sabato 20 aprile 2024
CHI SIAMO SUGGERIMENTI IMMAGINI RASSEGNA STAMPA RUBRICHE STORIA
I numeri telefonici delle redazioni
dei principali telegiornali italiani.
Stampa articolo
Ingrandisci articolo
Clicca su e-mail per inviare a chi vuoi la pagina che hai appena letto
Caro/a abbonato/a,
CLICCA QUI per vedere
la HOME PAGE

vai alla pagina twitter
CLICCA QUI per vedere il VIDEO

Non dimenticheremo mail gli orrori del 7 ottobre (a cura di Giorgio Pavoncello) 15/01/2024


Clicca qui






La Stampa Rassegna Stampa
13.01.2017 Pacifico Di Consiglio e la Resistenza del ghetto di Roma
Mirella Serri recensisce il libro di Maurizio Molinari, Amedeo Osti Guerrazzi

Testata: La Stampa
Data: 13 gennaio 2017
Pagina: 26
Autore: Mirella Serri
Titolo: «Moretto contro il fascista, il ghetto di Roma come un ring»

Riprendiamo dalla STAMPA di oggi, 13/01/2017, a pag. 26, con il titolo "Moretto contro il fascista, il ghetto di Roma come un ring", la recensione di Mirella Serri al libro di Maurizio Molinari, Amedeo Osti Guerrazzi "Duello nel Ghetto".

Immagine correlata
Mirella Serri

Immagine correlataImmagine correlata
Maurizio Molinari, Amedeo Osti Guerrazzi

A Roma nel dedalo di viuzze che circondano il Portico d’Ottavia, chiamato confidenzialmente la Piazza dagli ebrei romani, Elena era considerata una tipa un po’ stramba, una visionaria. A tarda sera del 15 ottobre 1943, tutta scarmigliata, cominciò a bussare alle porte delle case. Il suo obiettivo? Convocare i capi famiglia. Ma quasi nessuno le diede retta. All’alba del mattino dopo, quando le SS bloccarono via di Sant’Angelo in Peschiera, via del Teatro di Marcello e gli altri accessi al Ghetto, gli ebrei romani capirono che la «matta» aveva ragione e che era in atto quella retata dei nazisti a cui la donna li sollecitava a reagire. Ma come?

Non era impossibile. C’era qualcuno in quelle strade e in quelle piazze che, fin dalla data dell’emanazione delle leggi razziali, aveva cercato di far capire ai correligionari che la rassegnazione era un passaporto per l’aldilà: si trattava di Moretto, al secolo Pacifico Di Consiglio. Questo pugile dilettante fu così uno dei pochi ebrei a mettere in atto un’eccezionale strategia di sopravvivenza: adesso a ripercorrere la vicenda di questo piccolo-grande ribelle sono Maurizio Molinari e Amedeo Osti Guerrazzi in Duello nel Ghetto (in uscita per Rizzoli, pp. 265, € 20). Un romanzo-verità che con materiali d’archivio e testimonianze inedite ricostruisce, come recita il sottotitolo, «La sfida di un ebreo contro le bande nazifasciste nella Roma occupata».

Immagine correlata
La copertina (Rizzoli ed.)

Tra i diseredati
Il libro di Molinari e Osti Guerrazzi ridà anima e corpo al prestante Pacifico e al suo scontro all’ultimo sangue con Luigi Roselli, uno dei più crudeli collaborazionisti dei nazisti. Ma la vicenda all’Ok Corral tra Moretto e il fascista s’intreccia con una narrazione corale di cui fanno parte gli Spizzichino, i Di Segni, i Pavoncello, i Di Porto e tutti gli altri esponenti della Comunità ebraica romana, costituita in gran parte da diseredati, da coloro che praticavano i mestieri più umili e vari, dagli «stracciaroli» ai «ricordari» o «urtisti» (quelli che vendono cartoline-ricordo e statuette nel centro capitolino buttandosi «a urto» sui turisti).

È tutto un mondo unito, solidale e colorato che frequenta il bar di Monte Savello e il ristorante Il Fantino in via della Tribuna Campitelli, e che diventa protagonista di una storia fino a oggi mai raccontata: la resistenza dei «dannati della terra», di coloro che non se ne vanno, fieri di essere italiani e ebrei. Che, quando viene applicata la legislazione antisemita, non hanno rapporti con gli alti papaveri dei ministeri, non hanno aderenze o amici importanti che permettano loro di essere «discriminati» e di scapolarsela di fronte ai provvedimenti razziali. Che vogliono comunque dimostrare che Roma appartiene anche a loro e alla loro tradizione.

