martedi` 16 aprile 2024
CHI SIAMO SUGGERIMENTI IMMAGINI RASSEGNA STAMPA RUBRICHE STORIA
I numeri telefonici delle redazioni
dei principali telegiornali italiani.
Stampa articolo
Ingrandisci articolo
Clicca su e-mail per inviare a chi vuoi la pagina che hai appena letto
Caro/a abbonato/a,
CLICCA QUI per vedere
la HOME PAGE

vai alla pagina twitter
CLICCA QUI per vedere il VIDEO

Non dimenticheremo mail gli orrori del 7 ottobre (a cura di Giorgio Pavoncello) 15/01/2024


Clicca qui






La Stampa Rassegna Stampa
20.05.2017 Elezioni in Iran: chiunque vinca rimarrà uno stato terrorista
Cronaca di Claudio Gallo

Testata: La Stampa
Data: 20 maggio 2017
Pagina: 11
Autore: Claudio Gallo
Titolo: «Battaglia nelle urne, in Iran è testa a testa»

Riprendiamo dalla STAMPA di oggi, 20/05/2017, a pag.11, con il titolo "Battaglia nelle urne, in Iran è testa a testa" la cronaca di Claudio Gallo.

Immagine correlataImmagine correlata
Claudio Gallo
Immagine correlata
la minaccia nucleare che l'Occidente non deve dimenticare

Nel nome del Dio Clemente e Misericordioso», alle 8 di mattina il ministro degli Interni ha aperto il voto presidenziale (e locale) in Iran. Sostanzialmente, si affrontano l'attuale presidente Hassan Rohani, un religioso moderato, e Ebrahim Raisi, un religioso conservatore. Quasi 56 milioni di votanti dovranno decidere se confermare il cauto disgelo internazionale di Rohani o se tornare a una politica di orgoglio nazionale con meno compromessi, come vuole Raisi. Se lasciar lavorare Rohani nella speranza che i frutti della crescita economica cadano anche sugli strati più bassi della società o se credere alla promessa di milioni di nuovi posti di lavoro fatta da Raisi. Infine, se continuare con la timida apertura alle libertà civili o se tornare alla tradizione religiosa con maggior rigore. La battaglia è serratissima: ieri sera l'agenzia Mehr - non ufficiale - ha diffuso un exit poll che conferma che il conservatore Raisi è in vantaggio nelle zone rurali, e il presidente Rohani guida nei centri cittadini. Raisi era in testa in 15 province, Rohani in dodici. Comunque troppo poco per avere un trend definitivo. Allo Hosseinieh Ershad, i nasi rifatti, i foulard sgargianti che trattengono a stento i capelli, le tuniche aderenti ci dicono che siamo al Nord. Votano quasi tutti per Rohani, si capisce.
La coda fuori dall'edificio con la cupola azzurra, dove il filosofo rivoluzionario AG Shariati faceva i suoi discorsi infuocati, è impressionante. Parte dalle gradinate del seggio e gira per due lati dell'isolato. A occhio, c'è almeno il doppio delle persone rispetto alle politiche del 2015. La mattina presto è venuto a votare il presidente Hassan Rohani. Guardie del corpo squadrate, col vestito scuro e la camicia bianca senza colletto, faticavano per sottrarlo all'abbraccio della folla. Ha detto che bisogna accettare il verdetto delle urne, chiunque vinca. C'è una certa insistenza su questo tema che fa correre il ricordo al 2009, quando molti il risultato non lo accettarono.
La Guida suprema Ali Khamenei ha avvertito: chi contesterà il voto si prenderà «uno schiaffo in faccia». Sotto i platani al lato del ruscello di fronte alla Hosseinieh, Fariba, 32 anni, ha l'indice macchiato di rosso di chi ha già votato: «Ho scelto Rohani per una vita più sicura, lavoro ai giovani e aiuti ai pensionati». Proprio le cose che gli avversari accusano il presidente di non aver fatto. «Vogliamo la pace - s'intromette Ashkam, 22 anni, maglietta blu dell'Adidas - per questo vogliamo lui». Reza, 55 anni, è un invalido della guerra con l'Iraq, dice di essere stato campione paralimpico di lancio dl disco. «Voto Rohani - spiega - perché l'ha detto Khatami. Quello che lui dice io lo faccio».
Già, che fine ha fatto l'ex presidente riformista? Oggi ha votato all'Hosseinieh di Jamaran, ai piedi delle montagne sopra Teheran, vicino alla vecchia casa di Khomeini, dove vanno molti vip, a cominciare dalla Guida suprema. A Khatami è proibito l'uso dei social media, ma lui è riuscito lo stesso a scrivere su Telegram che appoggiava Rohani. Le urla della folla segnalano l'arrivo di qualche celebrità. E il vice speaker del Parlamento Ali Motahari, figlio di Morteza, il martire rivoluzionario che proprio qui insegnava. Conservatore-liberale è un personaggio anticonformista, l'unico fino a poco fa ad avere il coraggio di chiedere la liberazione dei leader dell'Onda verde.
Dopo di lui compare la vicepresidente Masoumeh Ebtekar e il Grand Ayatollah Hashem Bathaie Golpayenagi, membro dell'Assemblea degli esperti. I vip saltano la lunghissima coda e entrano direttamente nel seggio. Il rivale di Rohani, Ebrahim Raisi ha votato in una roccaforte conservatrice del Sud, Shahr-e Rey. Uno dei seggi più famosi del «conservatoristan» è però quello della moschea del Profeta a Nazi Abbad.
Davanti ci sono i camion bianchi della televisione di Stato. Sorpresa, la coda è relativamente modesta. Spiega un'addetto alla sicurezza che hanno aperto molti seggi più piccoli nella zona. Difficile controllare. Donne nerovestite e uomini votano in file separate. Su un muro c'è un enorme cartello con i volti dei martiri della guerra partiti dalla moschea, tra loro diversi bambini. Zahra, 61 anni, occhi, guance, naso e bocca e il resto nascosto dalla veste scura, dice: «Voto Raisi perché è la persona più vicina a Khamenei. Lui non dimentica il ricordo dei martiri e l'orgoglio nazionale».
I seggi, che dovevano chiudere alle 18 sono rimasti aperti fmo a mezzanotte per permettere a tutti di votare.

Per inviare la propria opinione alla Stampa, telefonare: 011/65681, oppure cliccare sulla e-mail sottostante


direttore@lastampa.it

Condividi sui social network:



Se ritieni questa pagina importante, mandala a tutti i tuoi amici cliccando qui

www.jerusalemonline.com
SCRIVI A IC RISPONDE DEBORAH FAIT