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La Stampa Rassegna Stampa
23.09.2016 Erdogan o Gulen? Dalla padella alla brace
Francesco Semprini intervista Fathullah Gulen

Testata: La Stampa
Data: 23 settembre 2016
Pagina: 14
Autore: Francesco Semprini
Titolo: «'Il Sultano vuole farmi estradare per torturarmi e poi uccidermi'»

Riprendiamo dalla STAMPA di oggi, 23/09/2016, a pag. 14, con il titolo "Il Sultano vuole farmi estradare per torturarmi e poi uccidermi", l'intervista di Francesco Semprini a Fathullah Gulen.

Gulen, l'oppositore di Erdogan che il Sultano vuole morto, si augura che la Turchia entri in Europa. E' un'utopia pericolosa perché la società civile è fatta dai cittadini, non dai sultani. E' vero che c'è una minoranza civile oppressa da Erdogan, ma l'immagine di Gulen è quella di un religioso che, se sostituisse Erdogan al potere, potrebbe non essere migliore di lui.

Ecco l'articolo:

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Francesco Semprini

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Fathullah Gulen

«Rafforzare la democrazia in Turchia è l’unica strada per gestire l’emergenza rifugiati in Europa e la lotta all’Isis nel mondo. Altrimenti si rischia la catastrofe». Dalla sua residenza di Saylorsburg, in Pennsylvania, Muhammed Fethullah Gulen, predicatore e insegnante di Hanafi e fondatore dei movimenti Hizmet e «Alliance for Shared Value», si rivolge a Italia ed Europa sulla situazione nel proprio Paese.

Erdogan dalle Nazioni Unite ha rivolto un appello per un’azione globale contro la rete terroristica di cui l’accusa di essere il capo. E ha chiesto agli Stati Uniti di smettere di darle accoglienza. E’ preoccupato?
«Gli Stati Uniti hanno una tradizione democratica forte e grande rispetto dello stato di diritto. Non credo che agiranno andando contro questi valori solo perché il presidente turco è così ostinato su questo punto. Il governo Usa ha ripetuto più volte che saranno seguite le procedure nel rispetto della legge e io sono fiducioso».

Cosa ha in mente Erdogan chiedendo la sua estradizione?
«Da una parte vuole far passare il messaggio che io e Hizmet siamo burattini manovrati da America, Cia, Mossad, Israele e altre potenze straniere. E usa il rifiuto degli Usa a cedere alle sue richieste irrazionali come una prova delle sue stesse calunnie. Se ottenesse quello che chiede, ne farebbe uno strumento per umiliarmi e probabilmente per torturarmi e uccidermi. Trasformandola in una lezione da cui devono trarre esempio tutti coloro che appartengono alla società civile turca».

Come giudica i tentativi di normalizzazione dei rapporti tra Ankara e Mosca?
«A causa delle sue politiche miopi, la Turchia si ritrova isolata. Le posizioni assunte su dossier come Siria, Iraq e Africa del nord altro non hanno fatto che creare risentimento verso Ankara. L’ex primo ministro a un certo punto ha chiamato tutto questo un “prezioso isolamento”. A questo punto non hanno molte altre opzioni, non ci sono molti Stati che attendono Erdogan a braccia aperte, per questo le prove di dialogo con la Russia sono una scelta pragmatica. Il Cremlino è saggio abbastanza per non farsi ingannare dal cambio di registro di Erdogan. La Turchia ha legami storici, economici e militari con l’Occidente e non credo possa cambiare posizione tanto facilmente».

A suo avviso la Turchia dovrebbe entrare nell’Unione europea?
«Ho sempre sostenuto con forza la candidatura della Turchia nell’Ue perché questo ne consoliderebbe la democrazia, contro i rischi di colpi di Stato e in aiuto del rispetto di diritti umani e libertà».

Quindi il Paese ha le carte in regola?
«Per i primi anni Akp, il partito di Erdogan, ha proceduto all’attuazione delle riforme. Dopo c’è stata un’inversione a U, con un allontanamento dalla democrazia. Credo ancora che l’entrata della Turchia nell’Ue crei beneficio a entrambe. Anche se l’Unione attraversa un periodo travagliato, i suoi principi di democrazia e tutela dei diritti umani sono ancora validi».

In questi giorni al Palazzo di Vetro ci sono stati tra gli altri Matteo Renzi e Federica Mogherini.
«Chiedo umilmente loro di non cedere alle pressioni di Ankara e di incoraggiare il popolo turco a mantenere vivo il sogno europeo. I leader hanno criticato più volte Erdogan per i suoi abusi sui diritti umani, ma non hanno intrapreso nessuna azione concreta. Non possono chiudere gli occhi davanti alle violazioni dei diritti umani solo perché Erdogan fa fronte a un esercito di rifugiati».

Cosa teme?
«Rafforzare la democrazia in Turchia, lo stato di diritto e il rispetto dei diritti umani è assolutamente necessario per gestire l’emergenza rifugiati e la lotta all’Isis nel lungo periodo. Se questo non avviene, l’Europa rischia di trovarsi davanti a un problema ancora più grave, una catastrofe. Le pressioni interne sui rifugiati, la proliferazione di gruppi radicali, la persecuzione di decine di migliaia di civili, le avventurose autoproclamazioni di Erdogan quale eroe nazionale sono cose che dovrebbero fornire ai leader europei l’impulso a intraprendere azioni efficaci per fermare la deriva autoritaria del governo turco».

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direttore@lastampa.it

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