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La Stampa Rassegna Stampa
06.06.2017 'Terroristi islamici come i nazisti, basta con le giustificazioni'
Bernard-Henri Lévy intervistato da Paolo Mastrolilli

Testata: La Stampa
Data: 06 giugno 2017
Pagina: 13
Autore: Paolo Mastrolilli
Titolo: «I jihadisti sono come i nazisti. Nessuna pietà sul piano militare»

Riprendiamo dalla STAMPA di oggi, 06/06/2017, a pag. 13, con il titolo "I jihadisti sono come i nazisti. Nessuna pietà sul piano militare", l'intervista di Paolo Mastrolilli a Bernard-Henri Lévy.

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Paolo Mastrolilli

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Bernard-Henri Lévy

«C’è un filo diretto che collega i terroristi di oggi al nazionalsocialismo di ieri. Se non seguiamo questa spiegazione politica del fenomeno, e non la sommiamo a quella religiosa, non riusciremo mai a capirlo e sconfiggerlo».
Il filosofo francesce Bernard-Henri Levy passeggia nei corridoi del global forum dell’American Jewish Committe, mentre fa queste riflessioni. A cui aggiunge anche una dura critica del presidente Trump: «Quello che sta facendo soddisfa la strategia dell’Isis e lo aiuta a colpire».

Come giudica gli attacchi di Manchester e Londra?
«Il terrorismo è insieme un fenomeno politico e religioso. Sul piano politico, questi gruppi sono nazionalsocialisti. Sono l’ultima “perla” prodotta dall’ostrica del nazismo. C’è un filo conduttore che li lega a quell’epoca. Se lo segui, la storia del terrorismo di oggi ci riporta all’inizio degli Anni Trenta, quando la rivoluzione del nazionalsocialismo si affermò prima in Europa, e poi si propagò in tutto il mondo, raggiungendo anche i Paesi arabi. La Fratellanza Musulmana nacque proprio in quel periodo, come una versione araba del nazionalsocialismo. Oggi Hamas, Hezbollah, e i Fratelli musulmani sono gli eredi di questi inizi. A ciò si è unito poi l’elemento religioso».

Come?
«La componente religiosa del terrorismo è più complessa da spiegare, ma ha a che fare con l’islam. La maggioranza dei musulmani rifiuta questa visione oscura della propria fede, così come le letture traviate del Corano, però sarebbe un errore negare l’importanza del fattore religioso. Sostenere che il terrorismo non ha nulla a che fare con l’islam è lo sbaglio peggiore che possiamo commettere».

E allora perché Trump sbaglia a volere il bando dei musulmani dagli Stati Uniti?
«Adesso ci arriviamo. Prima però bisogna fare un’altra precisazione fondamentale per capire il fenomeno del terrorismo».

Quale?
«Dobbiamo smetterla di interpretarlo con le categorie psicologiche e sociologiche. I terroristi non sono dei pazzi o dei lunatici, e non sono neppure dei poveri emarginati. Sono persone intelligenti che seguono e applicano una ideologia ben precisa».

Perché questa distinzione è importante?
«Perché il problema del terrorismo non è cosa non funziona nei nostri Paesi, o nelle nostre città, ma l’ideologia sbagliata che motiva i suoi militanti».

Perché dunque boccia la reazione di Trump?
«Come sempre manca il punto. Alimenta la propaganda dell’Isis, le fornisce i target, e soddisfa la sua strategia. Se vedi quello che è successo a Londra come una ragione per rilanciare il bando dei musulmani, significa che non hai capito nulla. La strategia di Isis è provocare la guerra civile, trascinando il maggior numero possibile di musulmani nel campo jihadista. Tutto quello che sta facendo Trump, con il bando e con la sua analisi sbagliata del fenomeno, li aiuta a realizzare questo obiettivo».

In Gran Bretagna, ma anche in Francia, Belgio, Germania, il problema oggi sono i terroristi nati o cresciuti in questi paesi. Come va affrontato?
«È una strada lunga, una grande battaglia. Non c’è una soluzione semplice, non basta premere un bottone. Devi essere implacabile politicamente; senza pietà sul piano militare, della sicurezza e della polizia; inflessibile sul tema della ideologia. Niente scuse, niente giustificazioni di natura psicologia o sociologia. Nello stesso tempo, però, devi incoraggiare la maggioranza dei musulmani ad esprimere con forza il rifiuto del jihadismo».

In Italia abbiamo un’emergenza legata alle migrazioni.
«Altro errore cruciale da evitare. Il problema del terrorismo non sono le migrazioni. Quasi tutti i terroristi sono nati e cresciuti nei Paesi che colpiscono, non vengono da Siria, Iraq o Libia. L’errore fondamentale di Trump è collegare le due cose: migrazioni e terrorismo. In queste circostanze dobbiamo agire tutti con sangue freddo, saggezza e buona conoscenza delle cose. La cattiva conoscenza è la madre delle cattive reazioni e delle cattive strategie».

Lei cosa suggerisce di fare?
«Porre bene la questione. Dobbiamo chiedere ai nostri amici musulmani di accettare il fatto che il problema nasce dalla lettura sbagliata del Corano, e dall’eredità nazionalsocialista, affrontando l’emergenza sul piano religioso e politico».

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direttore@lastampa.it

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