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La Stampa Rassegna Stampa
28.10.2014 Voto in Tunisia: Ennahdha (Fratelli Musulmani) non vince
Cronaca di Francesca Paci

Testata: La Stampa
Data: 28 ottobre 2014
Pagina: 14
Autore: Francesca Paci
Titolo: «Svolta in Tunisia, la vittoria va ai laici»

Riprendiamo dalla STAMPA di oggi, 28/10/2014, a pag. 14, con il titolo "Svolta in Tunisia, la vittoria va ai laici", la cronaca di Francesca Paci.


Francesca Paci


Manifesti elettorali in una strada di Tunisi

La posizione dei 217 nuovi deputati tunisini non è invidiabile, con la fioca ripresa economica del 2013 (+2,6%) costretta a tamponare la disoccupazione giovanile al 35% e la disillusione dei tanti che prendono il largo verso l’Europa o, peggio, verso la Siria. Ma oggi il Paese tira il fiato. Le elezioni parlamentari, le prime da quando è in vigore la Costituzione approvata a gennaio e le seconde dalla cacciata di Ben Ali, sono state vinte a sorpresa dai nazionalisti laici e un po’ nostalgici di Nidaa Tounes (38,3%). I Fratelli Musulmani di Ennahdha però non contestano, non recriminano, non attribuiscono a fantomatici brogli la propria prova al di sotto delle aspettative (31,3%) e tendono la mano ai rivali smentendo per ora «i gufi» che da tempo in mezzo mondo suonano il requiem delle primavere arabe.

Tre milioni di elettori (il 60%) hanno sfidato la paura di attentati e quella, peggiore, dell’assenza di futuro in cui annaspano i vicini egiziani e i libici (i siriani sono troppo terrorizzati dall’oggi per guardare oltre). Nel 2011 furono in 4 milioni a andare alle urne, ma allora c’era da mettere il proprio nome sotto una svolta che si sperava lampo (Ennahdha stravinse). Oggi invece, pur accusando la fatica, il paese fa un passo maturo verso la democrazia ricevendo in tempo reale le felicitazioni del presidente Obama («una pietra miliare nella storica transizione politica tunisina»).

Ennahdha dunque, che nell’estate del 2013 andò vicinissimo a bissare il suicidio dei Fratelli Musulmani egiziani nello scontro esiziale con il Paese, accetta la sconfitta. È l’esito del percorso iniziato un anno fa sciogliendo il governo contestato dalla piazza e scrivendo (gioco forza?) la Costituzione insieme e non contro i laici. Il leader Ghannouchi chiama ora il rivale di Nidaa Tounes Be’ji Caid Essebsi. Domani è un altro giorno: Ennahdha giura responsabilità e si candida a partecipare al governo d’unità nazionale.
«Non stiamo solo scegliendo un partito ma stiamo andando a scuola di democrazia perciò oggi non perdiamo noi, che pure abbiamo pagato il prezzo della gestione della crisi, ma vince la democrazia» osserva Osama al Saghir, giovane membro costituente di Ennahdha.
Gli analisti notano come tra le fila di Nidaa Tounes ci siano molti ex regime, sottintendendo come la Tunisia non sfugga alla dicotomia blindata dittatori/islamisti. Quella dicotomia però non è più tale. Essebsi è riuscito a creare la coalizione laica che finora avevano mancato le tante sigle liberal-democratiche e indicherà il prossimo premier. Uniti sui principi comuni si vince. Perdono il partito dell’ex presidente Marzouki, il Congresso, e la sinistra di Ettakatol, che i tunisini accusano di aver flirtato con Ennahdha (anche quando Ennahdha flirtava con i salafiti). E, per quanto minimizzi, perde Ennahda. Adesso tocca agli eletti ma un po’ anche all’Europa. È verosimile che quei paesi arabi come il Qatar finora molto solidali con la Tunisia (e con i Fratelli Musulmani) facciano un passo indietro: allora il Paese dovrà trovare altre sponde economiche.

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