martedi` 23 aprile 2024
CHI SIAMO SUGGERIMENTI IMMAGINI RASSEGNA STAMPA RUBRICHE STORIA
I numeri telefonici delle redazioni
dei principali telegiornali italiani.
Stampa articolo
Ingrandisci articolo
Clicca su e-mail per inviare a chi vuoi la pagina che hai appena letto
Caro/a abbonato/a,
CLICCA QUI per vedere
la HOME PAGE

vai alla pagina twitter
CLICCA QUI per vedere il VIDEO

Non dimenticheremo mail gli orrori del 7 ottobre (a cura di Giorgio Pavoncello) 15/01/2024


Clicca qui






La Stampa Rassegna Stampa
23.05.2017 Trump a Gerusalemme: ecco com'è andata
Cronaca di Paolo Mastrolilli

Testata: La Stampa
Data: 23 maggio 2017
Pagina: 10
Autore: Paolo Mastrolilli
Titolo: «La visita di Trump al Muro del Pianto: 'Uniti contro il male'»

Riprendiamo dalla STAMPA di oggi, 23/05/2017, a pag. 10, con il titolo "La visita di Trump al Muro del Pianto: 'Uniti contro il male' ", la cronaca di Paolo Mastrolilli.

Risultati immagini per Paolo Mastrolilli
Paolo Mastrolilli

Immagine correlata
Donald Trump

«Abbiamo davanti a noi una rara opportunità per portare sicurezza, stabilità e pace a questa regione e al suo popolo, sconfiggere il terrorismo, e creare un futuro di armonia e prosperità. Ma possiamo arrivarci solo lavorando insieme. Non c’è altro modo». Sono le parole con cui Donald Trump ha aperto ieri il suo viaggio in Israele, dopo essere stato il primo presidente a volare direttamente dall’Arabia Saudita allo Stato ebraico. Ma il senso di questa dichiarazione, e di queste tappe, si capisce solo mettendolo nel contesto della visita che domani farà anche in Vaticano, perché insieme delineano una strategia per rilanciare il processo di pace in Medio Oriente basata sul coinvolgimento delle tre grandi religioni monoteistiche che lo abitano.

Dopo l’accoglienza all’aeroporto di Tel Aviv con il presidente Rivlin e il premier Netanyahu, Trump è diventato il primo capo della Casa Bianca a visitare la Città vecchia di Gerusalemme. Prima la Chiesa del Santo Sepolcro, in omaggio al cristianesimo, e poi il Muro del Pianto, in omaggio all’ebraismo. Non ha voluto accompagnatori politici vicino a lui, proprio per non politicizzare il momento, che voleva invece avere unicamente un significato spirituale di rispetto. Indossando uno yarmulke nero ha poggiato la mano destra sul Muro, lasciando poi un biglietto. Sul volo che lo portava da Riad a Tel Aviv, però, era stato il capo della diplomazia Usa Tillerson a chiarire la strategia: «Il presidente è convinto che se queste tre grandi fedi si uniranno contro la forza del male rappresentata dal terrorismo dell’Isis, noi riusciremo a sconfiggerla». Una certezza che si applica anche al negoziato tra israeliani e palestinesi, che Trump spera di rilanciare proprio coinvolgendo le tre religioni islamica, ebraica e cristiana, trasformandole in strumenti di dialogo, comprensione e ragionevolezza, invece che divisione.

Prima della partenza una fonte della Casa Bianca, durante un briefing a cui avevamo partecipato, aveva abbassato le aspettative, dicendo che «durante la tappa in Israele non ci sarà l’incontro a tre fra Trump, Netanyahu e Abbas, perché sarebbe prematuro». Quindi aveva aggiunto che il presidente non andava con un piano di pace predeterminato, «perché ritiene che il negoziato debbano farlo le parti. Noi non saremo gli arbitri, ma i facilitatori. Non abbiamo sposato la soluzione dei due Stati, ma neppure la escludiamo. Israeliani e palestinesi dovranno decidere come convivere, e noi appoggeremo qualunque decisione condivideranno». La stessa fonte, però, aveva confermato la determinazione del presidente a perseguire quello che ha chiamato «the ultimate deal», cioè l’accordo per eccellenza che lo farebbe passare alla storia.
Tra gli israeliani e tra alcuni sostenitori americani di Trump c’è un po’ di delusione, per il mancato trasferimento dell’ambasciata da Tel Aviv a Gerusalemme, la frenata sugli insediamenti, le aperture ad Abbas sull’autodeterminazione, e le forniture di armi per 110 miliardi di dollari appena concesse all’Arabia Saudita. Lui stesso poi, incontrando Netanyahu, ha sentito la necessità di smorzare le polemiche riguardo le informazioni di intelligence sull’Isis rivelate ai russi: «Non ho mai citato Israele», che ne era la fonte. Però il genero del presidente Jared Kushner, e soprattutto il suo ex avvocato Jason Greenblatt, stanno lavorando da tempo sul rilancio del negoziato. La linea è quella di favorire una iniziativa regionale, in cui la pace la trattano israeliani e palestinesi, ma con l’aiuto degli arabi che fanno concessioni. Ad esempio l’Arabia e gli altri Paesi sunniti del Golfo sarebbero pronti ad aprire le telecomunicazioni dirette con Israele e garantire i diritti di sorvolo. Abu Mazen però non vuole che normalizzino le relazioni prima dell’accordo complessivo.

La visita appena compiuta nel regno saudita si può leggere dunque anche in questo contesto. Le concessioni fatte da Trump, la vendita delle armi, la denuncia dell’Iran ripetuta ieri davanti a Netanyahu, non servivano solo a rilanciare la collaborazione con Riad per la sicurezza regionale e la lotta al terrorismo, ma anche come contropartita per un impegno da parte dell’Arabia a facilitare l’accordo tra israeliani e palestinesi. «Re Salman ne è convinto», ha detto il presidente, come per spingere Bibi ad accettare la ripresa dei colloqui. La tappa di domani a Roma servirà a coinvolgere pure la Santa Sede in questo progetto, che ha come denominatore comune il ruolo attivo delle tre religioni, considerate indispensabili per sbloccare lo stallo politico e sconfiggere il terrorismo. Trump ci crede, anche perché ritiene che l’Isis e l’aggressività iraniana abbiano creato un’opportunità unica di convergenza. Pensa che «l’ultimate deal» potrebbe arrivare nel giro di un anno, se tutte le parti lo seguiranno su questa strada.

 

Per inviare alla Stampa la propria opinione, telefonare: 011/65681, oppure cliccare sulla e-mail sottostante


direttore@lastampa.it

Condividi sui social network:



Se ritieni questa pagina importante, mandala a tutti i tuoi amici cliccando qui

www.jerusalemonline.com
SCRIVI A IC RISPONDE DEBORAH FAIT