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La Stampa Rassegna Stampa
23.09.2014 Muore Harari: diede la caccia ai killer di Monaco '72 e organizzò l'operazione Entebbe
Articolo di Maurizio Molinari

Testata: La Stampa
Data: 23 settembre 2014
Pagina: 11
Autore: Maurizio Molinari
Titolo: «Harari, la leggenda del Mossad che vendicò la strage di Monaco»

Riprendiamo dalla STAMPA di oggi, 23/09/2014, a pag. 11, con il titolo "Harari, la leggenda del Mossad che vendicò la strage di Monaco", l'articolo di Maurizio Molinari.


Maurizio Molinari             Michael Harari


Gli atleti israeliani assassinati a monaco da un commando di Settembre Nero

Abile nei travestimenti, inseparabile dalla sua Beretta, a proprio agio in Europa come nelle capitali arabe, in prima fila nelle azioni più spericolate: con Michael Harari scompare, a 87 anni, l'agente del Mossad che per oltre mezzo secolo ha braccato i nemici di Israele, firmando imprese come il salvataggio degli ostaggi di Entebbe e la caccia ai killer di Monaco grazie a tecniche di guerra segreta che continuano a ispirare i successori. Harari nasce a Tel Aviv nel 1927, poco dopo il sedicesimo compleanno si arruola nelle truppe scelte del Palmach e alla fine della Seconda Guerra mondiale è in Europa dell'Est per organizzare i viaggi in Palestina dei sopravvissuti alla Shoah, evadendo la sorveglianza britannica. Si fa strada nel controspionaggio - lo Shin Beth - crea dal nulla la sicurezza dei diplomatici e continua, fino alla fine degli Anni Sessanta, a girare fra le capitali dell'Est organizzando fughe singole e collettive di ebrei. Nel 1970 è fra gli agenti più apprezzati del Mossad e ciò gli vale la nomina a capo della Divisione Cesarea, le operazioni speciali, dove crea l'unità Kidon (lancia) destinata a segnare l'universo clandestino degli 007. Il compito di Kidon è braccare ed eliminare i terroristi che compiono attacchi contro Israele. L'Olp è nata nel 1964, dirottamenti aerei ed attentati già bersagliano lo Stato ebraico ed è Harari a coniare la contromisura: cercarli ovunque e ucciderli. È una tattica che si ispira alla caccia ai criminali nazisti che aveva visto proprio gli 007 israeliani protagonisti dal dopoguerra. II primo vero test arriva il 6 settembre 1972 quando un commando palestinese di Settembre Nero firma il massacro delle Olimpiadi di Monaco assassinando 11 atleti israeliani. Golda Meir, premier, affida ad Harari la risposta e 7 autori della strage vengono eliminati, uno dopo l'altro, nelle capitali d'Europa con attacchi mirati che lui segue di persona, sempre armato dalla stessa Beretta dotata di un silenziatore fatto in casa. È l'operazione «Rabbia di Dio» che Steven Spielberg porta sul grande schermo con «Monaco».
Nel 1973 Harari incorre nell'errore di Lillehammer, la cittadina norvegese dove dà luce verde all'eliminazione di Hassan Ali Salameh, stretto collaboratore di Yasser Arafat, per accorgersi che si tratta invece di un cameriere marocchino, Ahmed Bouchiki. L'errore fa finire in prigione in Norvegia un grappolo di agenti, obbligando lui a una fuga precipitosa. E' una macchia sulla carriera.
Ma tre anni dopo Harari la cancella con l'impresa di Entebbe, l'aeroporto ugandese dove un commando arabo tiene in ostaggio 106 passeggeri ebrei e israeliani fatti scendere da un volo dell'Air France. E' lui che prepara nei dettagli il blitz dei commandos, travestendosi da uomo d'affari italiano per ispezionare ogni angolo dello scalo dove gli ostaggi sono tenuti. Disegna percorsi e sceglie stratagemmi che consentono il successo dell'operazione di salvataggio a 4000 km dalle coste israeliane.


Entebbe: gli ostaggi sono liberati


Passano altri tre anni e Harari chiude i conti con Salameh, ucciso a Beirut da un'autobomba che, secondo alcuni, lui stesso fa detonare. Nel 1981 va in pensione, si trasferisce a Panama e diventa consigliere del presidente Manuel Noriega ma quando gli Usa nel 1989 lo rovesciano Harari riesce a fuggire in tempo, facendo sapere agli israeliani di «essere tornato a casa con i miei mezzi».
Superata la boa degli 80 anni continua a servire il Mossad come «consigliere». Siamo oramai nel XXI secolo con satelliti, droni e cyberwar che rivoluzionano l'intelligence ma i suoi capi ricorrono alla sua esperienza. Nel libro «Spies against Armageddon» Dan Daviv e Yossi Melman affermano che è lui a suggerire la campagna di eliminazioni mirate di scienziati iraniani nel tentativo di bloccare la corsa di Teheran all'atomica. Poco prima di morire, per la prima volta, parla e si toglie qualche soddisfazione: i terroristi di Monaco uccisi furono «almeno 12» e l'operazione non si chiamava «Rabbia di Dio» perché ogni eliminazione «portava il nome di una diversa donna-agente del Mossad».
Per il resto gran parte della sua vita è destinata a rimanere coperta dal più rigido top secret a conferma del valore per Israele delle gesta del «James Bond sionista», come lo ha definito «Haaretz».

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