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La Stampa Rassegna Stampa
29.09.2017 Putin e Erdogan alleati in Medio Oriente aprono la strada all'Iran
Cronaca di Giuseppe Agliastro

Testata: La Stampa
Data: 29 settembre 2017
Pagina: 18
Autore: Giuseppe Agliastro
Titolo: «Energia, missili e la guerra in Siria, Putin ed Erdogan tornano 'amici'»
Riprendiamo dalla STAMPA di oggi, 29/09/2017, a pag. 18, con il titolo "Energia, missili e la guerra in Siria, Putin ed Erdogan tornano 'amici' ", la cronaca di Giuseppe Agliastro.

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Vladimir Putin

L’epoca dei contrasti e delle inimicizie è ormai acqua passata per Russia e Turchia, intente a rafforzare un asse sempre più solido. Ad Ankara, Erdogan e Putin hanno respinto il plebiscito nel Kurdistan iracheno a favore dell’indipendenza da Baghdad e hanno celebrato come «un comune successo» verso la pace l’accordo per la creazione di quattro zone di de-escalation in Siria, dove la Turchia dovrebbe presto inviare le sue truppe nell’area di Idlib. Ma la luna di miele tra Ankara e Mosca passa anche dall’intenzione di realizzare il Turkish Stream e la prima centrale nucleare turca ad Akkuyu («al più presto», ha promesso Putin). Nonché dalle forniture dei missili S-400 russi, per i quali Erdogan ha già annunciato la firma di un accordo: una notizia che ha fatto sorgere non poche preoccupazioni in seno alla Nato, di cui la Turchia fa parte, poiché si tratta di armamenti non compatibili con quelli dell’Alleanza.

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Recep Tayyip Erdogan


Putin ed Erdogan (che anche ieri il leader del Cremlino ha chiamato «amico») sostengono in Siria fazioni diverse. Mosca appoggia il regime di Assad. Ankara invece dei gruppi armati antigovernativi. Nonostante ciò, la sintonia tra Russia e Turchia non fa che crescere, e sembra ormai lontano l’apice della discordia raggiunto nel 2015 dopo l’abbattimento di un caccia russo da parte degli F15 turchi. Non che i contrasti siano spariti, ma, fatta pace lo scorso anno, Erdogan e Putin hanno instaurato un rapporto che sta assumendo sempre più i tratti di un patto di ferro votato al conseguimento dei reciproci interessi.

Ne è un perfetto esempio l’intesa di Astana sulle zone di de-escalation in Siria. L’area forse più problematica è quella di Idlib, dove i caccia russi e siriani sono accusati di aver fatto strage di civili negli ultimi giorni non risparmiando gli ospedali. Anche il ministro degli Esteri turco Cavusoglu ha puntato il dito contro Mosca, sebbene Ankara aspetti ormai solo il permesso di Putin per schierare le sue truppe affianco a quelle russe e iraniane. L’obiettivo è far rispettare la tregua nella zona, in buona parte controllata da gruppi estremisti. Ma avere truppe in Siria dà evidenti vantaggi geopolitici in vista di un futuro postbellico.

Anche sul referendum per l’indipendenza del Kurdistan iracheno, Russia e Turchia sono sulla stessa linea d’onda. Ankara, come l’Iran, teme che il contagio indipendentista si diffonda e torni a infiammare i curdi che vivono sul suo territorio. «Se chiudiamo i rubinetti, per loro è finita», ha detto Erdogan rimarcando che per esportare petrolio i curdi sono costretti a bussare alla Turchia. Ma Ankara e Teheran usano anche la minaccia delle armi e i loro soldati si esercitano alla frontiera con la regione autonoma irachena.

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