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La Stampa Rassegna Stampa
24.01.2015 Hannah Arendt non ha capito nulla: Claude Lanzmann a ruota libera
Lo intervista Francesca Sforza

Testata: La Stampa
Data: 24 gennaio 2015
Pagina: 7
Autore: Francesca Sforza
Titolo: «Hannah Arendt non ha capito nulla»

Riprendiamo dalla STAMPA/TUTTOLIBRI di oggi 24/01/2015, a pag. VII, l'intervista di Francesca Sforza a Claude Lanzmann, dal titolo " Hannah Arendt non nha capito nulla".
Avanti con gli anni, ma lucidissimo, ecco che cosa risponde all'ultima domanda dell'intervistatrice:
" In Israele fra poco si andrà alle elezioni, crede che Benjamin Nethanyahu sia la persona giusta per governare il paese in questa fase?
«Conosco benissimo la famiglia di Bibi, una famiglia di combattenti onesti e di israeliani veri. Certo che è l'uomo giusto, Nethanyahu va benissimo per Israele».


Claude Lanzmann con B.Murmelstein al tempo dell'intervista

                                                               Francesca Sforza

Nato a Parigi nel 25, direttore della rivista «Les Temps Modernes», ha realizzato «Shoah» (1985), flmdocumentario di nove ore e mezzo girato in undici anni di ricerche e interviste, che costituisce un'ideale trilogia con Pourquoi Israel (1972) e «Tsahal» .In italiano è uscito il suo libro di memorie «La lepre della Patagonia» (Rizzoli). «L'ultimo degli ingiusti» Skira ed. Il libro è tratto dall'intervista filmata nel 75 al controverso rabbino di Vienna Benjamin Murmelstein che dal '44 fu decano a Theresienstadt (dove morirono 33 mila ebrei). Processato per collaborazionismo dopo la guerra dai cecoslovacchi (e poi assolto), rifiutato da Israele si stabilì a Roma. Lanzmann lo ha «riabilitato» con questa intervista.


Hannah Arendt

Ecco l'intervista: 

Per molti, se non per tutti quelli che lo hanno sentito nominare, Benjamin Murmelstein era il controverso rabbino capo di Vienna che divento decano dello Judenrat (il Consiglio ebraico) del campo di concentramento di Theresienstadt nel 1944, e che a differenza dei suoi due predecessori, morti assassinati dai nazisti, sopravvisse fino all'età di 84 anni, trascorrendo a Roma gli anni successivi alla guerra. Per quei molti si tratta ancora oggi di un uomo senza dubbio intelligente e scaltro, ma in definitiva un collaborazionista, uno di quelli che secondo Primo Levi avrebbe permesso ai nazisti di dire: «Non siamo più sporchi di voi». Non la pensa così Claude Lanzmann, l'autore delle 10 ore di film Shoah, ma anche l'intellettuale irriverente di Les Temps Modernes, compagno di Sartre e dichiarato amante di Simone de Beauvoir, una vita di battaglie partigiane e libertarie. E non è la sordità che avanza, né il whisky fuori orario, né la bizzosità tipica degli irriverenti che invecchiano a fargli velo: Lanzmann, 89 anni, è convinto che Benjamin Murmelstein sia stato, più di ogni altra cosa, «vittima della stupidità dei suoi correligionari». Lo abbiamo incontrato a Roma, dove nei giorni scorsi ha presentato "L'ultimo degli ingiusti", versione scritta - pubblicata da Skira - del documentario-intervista girato nel 1975 e presentato nel 2013 al Festival di Cannes.
Un lungo dialogo tra lui e Benjamin Murmelstein, dove quest'ultimo ha la possibilità di dare la sua versione dei fatti, con poche interruzioni e un blando contraddittorio, suggellato dall'ultimo scambio di battute: «Non mi sono mai tirato indietro di fronte al pericolo - dice Murmelstein a Lanzmann -. Lei è l'ultimo pericolo, spero, che mi si presenta davanti. E non ho paura neanche di lei». Risposta: «Lei è una tigre».

