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La Stampa Rassegna Stampa
27.07.2014 Tregua di Israele, ma Hamas vuole continuare la guerra
Cronache di Maurizio Molinari, Francesca Paci

Testata: La Stampa
Data: 27 luglio 2014
Pagina: 2
Autore: Maurizio Molinari - Francesca Paci
Titolo: «Gaza, a mani nude fra le macerie - Ancora razzi su Israele Hamas - Putin oggi è più vicino a Netanyahu - 'Qui nessuno ricorda un giorno senza bombe'»
Riprendiamo dalla STAMPA di oggi, 27/07/2014, a pag. 2 l'articolo di Maurizio Molinari dal titolo " Gaza, a mani nude fra le macerie Ma la tregua restituisce solo cadaveri", a pag 3, gli articoli di Maurizio Molinari dai titoli "Ancora razzi su Israele Hamas: no al cessate il fuoco"  e "Putin oggi è più vicino a Netanyahu " e a pag. 2, l'articolo di Francesca Paci dal titolo "  'Qui nessuno ricorda un giorno senza bombe' ".
Le dichiarazioni di una palestinese di Gaza riportate da Paci contrastano con i proclami bellicosi dei ben protetti capi di Hamas che hanno reso la popolazione di Gaza ostaggio della loro politica terrorista.

Di seguito gli articoli:

      
     
      
      Ismail Haniyeh, capo di Hamas a Gaza, a bordo di un jet privato


LA STAMPA - Maurizio Molinari: "Gaza, a mani nude fra le macerie Ma la tregua restituisce solo cadaveri "


Maurizio Molinari

Alle 8 del mattino il cessate il fuoco ancora non è entrato in vigore quando Yasser Hamdiyya è fra i primi sfollati di Sujaiya a risalire Mansuri Street. Cammina a piedi, alla spalle si lascia il campo di Jabalya, arriva all’incrocio dove fino ad una settimana fa c’era un piccolo mercato di frutta e procede in avanti. È il suo quartiere, cerca la propria casa ma si trova davanti ad una distesa di macerie che lo impietrisce. È una montagna di mattoni, cemento, legni, rovine, detriti. Ogni riferimento che aveva è scomparso. «Non riesco neanche a trovare la mia casa» ammette, indicando un’area coperta di rovine dove «a mia memoria c’erano almeno 20 edifici, forse di più». Si tratta di una fascia urbana nella parte più orientale del quartiere di Gaza che gli israeliani hanno attaccato pesantemente considerandolo una roccaforte di Hamas.
Peter Lerner, portavoce militare, assicura che «almeno un battaglione di terroristi di Hamas» ha combattuto da una rete di «bunker sotterranei collegati a edifici imbottiti di esplosivi per far cadere in trappola i soldati».
Fra le rovine c’è un blindato israeliano abbandonato, mucchi di pacchetti di sigarette con le scritte in ebraico e ovunque cartucce sparate di calibro diversi: sono i resti di una delle battaglie più cruente dall’inizio dell’operazione di terra di Israele. Per Salim Abu Omar, che cerca fra le macerie materassi e oggetti di famiglia da portare via, «sembra che qui sia passato uno tsunami che ha cambiato la geografia della mia città».
Girandosi attorno indica luoghi che ricorda e non trova: «Qui c’era una strada, lì dei negozi, più in là delle bancarelle, non resta che una montagna di macerie». Akram Qassim, guarda ciò che rimane della palazzina di tre piani dove viveva: «Pensavo di trovare un edificio danneggiato dai proiettili, non un cratere profondo diversi metri». Il personale medico della Mezzaluna Rossa è ovunque. Dozzine di ambulanze con le insegne rosso-arancione sono ferme dove qualcuno intravede delle salme o ritiene semplicemente che possano esservene. Si scava a mano, i civili aiutano. E i corpi estratti si contano a dozzine.
Quando arriva il tramonto i corpi estratti non solo qui ma anche negli altri quartieri più investiti dai combattimenti - da Khan Younis a Beit Hanoun - sono oltre 90 e, secondo un conteggio del ministero della Sanità di Gaza, afferma il portavoce Ashraf Al-Qidra, «portano oltre quota 1000 il totale dei palestinesi morti» dall’inizio di «Protective Edge» mentre i feriti sono almeno 6000. Cresce anche il bilancio di perdite israeliane: 37 soldati e tre civili, incluso un lavoratore thailandese. La maggioranza delle vittime palestinesi a Sujayia sono civili ma dalle macerie viene anche estratto il corpo di un uomo con a fianco un kalashnikov. La piccola folla che circonda i soccorritori appena vede l’arma reagisce ritmando il grido «Allah u-Akbar» perché riconosce nel morto uno degli uomini armati a cui Hamas aveva affidato la difesa di uno dei quartieri da dove partivano tunnel sotterranei diretti verso il territorio israeliano.
I blindati di Tsahal sono poco distanti ed i soldati restano impegnati nella ricerca di altri tunnel mentre fra i civili che si aggirano nel deserto di macerie prevalgono rabbia, irritazione, dolore. C’è chi grida «che c’entrava la mia casa con i tunnel?», chi indica asini morti e automobili scaraventate da 50 metri di altezza come la prova della «brutalità degli israeliani» e chi cova risentimento anche nei confronti di Hamas «perché noi non c’entriamo con questa guerra». Sono testimonianze spontanee che si riversano sui taccuini dei reporter mentre i soccorsi continuano senza interruzione. Mohammed Nasser grida «barella!» alla volta della più vicina ambulanza: hanno recuperato i corpi di sei suoi familiari ma ne mancano altri tre all’appello. Chi si allontana lo fa portandosi dietro gli oggetti di famiglia recuperati – lumi, lenzuola, pentole, tappeti – per portarli nelle scuole dell’Onu dove alloggiano gran parte degli oltre 140 mila sfollati a causa dei combattimenti. L’estensione della tregua umanitaria fino a mezzanotte dà più tempo a chi si attarda fra le macerie ma prevale l’atmosfera di incertezza su cosa potrebbe avvenire. Anche perché in serata Hamas lancia quattro colpi di mortaio sul Sud di Israele. Si muore anche nel Sinai egiziano, in un villaggio a Sud di Rafah - la città divisa dal confine con Gaza - dove alcuni razzi caduti hanno ucciso almeno due bambini, ferendone altri due. Le forze egiziane stanno tentando di appurare se i razzi sono arrivati dalla Striscia oppure dal Sinai, dove i jihadisti di Beit al-Maqqdis si scontrano con i soldati: nelle ultime 48 ore hanno ucciso due generali e perduto 12 uomini.


