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La Stampa Rassegna Stampa
19.02.2017 Le nuove strategie dello Stato Islamico
Analisi di Maurizio Molinari

Testata: La Stampa
Data: 19 febbraio 2017
Pagina: 1
Autore: Maurizio Molinari
Titolo: «Il Califfo alla guerra dei droni»

Riprendiamo dalla STAMPA di oggi, 19/02/2017, a pag.1/ 21, con il titolo "Il Califfo alla guerra dei droni", l'editoriale di Maurizio Molinari.

Il Califfo dello Stato Islamico ha iniziato a combattere a Mosul con i droni, introducendo sul campo di battaglia siro-iracheno una novità tecnologica che inquieta le unità anti-terrorismo in più Paesi. I primi ad accorgersi della svolta tattica sono stati i reparti iracheni e curdi impegnati nella riconquista di Mosul, la più grande città del Califfato di Abu Bakr al-Baghdadi. I jihadisti che la difendono da gennaio bersagliano dal cielo i loro avversari. A dirlo con franchezza è il generale britannico Rupert Jones, parlando da Baghdad: «I droni commerciali sono una insidiosa minaccia crescente in Iraq perché Isis li usa per uccidere e terrorizzare». I droni dei jihadisti sono in genere di piccole dimensioni, assomigliano a grandi ragni con zampe metalliche che gli consentono di atterrare e lanciare ordigni simili a granate o piccoli proiettili da mortaio.

Da quando il Comando centrale delle truppe Usa in Medio Oriente - il Centcom di Tampa, in Florida - ha iniziato a monitorare tali attacchi ne ha registrato un significativo crescendo. «Posso confermare che Isis ha usato droni per lanciare munizioni grandi come granate» afferma John Dorrian, portavoce della «Combined Joint Task Force» che da Baghdad partecipa all’operazione «Inherent Resolve», la campagna anti-Califfato. Le unità dello Stato Islamico usano i droni per colpire soldati o mezzi iracheni e curdi causando perdite non indifferenti. Puntano soprattutto a diffondere paura e incertezza nei ranghi degli avversari. In alcune occasioni i droni sono stati adoperati come trappole esplosive: caduti dal cielo simulando problemi tecnici sono esplosi appena qualcuno li ha toccati. I comandi iracheni e peshmerga non forniscono numeri sulle perdite subite ma per il Centcom si tratta di «militari e civili». I ritardi dell’offensiva di terra contro Mosul si spiegano anche con tali difficoltà, aggravate dal timore - confermato da più fonti occidentali - che Isis possa tentare di usarli per lanciare granate con sostanze chimiche simili a quelle lanciate in più occasioni con proiettili di mortai contro i curdi nel Nord Iraq. Lo Stato Islamico si vanta, sui propri siti, di aver messo a segno ben 37 attacchi con droni nel Nord Iraq - da Mosul a Sinjar, ai confini siriani - solo nelle prime due settimane di febbraio.

Ad evidenziare la preoccupazione della coalizione vi sono i frequenti raid aerei che hanno per obiettivo le fabbriche e piste di lancio. «Dedichiamo un considerevole ammontare di tempo e risorse per compilare le liste di obiettivi di droni di Isis» spiegano i portavoce di Centcom, secondo cui «non è un’arma che può fare la differenza sul campo di battaglia ma può però avere un forte impatto psicologico». In particolare sono i grandi droni Usa «Reaper» a pattugliare i cieli di Mosul per avvistare i droni jihadisti, identificando chi li lancia al fine da poter reagire in tempi molto stretti. Ciò significa che sopra Mosul è in corso il primo conflitto dove entrambe le parti adoperano droni. Si tratta di un’accelerazione rispetto all’agosto 2015 quando le forze della coalizione per la prima volta colpirono un drone Isis su Ramadi. In seguito i jihadisti li hanno adoperati a Deir ez-Zour e Tal Afar. Per abbatterli i metodi sono differenti: l’esercito Usa adopera gli aerei elettronici «Ec-130H» per confonderli mentre i soldati iracheni e siriani hanno imparato a bersagliarli con i kalashnikov, sparando verso il cielo «come si fa ai matrimoni». Ed a ben vedere ad aver usato droni armati in Medio Oriente non è solo Isis ma anche i filo-iraniani di Hezbollah e Jabhat Fateh al-Sham, ex Al-Nusra espressione di Al Qaeda, entrambi nel corso del conflitto siriano, mentre Hamas li ha testati sui cieli di Gaza senza però ancora riuscire a montarvi delle bombe.

Ciò significa che non solo lo Stato Islamico ma più organizzazioni definite «terroristiche» da Usa e Ue, sunnite e sciite, sono in possesso di una tecnica che pone nuove sfide alla sicurezza collettiva. Ecco perché un recente studio del Centro per la lotta al terrorismo di West Point affronta il tema «Terrorismo, droni e tecnologia» descrivendo gli scenari di possibili nuove tipologie di attacchi ed ipotizzando anche le relative contromisure.

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direttore@lastampa.it

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