 Claude Lanzmann, come mai ha atteso quasi quarant'anni per rendere pubblico prima il documentario e oggi il libro dell'incontro tra lei e Murmelstein, nel 1975 a Roma?
«Murmelstein è stata la prima persona che intervistai per Shoah, ma poi andando avanti nelle riprese mi sono reso conto di non poterlo integrare nel film, la storia meritava uno spazio a sé. Poi è passato del tempo, facevo fatica all'idea di rientrare in quella storia, ero stanchissimo, per lungo tempo ho fatto resistenza. Poi però mi sono detto che di quella vicenda non sarebbe rimasta nessuna traccia, e che la perdita sarebbe stata enorme. E così mi sono deciso».
C'è chi le rimprovera di essere stato troppo indulgente con l'uomo che redigeva i rapporti per Eichmann. Cosa risponde?
«Che sono degli idioti. Gente modesta che non ha còlto la portata del dilemma di Murmelstein: salvare il maggior numero di ebrei possibile in una condizione estrema. E così fece: grazie a lui 123 mila ebrei si salvarono. Murmelstein era così intelligente da capire i meccanismi della psicologia nazista, giocando d'anticipo e prevedendo le loro mosse. Come quella volta in cui comprese che se a Theresienstadt si fosse saputo dell'epidemia di tifo Eichmann avrebbe dato fuoco all'intero campo. Fece cambiare i cartelli sanitari, e ogni nuovo caso di tifo venne catalogato con "diarrea". Un colpo di genio che salvò il campo e tutti quelli che vi si trovavano».
Di Murmelstein si diceva anche che era l'unico ebreo pingue di Theresienstadt, tanto che lo chiamavano «Murmelschwein», il «porco»...
«Idioti, di nuovo. Ma quale porco, era uno coi piedi per terra, uno che non smarrì mai la lucidità, un pragmatico puro. Non a caso non si paragonava all'Orlando Furioso né a Don Chisciotte, ma a Sancho Panza: quando gli altri tiravano contro i mulini a vento lui trovava le soluzioni».
Che cosa l'ha affascinato di più?
«II coraggio, l'imponenza, la presenza scenica in senso lato. Non ero solo io a trovarlo affascinante, furono molte le donne che si appassionarono per lui, anche alcune note attrici israeliane. Ebbe molte amanti».
La versione di Murmelstein prevede tra l'altro una critica aspra all'espressione di Arendt «la banalità del male». Qual è la sua opinione al proposito?
«Aveva ragione Murmelstein, perché Eichmann non era affatto banale, era un demonio. Hannah Arendt ha scritto tante belle cose, ma tra quelle non c'è il libro sul processo Eichmann, dove scrisse un mucchio di stupidaggini, del resto l'intero processo fu una buffonata».
C'è qualcosa che oggi chiederebbea Murmelstein e che allora non gli chiese? «Certo che no, perché dovrei?»
Lei come spiega che gli israeliani volessero impiccare Murmelsteine che il rabbino capo di Roma Elio Toaff si rifiuto di dargli sepoltura al cimitero ebraico? Tutti stupidi?
«Idioti, idioti e ancora idioti. Come dimostra del resto il processo che Murmelstein subì da un tribunale cecoslovacco, che lo scagionò completamente da tutte le accuse. E i cechi non erano teneri, sa quanti ne hanno condannati ... Quel rabbino di Roma, poi, che infamia, potessi lo ucciderei...».
Senta, cosa pensa del nuovo antisemitismo che si aggira per l'Europa, rivede qualcosa di quello passato?
«Si, la variabile islamica mi preoccupa, penso tra l'altro che l'Italia sia in certo modo anche più antisemita della Francia, in un modo diverso cioè...»
Anche lei si sente Charlie?
«Certamente, li conoscevo bene i ragazzi di Charlie Hebdo, è stata una tragedia enorme, e non sono d'accordo con chi dice che esageravano con le loro vignette, la satira è satira, non c'entra nulla con la politica».
In Israele fra poco si andrà alle elezioni, crede che Benjamin Nethanyahu sia la persona giusta per governare il paese in questa fase?
«Conosco benissimo la famiglia di Bibi, una famiglia di combattenti onesti e di israeliani veri. Certo che è l'uomo giusto, Nethanyahu va benissimo per Israele».

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