LA STAMPA - Maurizio Molinari: " Ancora razzi su Israele Hamas: no al cessate il fuoco"

«La resistenza è forte, nessuno sulla Terra è in grado di piegare la nostra gente, non ci fermiamo». È il leader di Hamas nella Striscia di Gaza, Ismail Hanyeh, a far sapere che riprendono gli attacchi a Israele allo scadere della tregua umanitaria di 12 ore. Le parole di Hanyeh arrivano proprio allo scadere del cessate il fuoco chiesto dall’Onu, mentre Hamas lancia razzi su Ashkelon, Ashdod, Sderot, Netivot e Tel Aviv.
Gli attacchi servono per testimoniare il rifiuto opposto all’ipotesi di protrarre la tregua di altre quattro ore. Il governo israeliano si era detto a favore, ipotizzando anche un prolungamento ulteriore di 24 ore, ma Hamas non ne vuole sapere. Per il segretario di Stato americano John Kerry è un nuovo smacco in una mediazione disseminata di difficoltà: nel pomeriggio a Parigi incontra i colleghi di Germania, Gran Bretagna, Francia, Italia, Turchia e Qatar discutendo come «rendere stabile l’attuale cessate il fuoco umanitario». «La priorità è fermare la perdita di vite umane» afferma il francese Laurent Fabius e l’italiana Federica Mogherini sottolinea l’importanza di uno «sforzo coordinato ed univoco» da parte di tutti i presenti. In particolare, l’Unione europea guarda al ruolo di Abu Mazen: il leader dell’Autorità nazionale palestinese a cui il Cairo chiede di schierare i propri uomini ai valichi di Gaza, per poterli così riaprire. «Dobbiamo dare sicurezza a Israele e un futuro ai palestinesi» aggiunge Kerry, ribadendo l’intenzione di avere in Abu Mazen un interlocutore-chiave, capace di rappresentare Hamas.
Ma le speranze di un prolungamento della fragile intesa fra Hamas e Israele si dissolvono con le parole di Hanyeh, dopo le quali il gabinetto ristretto del premier Benjamin Netanyahu si riunisce d’urgenza per esaminare lo scenario di una «estensione delle operazioni militari a Gaza» suggerita dal ministro della Difesa Moshe Yaalon. Per il ministro degli Esteri, Avigdor Lieberman, bisogna «continuare le operazioni e arrivare a disarmare Hamas» anche perché «abbiamo il sostegno della comunità internazionale». «Se dovessimo fermarci ora - aggiunge Lieberman - Hamas continuerebbe a costruire razzi e razzi, e quanto abbiamo fatto si rivelerebbe poco cauto».
Ciò che più conta per Gerusalemme in questo momento è la convergenza di posizioni con Riad e il Cairo, entrambi nemici giurati di Hamas, a cui imputano i legami con i Fratelli Musulmani in Egitto. I comandi militari israeliani premono in particolare per estendere il controllo del terreno dentro la Striscia al fine di identificare anche i rimanenti tunnel di Hamas: ve ne sarebbero almeno 20 ancora da scoprire. A Tel Aviv il sindaco è stato preso in contropiede dalla scelta di Hamas: credeva nel cessate il fuoco al punto da autorizzare una dimostrazione di attivisti pro-pace, contrari all’intervento di terra a Gaza da parte di Netanyahu, ma si è poi trovato nella necessità di vietarla perché «la ripresa dei lanci di razzi mette a serio rischio la vita umana di chi vi partecipa».

