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La Stampa Rassegna Stampa
18.05.2015 Bandiere palestinesi a San Pietro: la nuova alleanza degli odiatori di Israele
Cronaca di Giacomo Galeazzi, commento di IC e di Valentino Baldacci

Testata: La Stampa
Data: 18 maggio 2015
Pagina: 13
Autore: Giacomo Galeazzi
Titolo: «In Vaticano le bandiere palestinesi, l'ira della comunità ebraica e di Israele»

Riprendiamo dalla STAMPA di oggi, 18/05/2015, a pag. 13, con il titolo "In Vaticano le bandiere palestinesi, l'ira della comunità ebraica e di Israele", la cronaca di Giacomo Galeazzi.

Importanti le parole di Riccardo Pacifici, presidente della comunità ebraica di Roma, a commento della vicenda: «Di tutto il Medio Oriente e l’Africa, Israele è l’unico Stato in cui i cristiani crescono di numero e hanno libertà religiosa. Da quando nel ’94 Betlemme è finita sotto il controllo dell’Autorità nazionale palestinese la presenza cristiana è scesa dell’80%».
Per suo conto, Giacomo Galeazzi disinforma definendo le due nuove sante "le prime due palestinesi canonizzate in epoca moderna". Entrambe, infatti, sono nate e morte  quando quei territori facevano parte dell'Impero Ottomano, quindi molto prima che si cominciasse a parlare di "palestinesi" per connotare gli arabi residenti in West Bank e Gaza. E anche prima della stessa nascita di Israele. Definire le due suore "palestinesi" anziché arabe cristiane è la consueta riscrittura del passato a cui il Vaticano e i sostenitori del terrorismo palestinese ci hanno abituato. La Santa Sede (S.S.) ha fatto una scelta di campo, Sua Santità (S.S.) il papa non è un ingenuo, i suoi consiglieri saranno anche 'cattivi' - come qualcuno ha suggerito - ma stava a lui liberarsene, cosa che si è ben guardato dal fare.

Aggiungiamo il commento di Valentino Baldacci, che chiarisce la bufala delle due "suore palestinesi":

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Valentino Baldacci

Un nuovo gesto politico di Bergoglio: fra qualche giorno proclamerà sante due suore "palestinesi". Ovviamente non entro nel merito della loro "santità", campo nel quale sono del tutto incompetente (anche se un certo rilievo dovrebbe avere il fatto che una delle due fu sgozzata da un musulmano a causa della sua fede religiosa). Discutibile mi sembra invece l'enfasi con la quale l"Avvenire" sottolinea il loro essere "palestinesi", tanto è vero che alla cerimonia di proclamazione parteciperà Abu Mazen. Le due religiose sono vissute nella seconda metà dell'800, quando il territorio nel quale vivevano apparteneva all'Impero ottomano ed era noto come Siria meridionale. Il termine Palestina (coniato dai Romani quando conquistarono la Giudea) fu riesumato solo nel 1922, quando fu creato il mandato britannico. Le due suore perciò erano cittadine turche, al massimo si può dire che parlavano arabo, ma dire che erano "palestinesi" è una sciocchezza bella e buona, oppure - cosa più probabile - l'ennesima dimostrazione dell'ostilità vaticana verso gli ebrei e il loro Stato.

Ecco l'articolo:

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Giacomo Galeazzi, Riccardo Pacifici


Bandiere palestinesi sventolano a San Pietro: il pregiudizio cattolico contro gli ebrei si salda al terrorismo islamico-palestinese

«Le nuove sante ispirino solidarietà e fraterna convivenza», auspica Francesco indicando come modello di pacificazione per il Medio Oriente le prime due palestinesi canonizzate in epoca moderna, Marie Alphonsine Danil Ghattas e Mariam di Gesù Crocifisso Baouardy. Umili e coraggiose.