Se quindi, da un lato, l’ebreo Mario Fiorentini entra a far parte dei Gap, i Gruppi di Azione Patriottica del Partito comunista, Paolo Alatri da prima della guerra cela un deposito di armi e una tipografia clandestina e l’editore Ottolenghi crea un’organizzazione di combattenti, vi sono anche altri oppositori del regime, proprio come Moretto, ragazzo di bottega che dopo l’8 settembre, privo di relazioni e di conoscenze, cerca senza riuscirci di aggregarsi ai primi gruppi di partigiani.

Da quando aveva compiuto 17 anni nel fatidico ’38 dell’emanazione delle leggi razziali, Pacifico era un perseguitato speciale: le camicie nere del quartiere, come Roselli di professione rigattiere, non tolleravano il suo disprezzo. Il pugile Pacifico era tale di nome ma non di fatto, i suoi uppercut erano ben mirati e non chinò mai la testa di fronte alle più violente smargiassate.

Moderno Scaramouche
Dopo che è stata diffusa la notizia dell’armistizio con gli anglo-americani, Moretto, impugnando una mitraglietta, è con tanti altri antifascisti a Porta San Paolo e cerca di ostacolare l’avanzata della Wehrmacht. Invece Elena «la matta», con un manipolo di ebrei, prova a procurarsi armi e munizioni. Sfuggito per un pelo al rastrellamento del 16 ottobre, Di Consiglio sarà nel mirino di Roselli il quale, dopo l’occupazione nazista della Capitale, aveva messo su una vera e propria industria della morte e del ricatto: in cambio di quattrini, prometteva agli ebrei la libertà e poi li denunciava al colonnello Kappler.
Pacifico elaborò un piano audace per aiutare gli abitanti del ghetto: sedusse la nipote di Roselli e, tramite le informazioni che gli passava la ragazza, da moderno Scaramouche si faceva beffe dei persecutori e strappava loro le vittime. L’ora fatale arrivò anche per lui: arrestato e picchiato a sangue venne portato in via Tasso e poi a Regina Coeli. Caricato su un camion con destinazione prima Fossoli e poi Auschwitz, riuscì a scappare. Però non abbandonò Roma e tornò sempre lì dove erano le sue radici, a Portico d’Ottavia. La Comunità è falcidiata da deportazioni, lutti, miseria e Pacifico-lupo solitario sotto l’impermeabile bianco maschera la pistola per freddare nazisti e fascisti. Nel giugno 1944, quando le truppe alleate entrano nella capitale, combatte al loro fianco e aiuta i soldati americani a liberarsi degli ultimi cecchini tedeschi, quindi prenderà la tessera del Partito d’Azione. E gli aguzzini?

Un cazzotto al torturatore
Roselli e il suo gruppo di accoliti, di cui faceva parte la nota «Pantera nera», una bellissima ebrea che denunciava i correligionari, furono processati nel marzo del 1947: Moretto è uno dei testimoni determinanti per la condanna. Quando arriva in tribunale, alto un metro e ottanta e con le sue spalle possenti, si fa largo tra la folla, supera lo sbarramento dei carabinieri e molla un cazzotto in faccia a uno dei suoi ex torturatori. Gli imputati verranno condannati a pene dure ma l’amnistia voluta da Palmiro Togliatti cancellerà parecchi anni di carcere.

Nemmeno a guerra finita però Moretto «ha perso la voglia di lottare», scrivono gli autori, «e la battaglia ora si chiama memoria». Negli anni condividerà le proprie avventure e la propria esperienza con le nuove generazioni. Dunque anche grazie ai ricordi di Moretto (scomparso nel 2006) i due scrittori hanno potuto restituirci la voce e la superba Resistenza dei poveri e dannati in uno dei periodi più oscuri della storia italiana.

Per inviare la propria opinione alla Stampa, telefonare 011/65681, oppure cliccare sulla e-mail sottostante


direttore@lastampa.it

Condividi sui social network:



Se ritieni questa pagina importante, mandala a tutti i tuoi amici cliccando qui

www.jerusalemonline.com
SCRIVI A IC RISPONDE DEBORAH FAIT