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La Stampa Rassegna Stampa
09.07.2017 I reduci del Califfato, minaccia per l'Europa
Commento di Lorenzo Vidino

Testata: La Stampa
Data: 09 luglio 2017
Pagina: 12
Autore: Lorenzo Vidino
Titolo: «I reduci del Califfato, minaccia per l'Europa»

Riprendiamo dalla STAMPA di oggi, 09/07/2017, a pag. 12, con il titolo "I reduci del Califfato, minaccia per l'Europa", il commento di Lorenzo Vidino.

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Lara Bombonati prima della conversione

Ieri la Digos di Bari, ultimamente molto attiva in varie inchieste legate al terrorismo jihadista, ha compiuto un’importante operazione che ha portato all’arresto di Eli Bombataliev. L’arresto spicca tra i molti effettuati negli ultimi mesi per vari motivi. In primis, Bombataliev è uno dei primi foreign fighters di ritorno arrestato in Italia. Con il Califfato ormai alla resa dei conti e smembrato dei suoi territori in Siria e Iraq, si è ormai entrati in una fase nuova della breve ma sanguinosa storia dello Stato Islamico: la dispersione dei suoi reduci. Il ceceno, infatti, faceva parte del crescente numero di combattenti (qualcuno stima circa un migliaio) che, esfiltrati dagli ex territori del Califfato, hanno raggiunto l’Europa. Alcuni lo hanno fatto clandestinamente, entrando nell’area Schengen di nascosto. I più, e la cosa può sorprendere i non addetti ai lavori, legalmente. Molti, infatti, hanno la cittadinanza di qualche paese europeo o, come nel caso di Eli Bombataliev, un valido permesso di soggiorno. Sono noti all’intelligence come foreign fighters ma non possono essere arrestati una volta tornati, vuoi perché quando sono partiti per la Siria diventare foreign fighters non costituiva reato (e anche dove la legge è stata cambiata, non può essere applicata retroattivamente), vuoi perché la partecipazione al conflitto è nota a livello di intelligence ma, con somma frustrazione dell’antiterrorismo, non può essere provata con prove producibili in un tribunale, dove non tutte le prove sono ammissibili.

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Il caso inglese è emblematico. L’Home Office ha recentemente ammesso che su 400 foreign fighters di cui si sa che sono tornati nel paese, solo 54 sono stati arrestati. I 350 che non sono stati arrestati vanno ad aggiungersi alle migliaia di soggetti noti come radicalizzati e che vanno monitorati dai servizi inglesi. In Italia il fenomeno è più gestibile, data l’entità minore del fenomeno (125 i foreign fighters italiani, una ventina quelli ritornati) e la presenza di un quadro normativo migliore.

Vi sono però, in Italia come all’estero, problemi legati al fenomeno foreign fighters di ritorno che pongono difficilissime questioni giuridiche ed etiche. Cosa fare delle donne che hanno sposato soldati del Califfato ma che non hanno combattuto (è della settimana scorsa l’arresto di Lara Bombonati, la ventiseienne tortonese che voleva tornare in Siria)? E cosa fare dei “figli del Califfato”, i bambini nati nei territori dello Stato Islamico da cittadini di paesi europei che si erano uniti al gruppo? Hanno tre o quattro anni, sono cresciuti in un inferno a causa di genitori scriteriati (e che in molti casi sono deceduti o sono in prigione) ma hanno cittadinanza europea: come recuperarli?
Cosa faranno una volta tornati in Europa i foreign fighters? Alcuni si pentiranno o comunque non vorranno importare in Europa il conflitto. Ma è chiaro che molti di loro, ormai divenuti assuefatti alla violenza, esperti di armi ed esplosivi, in possesso di contatti operativi con altri jihadisti in giro per l’Europa, ed istigati dalle sirene del Califfato che, seppur alle corde, ancora continua con vigore ad incitare attacchi in Occidente tramite il web, penseranno di compiere attentati. Non era chiaro se lo volesse fare Eli Bombataliev. Ma si tratta di un soggetto di primo piano, con contatti in tutta Europa e proveniente da una filiera, quella cecena, che più di ogni altra si è distinta per ferocia tra le fila dello Stato Islamico. In Italia non operano molti jihadisti ceceni, ma negli altri paesi europei in cui sono attivi (Francia, Austria, Belgio, Danimarca), sono noti per la loro efferatezza, per i legami col crimine e per la difficoltà di penetrare i loro network. L’arresto di Foggia è perciò un altro successo del nostro antiterrorismo contro una minaccia sempre più eterogenea e agguerrita.

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