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La Stampa Rassegna Stampa
13.03.2017 Iran: l'oppressione quotidiana del regime
Commento di Virginia Pietromarchi

Testata: La Stampa
Data: 13 marzo 2017
Pagina: 14
Autore: Virginia Pietromarchi
Titolo: «Un venerdì sera per le vie di Teheran dove l'arte diventa spazio di libertà»

Riprendiamo dalla STAMPA di oggi, 13/03/2017, a pag. 14, con il titolo "Un venerdì sera per le vie di Teheran dove l'arte diventa spazio di libertà", il commento di Virginia Pietromarchi.

In Iran la libertà e i diritti umani più elementari vengono ogni giorno calpestati dal regime fondamentalista islamico. Della ricerca, spesso difficile, di piccoli spazi di libertà rende conto l'articolo di Virginia Pietromarchi.
Ci piacerebbe conoscere che ne pensa la cronista dei condannati a morte i cui cadaveri ciondolano dai lampioni stradali. Così, tra una galleria d'arte e l'altra, anche quei morti possono essere colore locale. O no?

Ecco l'articolo:

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L'aereoporto "Imam Khomeini" a Teheran

La febbre del sabato sera a Teheran scoppia di venerdì, quando si aprono le porte delle gallerie d’arte contemporanea. In Iran lo spazio pubblico – disciplinato dalla morale e dalla legge islamica – è un luogo di transito dove non ci si sofferma. Gli incontri si svolgono soprattutto nella sfera privata, dove le relazioni si intrecciano attraverso un’attenta rete di legami familiari e sociali. La società è divisa in salotti, isolati gli uni dagli altri, nei quali è difficile entrare se non si ha una chiave di accesso. Le gallerie d’arte sono uno dei pochi luoghi di intersezione tra spazio privato e sfera pubblica. Teheran conta oltre 170 gallerie di arte contemporanea, un vettore di comunicazione con il mondo esterno.

La città è sommersa dal traffico, dove taxi collettivi vicino a bianche Porsche Cayenne sfrecciano tra i minareti, rallentando solo al passaggio di chador neri. A Farmanieh, quartiere dove un tempo sorgevano le ville della ricca borghesia di Teheran, rimangono oggi – dopo gli espropri dei primi anni della rivoluzione – pochi giardini nascosti, mortificati da alti edifici in cemento che li circondano. La colazione si fa tra queste vie, dallo zio Yeye che serve uova sbattute in una bettola di due metri per due. È frequentata da bazaari, i mercanti, che oggi devono stringersi tra i tavoli per fare spazio a signorine con velo Chanel su chioma biondo platino e smartphone. Come in Europa impazza il biologico, qui in Iran va di moda mangiare nel posto «autentico». Poco distante c’è la Silk Road Gallery. Aperta nel 2001 è la prima galleria esclusivamente dedicata alla fotografia iraniana contemporanea. Shadi Ghadirian vi ha esposto i suoi scatti di donne vestite in guisa Qajar, in posa con oggetti moderni - come bibite o l’aspirapolvere - esponendo per prima al mondo la crisi della società iraniana, incastrata tra modernità e tradizione.
Percorrendo in autobus Vali Asr, si passa sotto lo sguardo grave dei martiri della guerra Iran-Iraq (1980-1988) raffigurati nei murales che ancora rivestono le mura dell’intera città, sino ad arrivare alla galleria Ab-Anbar. Qui può capitare di imbattersi in una giovane intellettuale iraniana che, con un cappuccetto rosso al posto del velo, tiene una conferenza sul gender a proposito delle figure femminili Disney. Una foto mostra le principesse dei cartoni animati con una didascalia che indica la loro occupazione: lavapiatti, mantenuta, danzatrice. Gli iraniani sono maestri nel raccontarsi le favole, e nel capirne le trame segrete.

In metropolitana i vagoni sono divisi tra la sezione femminile – i due alle estremità – e un lungo e grosso blocco centrale, riservato agli uomini. Le donne si affollano nei vagoni e alcune, lontano dagli sguardi degli uomini, vendono i segreti della seduzione: trucchi, intimo, accessori e indiscrezioni. Alla fermata Hafte-Tir la galleria Aaran espone illustrazioni contemporanee dello Shahnameh - poema epico dell’XI secolo di Ferdowsi, il Dante iraniano. La rivisitazione in chiave moderna dei temi o delle tecniche del passato è un modo molto praticato di avanzare verso il futuro senza mai dimenticare la grande tradizione persiana: gli eroi epici si trasformano in lottatori avvinghiati in una lotta corpo a corpo dove brutalità ed erotismo si confondono; la calligrafia smette il suo rigore grafico per divenire segno astratto, mentre i personaggi classici delle miniature vengono sostituiti da pop star.

La tradizione diventa allora un veicolo per esprimere molte delle cose che altrimenti rimarrebbero «sotto il velo», in questa città che di venerdì svela sempre qualcosa di nuovo.

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