La storia soffia in piazza San Pietro. L’evento unisce evangelizzazione e diplomazia nel pontificato che ha riportato la Chiesa al centro dello scacchiere internazionale dopo un decennio di ripiegamento sulle ferite interne (scandali finanziari e sessuali, lotte di potere). Il Papa invita religioni e popoli che si contendono la Terra Santa a guardare al futuro con «speranza», lasciandosi ispirare dalla «carità» e dalla «riconciliazione». Geopolitica e fede in una giornata di festeggiamenti, nuovi scenari e polemiche.

Kefiah e canti
Nella canonizzazione si accende di colori e canti la festa palestinese a San Pietro con bandiere, kefiah e il presidente dell’Anp, Abu Mazen seduto in prima fila. Francesco lo abbraccia con grande cordialità dopo l’udienza di sabato e l’accordo tra Santa Sede e Palestina. «Siamo sorpresi e delusi», dice Riccardo Pacifici, presidente della comunità ebraica di Roma. Guarda le bandiere palestinesi in piazza e sospira: «Di tutto il Medio Oriente e l’Africa, Israele è l’unico Stato in cui i cristiani crescono di numero e hanno libertà religiosa. Da quando nel ’94 Betlemme è finita sotto il controllo dell’Autorità nazionale palestinese la presenza cristiana è scesa dell’80%». La “due giorni” di Abu Mazen in Vaticano lascia di ghiaccio i «fratelli maggiori» che preparano la visita papale alla sinagoga di Roma. «Facciamo appello a Francesco affinché ci renda noti risvolti sconosciuti del riconoscimento unilaterale e senza condizioni accordato ad Abu Mazen, che invece andava sollecitato a negoziare con il governo israeliano appena eletto, in spirito di giustizia e senza finzioni», spiega Pacifici. E aggiunge: «Per rilanciare solidarietà e accoglienza in Europa occorre combattere uniti, ebrei e cristiani, contro il terrorismo e l’odio fondamentalista in Medio Oriente e in Africa». E’ l’unica strada «per arginare le spinte nazionaliste e xenofobe che su questo tema raccolgono consensi».

Intanto da Israele piovono critiche per l’accoglienza del Pontefice e l’esortazione ad Abu Mazen ad essere angelo della pace. «O Sua Santità è persona ingenua o non ha nessuna conoscenza di quanto succede in Medio Oriente», scrive Yediot Ahronot.

Fraintendimenti e accuse
Il tabloid filo-governativo Israel ha-Yom pubblica una «lettera aperta al Papa» in cui si definisce la costituzione di uno Stato palestinese «la prosecuzione dei tentativi di crocifiggere il popolo ebraico». Secondo il rabbino capo di Roma Riccardo Di Segni «abbiamo bisogno tutti di angeli di pace ma devono essere angeli veri e pace vera». Padre Federico Lombardi riconduce però l’episodio all’obiettivo di Francesco, incoraggiare l’impegno per la pace. «Lo stesso dono del simbolo dell’Angelo di Pace viene fatto dal Papa a molti presidenti», chiarisce il portavoce vaticano.

Resta la delusione degli ebrei, soprattutto a Roma. «Abbiamo vissuto tutto questo come una beffarda ironia della sorte: si affida a un angelo della morte la speranza di pace - afferma Pacifici - Lo scorso giugno la preghiera ai Giardini Vaticani sembrava un nuovo corso. Invece, poi, è scoppiato il peggior conflitto degli ultimi vent’anni. Ci aspettavamo che il Papa chiedesse ad Abu Mazen di tagliare ogni legame con Hamas e con i finanziamenti dei Paesi che sostengono il genocidio dei cristiani». Infatti, «per le vittime cristiane abbiamo spento le luci al Colosseo manifestando con la Comunità di Sant’Egidio». Perciò «in queste ore la nostra base vive come un tradimento le immagini che arrivano dal Vaticano. Ma resta la speranza». Polemiche che non scalfiscono la proposta di pace che Francesco lancia attraverso l’esempio delle nuove sante.

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