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La Stampa Rassegna Stampa
12.07.2017 La legge Fiano e i molti volti del fascismo
Analisi di Amedeo Osti Guerrazzi, Claudio Cerasa

Testata: La Stampa
Data: 12 luglio 2017
Pagina: 21
Autore: Amedeo Osti Guerrazzi - Claudio Cerasa
Titolo: «I miti del fascismo, vulnus nazionale - Lo spettacolo degli antifascisti su Marte»

Riprendiamo dalla STAMPA di oggi, 12/07/2017, a pag. 21, con il titolo "I miti del fascismo, vulnus nazionale", l'analisi di Amedeo Osti Guerrazzi; dal FOGLIO, a pag. 1-4, con il titolo "Lo spettacolo degli antifascisti su Marte", l'analisi di Claudio Cerasa.

Ecco gli articoli, entrambi con buoni argomenti, pro e contro la legge Fiano sulla propaganda fascista:

LA STAMPA - Amedeo Osti Guerrazzi: "I miti del fascismo, vulnus nazionale"

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Amedeo Osti Guerrazzi

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La divisione italiana di Waffen SS

È necessaria una legge contro l’apologia del fascismo? Si tratta di una legge contro la libertà di pensiero e di parola? E soprattutto, il fascismo è veramente morto nell’opinione e nella memoria degli italiani?

E’ opinione diffusa tra gli storici che la memoria italiana sia una memoria «divisa», oppure «frammentata». Non esiste praticamente argomento della storia di questo paese che non sia oggetto di continui dibattiti e polemiche, spesso utilizzati anche dai politici per bassi motivi elettorali. La storia recente, ovviamente, ed il fascismo in particolare, sono gli argomenti che ancora oggi più appassionano gli italiani. Basti vedere l’enorme numero di volumi, storici, pseudo storici o alle volte puramente scandalistici, che intasano gli scaffali delle librerie. Il reparto «Storia contemporanea» è costantemente inondato di libri su Mussolini ed il fascismo.
Il regime, insomma, fa ancora cassetta, vende, permette visibilità, anche se questa ingente produzione letteraria va spesso a scapito delle scienze storiche e della memoria pubblica, influenzata facilmente da chi le spara più grosse.
I miti, le leggende, le grossolane falsificazioni, vengono riprese periodicamente da storici improvvisati che promettono di rivelare «la vera verità», o le «verità nascoste» dalla storiografia «ufficiale».

Gli esempi sono numerosissimi. Chi non ha mai sentito parlare, ad esempio, delle leggende che si sono accumulate sulla strage delle Fosse Ardeatine? Le supposte «contro verità» su questo doloroso argomento parlano di una congiura dei partigiani comunisti che avrebbero attaccato i tedeschi per poi scappare senza successivamente costituirsi, in modo da evitare la rappresaglia. Anzi, la rappresaglia stessa sarebbe stata volutamente cercata dai comunisti per far uccidere gli ostaggi già in mano ai nazisti. Si tratta di una grossolana falsificazione, smentita dagli stessi protagonisti della rappresaglia (Kesselring e Kappler) durante i loro processi, ma nonostante ciò la leggenda del complotto comunista è tutt’ora viva.

Un altro esempio particolarmente evidente è il mito dei trecentomila fascisti uccisi dopo la fine della guerra. Quanti libri sono usciti che parlano di ciò che è «veramente avvenuto» dopo il 25 aprile? Eppure anche qui si tratta di una evidente, e grossolana, invenzione. Prima di tutto bisogna ricordare che la guerra in Italia non è finita il 25 aprile (data dell’inizio dell’insurrezione), ma il 2 maggio, quando i tedeschi hanno firmato la resa per il fronte italiano. In quella tragica settimana le armi non solo non hanno taciuto, ma i nazifascisti in ritirata hanno continuato a combattere compiendo le ultime stragi di civili. E’ ovvio che numerosissimi fascisti, ancora in armi, siano stati uccisi in quei giorni sanguinosi. Nonostante i numerosi lavori scientifici sull’argomento, che hanno ricostruito date e soprattutto numeri (i fascisti uccisi durante l’epurazione selvaggia della primavera del ’45 furono circa 10.000, un numero altissimo di vite umane spezzate, ma certo diverso da 300.000), il mito del bagno di sangue ordito e perpetrato dai comunisti continua ad essere diffuso e popolare.

