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La Stampa Rassegna Stampa
22.11.2017 Libano: arrivano i turchi, torna Saad Hariri
Analisi di Giordano Stabile

Testata: La Stampa
Data: 22 novembre 2017
Pagina: 14
Autore: Giordano Stabile
Titolo: «Pasdaran e truppe turche a Idlib. La corsa per spartirsi il Paese»
Riprendiamo dalla STAMPA di oggi, 22/11/2017 a pag. 14, con il titolo "Pasdaran e truppe turche a Idlib. La corsa per spartirsi il Paese" l'analisi di Giordano Stabile.

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Giordano Stabile

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Saad Hariri

L’abbraccio di Vladimir Putin a Bashar al-Assad dà il via a una settimana decisiva per la Siria e per il Medio Oriente. È una corsa ad arrivare per primi a un accordo politico, mentre sul terreno le forze del fronte russo-sciita sono in vantaggio sugli alleati dell’America nel conquistare gli ultimi pezzi di territorio in mano all’Isis. Lo Zar ha sottolineato che «le operazioni militari si stanno concludendo». La presa di Al-Bukamal, al confine siro-iracheno segna anche l’apertura «del corridoio sciita». Il generale dei Pasdaran Qassem Suleimani lo ha confermato con la sua visita fra le macerie della città: «La strada è sgombra da Teheran a Beirut». Il ritorno in Libano del premier dimissionario Saad Hariri, che nella notte è atterrato nella capitale libanese dopo la tappa al Cairo e oggi incontrerà il presidente Michel Aoun, difficilmente cambierà questo dato di fatto: l’Iran è saldamente installato in Libano, Siria e Iraq per la prima volta dalla rivoluzione khomeinista del 1979.

Con l’Isis in ginocchio e ridotto al 2% dei territori che controllava nel 2015, Mosca pensa che è tempo di raccogliere i «frutti politici» dell’intervento cominciato 26 mesi fa. Domenica i ministri degli Esteri russo, turco e iraniano si sono incontrati a Antalya, in Turchia. Nella serata di lunedì Assad è stato portato da un aereo militare da Damasco a Soci, per vedere Putin. Poi i capi di Stato maggiore russo, turco e iraniano hanno discusso gli aspetti militari. Oggi Putin, Erdogan e Rohani celebreranno il vertice sul Mar Nero. Nelle stesse ore un’opposizione siriana divisa - con il leader Riyad Hijab che si è dimesso - s’incontrerà in Arabia Saudita. Il 28 a Ginevra riprenderanno i colloqui di pace sotto egida Onu.

Ci si arriverà con un piano russo-turco-iraniano ben confezionato, mentre la volontà saudita di far uscire di scena Assad sembra fuori dalla cronaca, se non dalla storia. Il vertice non sarà però una passeggiata. Mosca, Ankara e Teheran hanno «visioni» diverse. Il Cremlino vuole garanzie sul mantenimento della «laicità» del regime siriano e ha lanciato l’idea di un «Congresso dei popoli», che dovrebbe dare voce alle diverse componenti etniche e religiose per arrivare, forse, a una configurazione federale dello Stato, con una ampia autonomia da accordare ai curdi.

Questa visione si scontra con le esigenze della Turchia. Erdogan si è seduto al tavolo di Putin solo perché vede l’alleanza con l’Occidente in dubbio, «da rivedere» nei rapporti militari con la Nato. In cambio chiede parecchio. Le truppe turche sono presenti nella provincia di Idlib e nel distretto di Al-Bab. Erdogan ha annunciato più volte che presto partiranno le operazioni nel cantone curdo di Afrin, in mezzo alle due fette di territorio già conquistate. Ieri circolavano sui social curdi le immagini di un convoglio di blindati in marcia verso Afrin.

L’operazione potrebbe scattare dopo Soci. Ma si scontrerà con l’opposizione da parte di Washington, alleata dei curdi, e pure da parte di Assad, che ha espresso le sue preoccupazioni nella sua visita lampo. Se Erdogan si prende una fetta del Paese e schiaccia i curdi che fine farà la Siria «laica e multietnica»? E divergenze ci sono persino con l’alleato iraniano, che con l’invio di Hezbollah ha salvato il governo di Damasco prima dei russi, nel 2013. L’ideologia del partito al potere da 50 anni, il Baath, è agli antipodi rispetto al «governo dei religiosi» propugnato dalla repubblica khomeinista.

Gli alawiti, la minoranza a cui appartiene Assad, hanno un credo più filosofico che messianico, lontano da quello degli sciiti duodecimani iraniani. Lo stesso vale per l’esercito. Gli ufficiali si sono formati all’accademia militare di Mosca, preferiscono collaborare con i russi che con le milizie sciite, pure una fanteria formidabile. Rohani e Putin discuteranno della presenza dei Pasdaran in Siria, che Mosca vorrebbe limitare per venire incontro alle richieste di Donald Trump. Teheran vuole però mantenere la «strada sgombra» fino a Beirut. La statura di Putin si vedrà dal compromesso che riuscirà a ritagliare.

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direttore@lastampa.it

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