LA STAMPA - Maurizio Molinari: "Putin oggi è più vicino a Netanyahu "

Mosca ora ha una linea meno filo-araba. Perché?

Nella partita diplomatica attorno al conflitto di Gaza spicca la posizione del Cremlino. La Russia, tradizionale protettrice degli interessi arabi, questa volta ha scelto una posizione più equilibrata. In una conversazione telefonica a tre con Obama e Netanyahu, il leader russo Putin ha detto di «comprendere le preoccupazioni di Israele per la sicurezza dovute agli attacchi caotici portati da missili tirati a caso». E il ministro degli Esteri, Lavrov, si è premurato di rendere pubblica tale posizione, aggiungendo che «un razzo lanciato da Gaza è caduto a 1 km di distanza dalla nostra ambasciata a Tel Aviv» e che «la calma a Gaza dev’essere ripristinata con i negoziati e non sulla base dell’opposizione a Israele». Se a ciò si aggiunge che nelle dichiarazioni di Mosca la richiesta di Hamas di porre fine al blocco di Gaza non viene più ripetuta da qualche settimana ce n’è abbastanza per intuire che il Cremlino vuole assumere una posizione cauta su Gaza. Se da un lato Mosca non considera Hamas un gruppo terroristico (al contrario di Usa e Ue), è favorevole al governo di unità Fatah-Hamas e ha votato per la condanna di Israele al Consiglio Onu dei Diritti Umani, dall’altro ha scelto di esprimere le posizioni con un profilo basso, bilanciandole con la «comprensione di Israele» impegnata a difendersi dai razzi. Per tentare di comprendere la genesi di tale scelta bisogna tener presenti due elementi: la scelta di Netanyahu di non criticare Mosca sulla crisi Ucraina ha portato ad un rafforzamento dell’intesa personale con Putin, evidenziata dalla recente creazione di un telefono rosso fra i due, mentre il corteggiamento russo del presidente egiziano Al-Sisi spinge Mosca a prestare più attenzione alle posizioni del Cairo, molto ostili a Hamas.


LA STAMPA - Francesca Paci: " 'Qui nessuno ricorda un giorno senza bombe' "


Francesca Paci

Razan Najjar ha 24 anni, è laureata in letteratura inglese ma vorrebbe fare la fotografa, vive al centro di Gaza City e da 19 giorni è accampata con i genitori e le sorelle a casa del fratello, in un edificio più sicuro del loro : «Oggi (ieri ndr) la città sembrava impazzita. Come se nessuno ricordasse più una giornata intera senza bombardamenti, spari, razzi, morti. Il cessate fuoco ci ha portati tutti in strada. Le donne al supermercato, i bambini a giocare a pallone dovunque, i ragazzi come me a cercare gli amici anche solo per un selfie insieme. Perfino gli sfollati, quelli costretti a dormire per strada perché le loro abitazioni sono state evacuate, perfino le famiglie che hanno perso tutto erano in giro a sorridere, festeggiare, una specie di festival del minimo della vita. Dicono che la tregua sarà prolungata, chissà, non chiedo altro. Da giorni mi ripeto che le nostre speranze di popolo palestinese, una patria, un passaporto, la libertà di stare o di andare via, che qualsiasi dei sogni con cui sono cresciuta non vale questo inferno».

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