Un altro esempio: la leggenda della Repubblica Sociale Italiana voluta da Mussolini per fare da «scudo» agli italiani contro la vendetta tedesca dopo l’armistizio dell’otto settembre 1943. Mentre l’ex duce si stava «sacrificando sull’altare della storia», spingendo per la pacificazione tra italiani, i cattivissimi partigiani avrebbero volutamente scatenato la guerra civile spingendo il Paese nella tragedia. Di nuovo si tratta di una bellissima storia, priva tuttavia di qualunque prova scientifica, mentre chiunque abbia un minimo a che fare con le fonti d’archivio e i libri più seri può serenamente smentire ogni intento «pacificatore» del fascismo repubblicano.
Ma allora perché queste leggende tornano periodicamente sulla scena mediatica? I motivi sono veramente tanti: la volontà di scandalizzare la memoria «ufficiale», e quindi finire sui giornali, vendere libri, ottenere visibilità. Ma la colpa è anche di numerosi storici, che hanno utilizzato in maniera totalmente acritica le memorie pubblicate dai fascisti stessi dopo la guerra. Subito dopo il 1945, moltissimi ex collaboratori di Mussolini hanno scritto e pubblicato i loro libri di memorie, che ovviamente tendevano a difendere, oltre che la loro vicenda personale, l’esperienza storica del fascismo. Queste memorie sono state troppo spesso utilizzate in maniera acritica anche dagli storici professionisti, con il risultato che la guerra della memoria, iniziata subito dopo il 1945, ha visto spesso vincere proprio i fascisti. Il risultato è stato che miti e leggende sul fascismo sono state a volte traghettate nella storiografia scientifica, dando una patente di plausibilità anche alle teorie più strampalate. Con questo non si vuole assolutamente affermare che esiste una storia «vera» e una storia «falsa», e ogni memoria ha la sua dignità. Ma una cosa è la memoria, che come le opinioni può essere più o meno condivisa, un’altra è la conoscenza scientifica, che pur sempre in evoluzione, dovrebbe basarsi almeno su delle fonti e dei criteri condivisi.

E tutto questo non è innocuo, ma è la base «storica» e «scientifica» per attaccare e delegittimare la Resistenza e la Repubblica, che da quella guerra civile è nata. E’ un pericolo vero, più concreto di quanto normalmente si pensi. Il risultato di questa confusione lo si vede quotidianamente anche sui social media, colmi di siti web e di blog che inneggiano al fascismo, alla violenza, alla negazione di tutti quei valori che l’antifascismo, con tutte le sue contraddizioni, ha saputo incarnare e difendere, garantendo la libertà e la democrazia nel nostro Paese. Una legge che non attacchi le opinioni, ma che difenda almeno la conoscenza appare quindi, in questo contesto, opportuna e necessaria.

 

 

IL FOGLIO - Claudio Cerasa: "Lo spettacolo degli antifascisti su Marte"

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Claudio Cerasa

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Bottiglie di vino intitolate a Mussolini

Maggio 1939; dopo un terribile viaggio ipodermico sotto sale, i nostri eroi riprendono conoscenza e atterrano sul pianeta rosso. Marte è ostile, rigida e s’oppone con aliena ostinazione all’irrevocabile conquista della rivoluzione fascista”. E’ estate, fa molto caldo, sudiamo tutti come dei maratoneti e quando in Italia queste condizioni si combinano con l’assenza di notizie succose capita regolarmente che al centro della discussione pubblica ripiombi per un motivo o per un altro un grande classico di mezza estate: il ritorno al fascismo. Il grande classico dell’estate, che di solito precede di pochi giorni l’inesorabile invasione delle meduse tropicali, si è manifestato attraverso due episodi che hanno colpito l’attenzione dei lettori. Il primo coincide con l’appassionante dibattito sul ritorno del fascismo testimoniato dalla presenza in una spiaggia di Chioggia di alcuni nostalgici cartelli ispirati alla dottrina di Benito Mussolini. Il secondo coincide invece con l’emozionante discussione maturata in Parlamento relativa alla necessità o meno di difendere il nostro paese da leggi liberticide come quella voluta dal Pd e contestata dal Movimento 5 stelle che amplia il reato di apologia del fascismo.

Il protocollo dell’indignato collettivo prevede senza possibili sfumature che venga considerato un complice del fascismo chiunque (a) non consideri la spiaggia di Chioggia la prova provata del ritorno dello spirito mussoliniano e chiunque (b) non consideri urgente per la cultura democratica del nostro paese un’estensione dell’apologia del fascismo. E’ estate, fa molto caldo, sudiamo tutti come maratoneti e bisogna avere pazienza per spiegare che l’apologia del fascismo è una cosa troppo seria per vederla incarnata nella spiaggia di uno svitato di Chioggia o nel dissenso a una legge che di fatto rischia di trasformare in reato delle semplici e stupide opinioni. Ma il dibattito di questi giorni sul ritorno inesorabile al fascismo ci offre un’occasione importante per mettere a fuoco un problema significativo che riguarda lo strabismo di una parte consistente della nostra opinione pubblica, e anche della nostra classe politica, che quando si parla di totalitarismo tende a guardare dove sono le dita che indicano e a ignorare sistematicamente dove si trova la luna.

