Raineri
Titolo: «Ribelli allo specchio»

Riprendiamo dal FOGLIO di oggi, 11/09/2014, a pag. 1, con il titolo "Ribelli allo specchio", l'analisi di Daniele Raineri.


Daniele Raineri


Milizie di Ahrar al Sham in Siria

Roma. Una fonte del Foglio è andata nella base segreta in Siria dove due giorni fa la leadership del gruppo islamista Ahrar al Sham è stata spazzata via da un'esplosione durante un incontro clandestino. "Era chiamata Base Zero, era una base sotterranea, con un deposito di armi accanto - spiega la fonte nel governatorato di Idlib, vicino al confine con la Turchia - c'è stato un primo scoppio, debole, e poi pochi secondi dopo un'esplosione forte, forse sono saltate in aria le armi che erano accumulate lì a fianco. Non è ancora chiaro. I cadaveri sono intatti, chi era sotto è morto per i fumi, o per qualche gas tossico che si è sprigionato. Almeno venti leader di Ahrar compreso il capo, Hassan Abboud, sono tutti andati". Considerato che ormai c'è una semplificazione dominante "ribelli siriani uguale islamisti uguale Stato islamico uguale terroristi tutti e sempre", non è facile spiegare cos'è il gruppo Ahrar al Sham oggi in Siria. Sono combattenti profondamente religiosi e indottrinati, sono stati tra i primi a cominciare la lotta armata nel 2011 e oggi portano il peso di una doppia guerra di resistenza contro l'esercito del presidente Bashar el Assad e simultaneamente contro lo Stato islamico, visto come un'aberrazione per ogni vero musulmano (sono ricambiati con altrettanto disprezzo dagli uomini di al Baghdadi, che li considerano un gruppo di traditori del vero islam). Ahrar al Sham è una fazione di equilibristi: da una parte tenta di conservare credibilità con i duri del jihad - come Jabhat al Nusra, sulla lista dei terroristi internazionali - e tra i suoi ranghi ha accettato anche combattenti di al Qaida; dall'altra vuole il rispetto dei gruppi nazionalisti che aspirano soltanto a uno stato siriano senza Assad (tanto da subire una pioggia di critiche perché nel suo manifesto non cita il Corano e in genere i testi religiosi). E' per questo equilibrismo che a due giorni dalla strage non è ancora chiaro chi ha decapitato la leadership del gruppo. Un bombardamento aereo precisissimo del regime siriano, guidato da un informatore a terra? Oppure un infiltrato suicida mandato dal Califfato? II Foglio aveva intervistato in Siria il capo militare di Ahrar al Sham per il fronte nord - anche lui ucciso due giorni fa assieme al fratello. Le misure di sicurezza per incontrarlo erano strette, anche dopo che i mediatori avevano garantito sull'autenticità della richiesta di intervista: l'automobile era stata ispezionata, il cofano e il bagagliaio erano stati aperti, c'era stata una perquisizione personale. Era chiaro che il leader temeva il pericolo d'infiltrati, perché nella faida fra gruppi siriani ci sono già stati anche attentati suicidi e omicidi con silenziatori. Ora circola anche questa versione: è stato un sabotatore che è riuscito a infiltrarsi nella base segreta, era uno del luogo e apparteneva alla Liwa al Dawood, uno dei battaglioni più controversi della guerriglia siriana. Si tratta di una fazione nata in origine come parte dell'Esercito libero, quindi non islamista, e che poi ha cambiato bandiera schierandosi per due volte con lo Stato islamico. Per farsi accettare al secondo giro ha portato in dote a Baghdadi il giornalista americano James Foley, che aveva sequestrato a Idlib nel novembre 2012. Il reporter americano è poi stato ucciso dallo Stato islamico davanti a una telecamera a Raqqa. Questa è la Siria di adesso, un paesaggio mutevole di alleanze effimere tra gruppi e di tradimenti sanguinosi. Ahrar al Sham ha nominato il nuovo capo ieri mattina, per dimostrare resilienza, ma soltanto il seguito della guerra dirà se riuscirà a sopravvivere.

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