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La Stampa Rassegna Stampa
19.10.2014 Come si costruisce lo Stato islamico
Analisi di Maurizio Molinari

Testata: La Stampa
Data: 19 ottobre 2014
Pagina: 12
Autore: Maurizio Molinari
Titolo: «Bykers, jihadisti e bambini, quell'esercito di europei che si fa la guerra in Siria»

Riprendiamo dalla STAMPA di oggi, 19/10/2014, a pag.12, con il titolo " Bykers, jihadisti e bambini, quell'esercito di europei che si fa la guerra in Siria", l'articolo di Maurizio Molinari.

 Isis                                           Maurizio Molinari

Bikers olandesi e tedeschi si arruolano con i curdi impegnati in Siria e Iraq contro i jihadisti dell'Isis che accolgono kosovari e francesi in arrivo con figli minorenni: il conflitto in Medio Oriente si nutre di volontari europei sugli opposti fronti. Ad alzare il velo sulle partenze dei bikers è Klaas Otto, capo dei «No Surrender» olandesi, secondo cui «da Amsterdam, Rotterdam e Breda» si sono mossi «dei volontari per unirsi ai peshmerga curdi». Fra loro c'è «Ron l'olandese» che in alcune foto sui social network si mostra coperto di tatuaggi a fianco di guerriglieri curdi, aggiungendo il commento «sono qui per sterminare i topi di Isis». «No Surrender» è uno dei maggiori club di motociclisti dei Paesi Bassi, vi appartengono molti ex militari e Klaas Otto alla «Bbc» spiega che «fra chi è partito vi sono delle autentiche macchine da guerra, capaci di fare la differenza in battaglia». Da Colonia i bikers del «Media Empire» si sono affrettati a far sapere che «anche i nostri ragazzi sono al fronte» e fra loro vi sono dei curdi nati e cresciuti in Germania. Per provare l'arrivo al fronte, il «Media Empire» ha postato l'immagine di due «combattenti» con giubbotti di pelle nera, fucili e teste di morto, spiegando che «i nostri ragazzi sono a fianco delle famiglie a Kobani» impegnati «nella battaglia per ripulirla dai ratti». Altri gruppi di bikers, questa volta dalla Danimarca, hanno fatto sapere di volersi unire ai peshmerga curdi e Twitter è lo specchio di una mobilitazione dal basso da parte di un mosaico di piccoli gruppi che raggiunge Londra, da dove l'appartenente a una gang scrive «non vedo l'ora di assistere al match fra i Dutch Bikers e lo Stato Islamico, ultima edizione del «Deadliest Warrior», il popolare show tv narrato da Drew Skye che debuttò nel 2007 simulando lo scontro fra l'Antica Sparta e i Ninja. Sul fronte opposto lo Stato Islamico del Califfo Al-Baghdadi conta su una rete di reclutatori che ha già fatto affluire dal Vecchio Continente almeno 3000 jihadisti - secondo le stime più prudenti di Londra-eorachi parte inizia a portarsi dietro anche i figli piccoli. E stata questa la scelta compiuta da Arben Abazi, kosovaro, partito in luglio da Pristina con il figlio Erion di 8 anni per raggiungere l'Iraq come ha tentato di fare un jihadista marocchino, bloccato all'aeroporto di Rabat mentre stava per imbarcarsi con le figlie di 2 e 4 annidi età. A Parigi è stata Ilham Tarbouni a confessare alla polizia che il marito è partito «verso il Califfato» il 29 agosto con la figlia Jana di 3 anni. In alcuni casi, come avvenuto per Erion Abazi, i servizi di sicurezza riescono a ritrovare i bambini grazie a trattative e scambi coi jihadisti ma nella maggioranza dei casi le mogli e madri, abbandonate e derubate dei figli, restano accomunate dalla disperazione della francese Meriam Rhaiem, a cui il marito jihadista ha strappato dalle braccia la piccola Assia, di 28 mesi, prima di imbarcarsi verso la Turchia. A spingere i jihadisti a portarsi i figli sono i reclutatori del Califfo, la cui missione è creare dal nulla uno Stato che ha bisogno di tutto. E a confermare l'efficienza di tale network, che opera online e con contatti diretti, c'è la vicenda della ragazza ebrea parigina di 17 anni che nell'arco di pochi mesi ha scelto l'Islam, pianificato un attentato contro il negozio dei genitori e quindi tentato di partire per la Turchia al fine di arruolarsi nell'Isis, fermata solo all'ultimo minuto dalla polizia su segnalazione della famiglia. A occuparsi di lei ora è il «Centro per la prevenzione delle sette connesse all'Islam», guidato a Parigi dall'antropologa Dounia Bouzar, che ha raccontato alla tv israeliana come la giovane è stata «vittima di un lavaggio del cervello che prima lei si è inferta, entrando così in contatto con reclutatori abili e spregiudicati» a cui la polizia attribuisce l'invio in Siria e Iraq di circa mille francesi, il 70% dei quali non sono nati musulmani.

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