Le rievocazioni vere del fascismo che ci rifiutiamo sistematicamente di vedere non sono quelle che riguardano un’opinione sciocca o una stupida spiaggia ma sono altre, sono molto più gravi e sono queste che dovrebbero indignarci davvero e farci saltare su una sedia. Se il fascismo è inteso come la riproposizione di uno spirito totalitario a vocazione antisemita tendente a promuovere un miglioramento della razza umana e a sopprimere ogni forma di dissenso con violenti metodi di natura squadrista, occorre mettere da parte i cartelli di Chioggia e focalizzare la nostra attenzione su altre dinamiche. Occorrerebbe concentrarsi sulle gravi forme di negazionismo storico portate avanti dalle Nazioni Unite, attraverso la struttura dell’Unesco, che da anni puntano a distruggere la storia di Israele, e dunque Israele stessa, promuovendo una spietata forma di Olocausto culturale. Occorrerebbe concentrarsi non tanto sulla minaccia alla libertà contenuta in una legge che punta a estendere il perimetro dell’apologia del fascismo ma alla minaccia alla libertà costituita dall’islamofascismo contro cui non si azzardano a dire nulla o a scrivere un post gli stessi comici grillozzi che in queste ore rivendicano senza senso del ridicolo il diritto di dire di no a una legge liberticida come quella presentata dall’onorevole Fiano.

Occorrerebbe fare questo ma occorrerebbe fare molto altro. Occorrerebbe, per esempio, condannare culturalmente tutte le forme di antisemitismo spacciate per libertà di espressione, simili a quelle registrate lo scorso weekend al Londra, dove nell’indifferenza dell’intellighenzia europea il Queen Elizabeth II Center di Westminster ha ospitato, nell’ambito della più grande fiera palestinese d’Europa, il capo del Consiglio dei teologi musulmani del Sud Africa, la Jamiatul Ulema, che ha scelto di paragonare gli ebrei a delle orrende “zecche”. Occorrerebbe fare questo, e occorrerebbe fare anche altro. Occorrerebbe, per andare ancora avanti, non rimanere in eterno silenzio di fronte a pratiche eugenetiche, finalizzate cioè a promuovere un miglioramento della razza umane, simili a quelle che si registrano da anni in Europa, dove sono ormai scomparsi i bambini down e dove il tasso di aborto dei nascituri affetti da trisomia 21, come ricordato poche settimane fa dal Wall Street Journal, è arrivato a circa del 90 per cento, con punte del 99 per cento in Inghilterra e del 100 per cento in Islanda. Occorrerebbe fare questo e occorrerebbe fare molto altro. E, come ricorda oggi sul nostro giornale Emanuele Macaluso al nostro Salvatore Merlo, occorrerebbe per esempio non girarsi dall’altra parte di fronte a rievocazioni del fascismo ben più pericolose di un manifesto con le parole del Duce. Rievocazioni che in questo caso sono sotto gli occhi di tutti e che non possono che coincidere con l’istinto sfascista di un movimento che, sfruttando l’assenza di una legge che regolamenta il funzionamento dei partiti, punta a conquistare il potere promuovendo prassi squadriste come la cultura della gogna, il totalitarismo giudiziario e la tendenza a rinnegare i principi della democrazia rappresentativa.

Nel nostro paese, purtroppo, tutto questo accade in forme molto ridotte. E, tranne il caso di qualche piccolo giornale votato a promuovere grandi battaglie, difficilmente troverete in giro commenti contro l’islamofascismo, contro il nuovo antisemitismo, contro le nuove pratiche eugenetiche, contro le derive squadriste di alcuni movimenti politici così duri come quelli che avete letto in questi giorni a proposito di due stupidi cartelli in una ridicola spiaggia di Chioggia. L’antifascismo italiano, da anni, è diventato un brand utilizzanto più per condurre goffe campagne politiche che per difendere i principi di una buona democrazia. Nel nostro continente, e nel nostro paese, il fascismo rivive in forme diverse, grazie al cielo ampiamente minoritarie. Ma le forme che generalmente vengono denunciate sono sempre le stesse. Quelle cioè a basso costo politico, contro le quali è sufficiente un tweet indignato o uno status su Facebook per sentirsi scioccamente legittimati a indossare il gagliardetto dell’anti totalitarismo o la medaglietta da pseudo difensori della libertà d’espressione. E la comicità degli anti totalitaristi alla vaccinara combinata con la goffaggine degli antifascisti all’amatriciana potrebbe offrire a Corrado Guzzanti lo spunto giusto per girare un film ambientato sullo stesso pianeta rosso citato all’inizio del nostro articolo, solo con una piccola modifica nell’incipit iniziale: “Marte è ostile, rigida e s’oppone con aliena ostinazione all’irrevocabile conquista della rivoluzione antifascista”. Le scene comiche sono quelle di questi giorni e il titolo c’è già: “Antifascisti su Marte”. Perfetto, no?

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